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Andrew Haigh e la macchina da presa innamorata della vita

Dopo il successo di 45 anni il regista inglese torna al cinema con il suo film precedente, Weekend. Da domani in sala.
di Mauro Gervasini

Weekend

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mercoledì 9 marzo 2016 - Celebrities

Russell incontra Glen in un locale. Passano la notte assieme, la mattina dopo sembra che tutto debba finire come è iniziato, con un po' di imbarazzo. Ma basta poco: la strana usanza di Glen di registrare i commenti degli amanti, la decisione di rivedersi, la consapevolezza di essere comunque stati bene assieme. Così si va avanti, ognuno per i fatti propri, continuando a pensare all'altro. E nel giro di poche ore ancora insieme, aggiungendo un tassello in più al mosaico complesso di una possibile relazione. Solo che al tramonto del secondo giorno, Glen confessa a Russell di dover partire di lì a poco per Portland, Oregon, che da Nottingham UK, dove si trovano loro, non è a un tiro di schioppo. Sembra un addio, ma è lunghissimo. Ecco, per sommi capi, senza spoiler (ma qui il massimo della suspense "standard" sta nel tirare a indovinare se Glen alla fine partirà davvero oppure no), la trama di Weekend di Andrew Haigh, nelle sale italiane dal 10 marzo distribuito da Teodora (ma il film è del 2011).

La macchina da presa di Weekend chiude spesso sui piani ravvicinati, non molla i corpi ma anche gli oggetti; crea un'interessante dialettica tra fuori fuoco e primi piani.
Mauro Gervasini

Haigh, classe 1973, a lungo nella squadra di Ridley Scott come montatore, è lo stesso regista dell'acclamato 45 anni, con Charlotte Rampling e Tom Courtenay.
Torniamo a Weekend. Quasi tutto girato nel classico "due stanze e cucina" (l'appartamento di Russell), molto dialogato (spesso all'impronta, scopro: nel senso che il regista ha chiesto ai suoi attori di improvvisare su un canovaccio non perfettamente definito) ma con una tensione cinematografica decisamente estranea al "cinema da camera". La macchina da presa chiude spesso sui piani ravvicinati, non molla i corpi ma anche gli oggetti; crea un'interessante dialettica tra fuori fuoco e primi piani, fuori e dentro i campi, alternando angolazioni "neutre" come quelle frontali ad altre più inquiete, a seconda dei toni delle chiacchiere. Stanchi, un po' strafatti, semi sbronzi, allegri, adirati, tristi e chissà, forse sì, innamorati. Poteva, il racconto di una storia d'amore come questa, essere così se i protagonisti si fossero chiamati invece che Russell e Glen, Russell e Cindy, o Glen e Michelle? Forse no, non in questi termini, per quella complicità tutta virile che tra i due precede, o almeno scorre parallela, al sesso. Questi però sono dettagli.


In foto Tom Cullen e Chris News in una scena di Weekend (2011).
In foto Tom Cullen e Chris News in una scena di Weekend (2011).
In foto Tom Cullen in una scena di Weekend (2011).
La sensibilità nel racconto di grandi storie d'amore

Mi interessa invece ripensare a Weekend alla luce di 45 anni, successivo di qualche anno (è stato presentato al Festival di Berlino nel 2015). In procinto di festeggiare i 45 anni di matrimonio, Geoff e Kate assistono alla progressiva crisi della loro unione quando li raggiunge la notizia che il corpo della precedente compagna dell'uomo, vittima di un incidente in montagna mezzo secolo prima, è stato trovato nel ghiaccio, intatto.

Se Weekend è la perfetta storia d'amore tra due sconosciuti, 45 anni mette a nudo quanto poco si conosca di un partner anche se ci si vive assieme da decenni.
Mauro Gervasini

Due vicende in fondo speculari, al netto delle evidenti differenze, raccontate però con la medesima sensibilità, che si traduce nella partecipazione direi perfino epidermica della macchina da presa, sguardo del regista, mai come in questi casi capace di coinvolgere lo spettatore in qualcosa che comunque, riguarda pure lui.


In foto Tom Courtenay e Charlotte Rampling in una scena di 45 anni (2015).
In foto Charlotte Rampling in una scena di 45 anni (2015).
In foto Tom Courtenay e Charlotte Rampling in una scena di 45 anni (2015).

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