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Lady Madonna, Imperatrice al Lido

Ma negli applausi tributati al suo W.E c'è molta forma e poca sostanza.
di Ilaria Ravarino

Madonna e il cast di W.E. al photocall del film.
Madonna (Louise Veronica Ciccone) (65 anni) 16 agosto 1958, Bay City (Michigan - USA) - Leone. Regista del film W.E. - Edward e Wallis.

giovedì 1 settembre 2011 - Incontri

Niente fotografie, una domanda alla volta, guai ad avvicinarsi troppo al punto in cui Madonna e il cast del suo W.E., accolto tiepidamente dalla stampa stamattina, si sono materializzati con sorprendente puntualità per ricevere un applauso più di forma che di sostanza. In una sala conferenze piena fino al limite, sospesa in un silenzio incuriosito rotto solo da bisbigli, non sempre eleganti, sul perfetto stato di conservazione della signora, Lady Madonna Ciccone ha dominato con piglio da imperatrice rispondendo a (quasi) tutte le domande sulla sua personale visione della storia d’amore tra Enrico VIII e la Duchessa di Windsor. Elegante in bianco e nero, con i capelli lunghi e sciolti sulle spalle, la diva ha regalato pochi sorrisi, amministrato con parsimonia le risposte, socchiuso con eleganza gli occhi nel ricevere lusinghe e complimenti da un cast evidentemente succube del suo indiscusso carisma. «Essere diretti da Madonna è un’esperienza commovente, difficile, fantastica., è troppo – ha detto estatica la sua attrice-feticcio, Andrea Riseborough - troppo in tutti i sensi. Con chiarezza, e purezza, lei è riuscita a produrre una bellissima, grande opera d’arte».

Cosa l’ha convinta a realizzare questo film?
Madonna: Mi interessava cercare di capire i motivi per i quali Edoardo VIII, per l’amore di una donna, avrebbe abdicato rinunciando a tutto il suo potere.

E lei rinuncerebbe per amore al trono di regina del pop?
Perché mai dovrei rinunciare al mio trono per un uomo o per una donna? Se voglio posso averli entrambi. Anche tutti e tre.

Come ha lavorato al film?
Ho fatto ricerche, poi mi sono dedicata alla scrittura e infine dopo tre anni di lavoro ho messo insieme un cast fantastico e un buon team di produzione.

Quali sono state le sue principali preoccupazioni stilistiche?
Volevo raccontare un mondo di lusso, glamour e decadenza, popolato da persone che respirano un’aria leggermente rarefatta: la bellezza del proprio ambiente non garantisce la felicità.

La sua spiritualità le è stata d’aiuto per affrontare il film?
Non credo di meditare più frequentemente quando preparo un film. Di fronte a quel tipo di lavoro è fondamentale essere forte nell’anima e nella mente, soprattutto se si tratta di un progetto forte e difficile come questo. Sono arrivata sul set preparata, ci ho creduto, sono stata appassionata e dedicata al progetto come il capitano di una nave. Avere una buona base spirituale aiuta, in questo senso.

Quanto l’hanno influenzata al cinema i suoi ex mariti Sean Penn e Guy Ritchie?
Wow, che domanda seria. Io amo il cinema da quando sono piccola, da bambina ero attratta dai film e ho sempre voluto farne uno mio. Mi vedo come un’autrice che racconta storie e per questo non mi pare un salto così grande passare dalla scrittura delle canzoni alla realizzazione di un film. Sono attratta da persone molto creative, ed ecco perché ho avuto accanto Ritchie e Penn, persone di grande talento che mi hanno incoraggiata e dato sostegno.

Perché ha raccontato la storia della Duchessa attraverso due vicende parallele?
Volevo che la storia della Duchessa venisse raccontata anche attraverso gli occhi di un’altra persona per sottolineare come la verità sia sempre un fatto soggettivo.

Si identifica in una donna come la Duchessa?
In un certo senso sì. Quando la gente diventa una celebrità, o un’icona, succede spesso che venga ridotta a un semplice suono, o a una manciata di attributi, come se non potesse o non sapesse fare altro. La Duchessa non è stata capita bene, la storia ha cercato di ridurre il suo ruolo per normalizzare la scelta fatta da Edoardo VIII. Io non ho fatto altro che pensare a lei come a un semplice, comune essere umano.

Si sente mai come lei, straniera in Inghilterra?
Magari inconsciamente, chissà. All’inizio, quando mi sono trasferita in Inghilterra, mi sentivo un po un’outsider. Ma è una sensazione normale quando ci si trasferisce in un altro paese.

Il discorso del re condivide l’ambientazione di W.E.. Come ha vissuto il successo di quel film?
Inizialmente mi sono innervosita. Poi l’ho visto e ho capito che adottava un punto di vista diverso dal mio. Ho finito per considerare il suo successo come una base per mio film e quando ho incontrato il regista a un party l’ho ringraziato. Ha dato un punto di riferimento al mio pubblico, consegnando alla gente un preciso quadro storico del periodo...e io non sono dovuta partire da una tabula rasa.

Quanto conta il tema della maternità nel suo film?
Molto. In quanto donna ritengo che la procreazione sia una parte importante della femminilità, penso che il desiderio di diventare madre faccia parte del nostro dna e trovo la maternità una condizione altamente simbolica. Mi sono fatta l’idea che la Duchessa avrebbe molto voluto avere un figlio, ma in quel “settore” non ha avuto successo.

Quanto c’è della sua vita privata nel film?
Non posso fare percentuali, in tutto quel che faccio c’è una parte di me. Gli artisti non creano in modo consapevole: si diventa come un canale attraverso cui fluiscono le idee, e quel che esce alla fine del percorso si porta dentro tanti residui. Ci sono io, c’è il mio mondo, ci sono tutte le influenze subite da quando mi occupo di arte.

Ha pensato mai di usare la sua musica nel film?
Non avrei avuto il tempo, magari! Volevo concentrarmi sulla regia e lasciar scegliere la musica ad altri. Sono molto soddisfatta di questa colonna sonora.

Come ha evitato il rischio banalità nel racconto della storia d’amore?
Non trovo mai l’amore banale, credo sia un sentimento impossibile da descrivere e da capire, è come l’essenza di dio nell’universo, intangibile e inspiegabile. Qualcosa senza la quale non potremmo nemmeno esistere.

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