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Tutti al mare: che casotto!

Il Lido di Castelporziano è il teatro di Matteo Cerami.
di Marianna Cappi

Un progetto a quattro mani
Gigi Proietti (Luigi Proietti) 2 novembre 1940, Roma (Italia) - 2 Novembre 2020, Roma (Italia). Interpreta Smemorato nel film di Matteo Cerami Tutti al mare.

mercoledì 9 giugno 2010 - Approfondimenti

Un progetto a quattro mani
Quarta settimana di riprese, delle sette previste, per Tutti al mare, esordio alla regia di Matteo Cerami, che firma anche la sceneggiatura a quattro mani con il padre, già autore del Casotto di Sergio Citti (1977), che il film elegge a modello e ispirazione. Resta l'unità di tempo, una giornata da mane a sera, e l'unità di luogo, ma lo spogliatoio pubblico di un tempo si allarga ora a localotto sulla spiaggia, i personaggi raddoppiano e con le loro le situazioni, gli scherzi.
Una giornata al mare anche per i giornalisti, al lido di Castel Porziano, dove i produttori Piccioli e De Marchi, insieme con Rai Cinema, hanno sospeso per qualche ora il set per dar luogo alla conferenza stampa.

Matteo Cerami (si) racconta
Il film nasce da un sogno di Piccioli, un progetto un po' matto, di un film corale che come Casotto si ambientasse in un unico luogo e raccontasse una giornata nella quale non succede niente ma succede di tutto, dal comico all'amaro. Una sera Gianfranco ha citofonato a casa, mentre io e mio padre stavamo lavorando ad altro, e ci ha buttato sul piatto questo pesce appetitoso. Abbiamo detto "proviamoci" e in un mese e mezzo, a tavolino, è nata la prima stesura di Tutti al mare. I tagli al FUS e la crisi del cinema ci hanno fermato per un anno, quando l'ho ripreso in mano ho capito che si poteva fare un lavoro ancora migliore, con qualcosa in più. Casotto è l'unico film di Citti che racconta, negli anni Settanta, i piccoli borghesi. La scelta coraggiosa era quella di intrappolare i personaggi tra le 4 pareti di uno spogliatoio pubblico e spiarli con la macchina da presa mentre si toglievano i vestiti e le maschere sociali e mostravano le loro piccole oscenità, atrocità, tenerezze. Quell'Italia che usciva da pochissimo dalla fame non esiste più, l'idea che mi ha mosso è dunque quella contraria: di fronte ad una sorta di bulimia diffusa, dove i corpi nudi non raccontano più niente, volevo trovare un posto che non desse loro la possibilità di un riparo ma dove i miei personaggi andassero semplicemente per continuare ad esistere e a sfoggiare le loro maschere. Al centro di questo microcosmo c'è il "chioscarolo" Marco Giallini, in arte Maurizio, di cui conoscevo la bravura ma che mi ha comunque sorpreso oltre ogni più fiduciosa aspettativa. È una sorta di capitano del Titanic che vede l'iceberg arrivare ma invita silenziosamente l'orchestra a continuare a suonare. Il vero protagonista, però, è il mare. Nessuno fa il bagno, tranne due disperati, ma vanno Tutti al mare e del mare si sente la presenza, anche minacciosa. Dissacrare la piccola borghesia è sempre stato parte della poetica di mio padre, che quando scrive scende a gamba tesa, invece Citti ha guardato a questi mostri con una sua tenerezza e io ho cercato di pormi in mezzo: i miei personaggi non si tolgono mai la maschera, se lo facessero diventerebbe un film tragico, eppure c'è per ognuno un momento della giornata in cui questa maschera sembra sciogliersi e lascia intravedere qualcosa di autentico, ma ecco che immediatamente se la risistemano bene indosso e tornano a nascondersi. È il mio primo film da regista, ma forse dovrei semplicemente dire che faccio il regista per questo film. Ho chiesto a Gianfranco Piccioli di prendermi questa responsabilità perché lo sentivo molto mio. Vorrei riuscire a far sparire la macchina da presa e mettermi al servizio delle invenzioni della sceneggiatura e degli attori.
Abbiamo avuto la soddisfazione di avere degli attori straordinari che hanno accettato di far parte di questo film coralissimo, che li vede comparire e ricomparire quattro o cinque volte a turno. Proietti è il cognato di Giallini, affetto da cleptomania; Ilaria Occhini la madre; Franco Pistoni è Geroboamo, un cliente abituale del chiosco che Maurizio non può perdere di vista, perché dove passa combina disastri; Anna Bonaiuto una conduttrice televisiva, probabilmente il personaggio più "finto" del film; Ninetto Davoli è il pescatore che porta il pesce fresco per pranzo; Ennio Fantastichini è "il suicida"; e poi ci sono Ambra Angiolini, Libero De Rienzo, Claudia Zanella, Rodolfo Laganà, Sergio Fiorentini. E il cast tecnico non è da meno: Maurizio Calvesi alla fotografia, Giada Calabria alla scenografia, Paola Nazzaro ai costumi, e Nicola Piovani, col quale ci apprestiamo a lavorare per immaginare una colonna sonora adatta.

Gianfranco Piccioli è il produttore di un "Casotto" dopo l'altro
Casotto è nato così: lavoravo come regista e nel cast avevo Franco Citti. Giravamo a Ventotene e Sergio veniva a trovarci. Un giorno mi portò con Mauro Berardi a casa di Cerami. Mi raccontarono l'idea di Casotto e questo segnò il mio esordio come produttore, una cosa che non avevo assolutamente in programma di fare. Il film era pensato per avere Mastroianni come protagonista, che in quei tempi frequentava Fiumicino e i Citti, poi però, nel momento il tutto fu pronto a partire, Marcello sparì ma subito si fece avanti Ugo Tognazzi.
Ho fatto il film senza soldi. Gli attori non hanno preso una lira. Jodie Foster, che era già premio Oscar, prese di nascosto dagli altri 30 milioni dell'epoca, ma ancora oggi non mi so spiegare come accettò. Lo stesso fu per Catherine Deneuve, alla quale per ringraziamento comprai un anello da Bulgari, che poi le scappò dal dito in una scena in cui dava uno schiaffo a Gigi Proietti e cadde in un prato d'edera senza mai venir ritrovato. Dopo 30 anni, qualche anno fa, mi invitarono ad una proiezione del film di Sergio Citti e vidi che reggeva ancora e incontrava il pieno godimento del pubblico. Tornando a casa pensai allora che era venuto il momento di fare, non un remake, ma un film che si ispirasse a quello e fotografasse il litorale di allora com'è oggi. Questa volta gli attori non sono venuti gratis perché il film ha un suo piccolo budget - circa 2milioni e mezzo in tutto, 80% della Filmvision e 20% di Rai Cinema, con 500mila euro di fondo ministeriale per le opere prime- ma hanno preso comunque poco. Il materiale girato fino ad ora è molto bello per cui io mi auguro che questo piccolo film lasci un segno, come è stato per Casotto.

Il ricordo di Gigi Proietti
C asotto è rimasto nei miei ricordi con un piacere enorme. Il clima sul set era irripetibile: si passava da Jodie Foster a Paolo Stoppa, per capirci. Nel film, ad un certo punto, io mi addormentavo da solo nel casotto, con una fascia in testa per la capocciata presa la mattina, e, non riuscendo a prender sonno, contavo le pecore. Avvenne che, mentre contavo, la troupe mi lasciò solo; me ne accorsi solo arrivato a 30 e allora sbottai in un romanissimo "li mortacci..." a macchina da presa accesa.
La società oggi è cambiata ,il confine tra tragico e comico è sempre più labile, si può ridere o terrorizzarsi di fronte a questa società, ma in questo film c'è la stessa pietas nei confronti dei personaggi ritratti.

Ieri e oggi. La parola a Vincenzo Cerami
Durante la scrittura con Matteo ho trovato la stessa aria divertente e divertita che avevamo con Sergio. Il rapporto con la realtà, in Casotto, era mediato dal fatto di essere una visione un po' metafisica, al limite della credibilità, dove per esempio un cane più grosso si mangiava letteralmente un cane più piccolo. Il casotto era in tutto e per tutto un palcoscenico, sul quale gli attori salivano per togliersi gli abiti e diventare loro stessi, un po' come fece San Francesco quando abbandonò gli abiti sfarzosi del padre e si mostrò nella sua magrezza, nella sua creaturalità. Dietro, c'era la fame, il panino si faceva ancora col sugo, oggi invece il casotto non c'è più, si è trasformato in una sorta di barcone tra terra e mare, amministrato da extracomunitari, cosa allora impensabile, ma il clima di creatività e di divertimento è lo stesso. C'è un copione ma soprattutto ci sono gli attori: con Giallini e con Fantastichini non si finisce mai di ridere. Non è lo star system, questo: la scelta è stata quella di prendere degli attori veri, degli attori bravi.
Un ricordo del film del '77? Il modo strepitoso in cui Sergio cercava di farsi capire parlando romanesco da Jodie Foster, che non parlava una parola d'italiano. E lei capiva, perché è sempre stata una donna intelligente.

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