great steven
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lunedì 7 ottobre 2019
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le pulsioni sessuali che spingono fin da piccoli
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TOMBOY (FR, 2011) di CéLINE SCIAMMA. Interpretato da ZOé HéRAN, JEANNE DISSON, MALONN LéVANA, SOPHIE CATTANI, MATHIEU DEMY
Laure, dieci anni, si è appena trasferita in un nuovo quartiere di Parigi a vivere in un’altra casa con la madre incinta, il padre informatico e la sorella minore, Jeanne, di sei anni. Un po’ per gioco e un po’ per realizzare un sogno segreto, la bambina si propone alla comitiva di nuovi amici in veste di maschio, dicendo di chiamarsi Mickael. L’impeto con cui si azzuffa e gioca a calcio e il suo modo di atteggiarsi, vestirsi e pettinarsi sembrano non lasciare dubbi sulla sua identità, e Mickael viene accettato nel gruppo.
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TOMBOY (FR, 2011) di CéLINE SCIAMMA. Interpretato da ZOé HéRAN, JEANNE DISSON, MALONN LéVANA, SOPHIE CATTANI, MATHIEU DEMY
Laure, dieci anni, si è appena trasferita in un nuovo quartiere di Parigi a vivere in un’altra casa con la madre incinta, il padre informatico e la sorella minore, Jeanne, di sei anni. Un po’ per gioco e un po’ per realizzare un sogno segreto, la bambina si propone alla comitiva di nuovi amici in veste di maschio, dicendo di chiamarsi Mickael. L’impeto con cui si azzuffa e gioca a calcio e il suo modo di atteggiarsi, vestirsi e pettinarsi sembrano non lasciare dubbi sulla sua identità, e Mickael viene accettato nel gruppo. L’inizio delle scuole, però, si avvicina e la pantomima è sempre più difficile da recitare, tanto più che i genitori di Laure/Mickael sono all’oscuro di tutto e che la bambina sta sviluppando un legame speciale con la coetanea Lisa. C. Sciamma torna ad affrontare, dopo Water Lilies, il tema della scoperta della sessualità, spostando però l’attenzione dal periodo adolescenziale a quello preadolescenziale. Trova in Z. Héran l’interprete adatta per raffigurare, con la giusta dose di innocenza e gusto di esplorare il mondo, il cammino estivo di Laure. La regista osserva il microcosmo dei bambini con acume e tenerezza, evitando le facili semplificazioni. Maschi e femmine, mentre crescono, non sono per niente quegli esseri asessuati dall’ingenuo pudore che i genitori vorrebbero che fossero. Natura e società impongono le loro leggi e, in particolare la società, i loro modelli con cui confrontarsi e scontrarsi. Per quale motivo? Il motivo sta nel fatto che tali modelli son più legati a stereotipi che ad autentici bisogni. Così la piccola Laure, mentre decide di trasgredire facendosi passare per maschio, finisce inconsciamente per aderire a quelle che ritiene debbano essere obbligatoriamente le caratteristiche dell’altro sesso. Sciamma, nel descrivere la protagonista, va oltre la narrazione di un possibile episodio che avrebbe, per disattenzione, potuto rimanere chiuso in gabbia senza un doveroso sviluppo, offrendoci il resoconto consapevole e maturo di come ognuno va alla ricerca della propria sessualità, e anche di come si possa partire molto presto per intraprenderla. Nel dare veridicità ad una storia a tratti scabrosa ma pur sempre dallo sfondo socio-psicologico attraente, la telecamera restituisce agli spettatori inquadrature lunghe e lente, meditabonde e ponderate, il che accresce la riflessione dietro le immagini e dona profondità a un quadro d’insieme che si fa ammirare per la sua struttura assai ben armonizzata. Grazie alle battute involontariamente comiche della piccola mancina Jeanne, femminile al 100%, la commedia, garbata e fluida, riesce anche divertente. Sciamma, parigina di lontane origini italiane, alla tenerezza dei sentimenti unisce pure un riguardo sottile alle psicologie, e in questo suo secondo lungometraggio la cosa costituisce il suo principale merito. Z. Héran doppiata in italiano da Ruggero Valli, figlio di Carlo. Tomboy si può tradurre con "maschiaccio".
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vanessa zarastro
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venerdì 15 aprile 2016
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un falso truffaut
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Il film ha una chiara ispirazione truffautiana, tanto è vero che nella colonna sonora grande parte ha Baisers Volés, canzone omonima dello splendido film, cult del 1968.
Il regista Jean-Paul Rouve è un poliedrico artista che ha iniziato come attore di teatro nel gruppo Royal Imperial Green Rabbit, per poi fare varie parti al cinema come ad esempio il contorsionista nel film sulla vita di Edith Piaf, e il genero di Monsieur Batignole; ha tratto il film Les Souvenirs dal romanzo di David Foenkinos.
Romain (un delizioso Mathieu Spinosi) è un ragazzo di 23 anni che vive con un roomate, quando suo padre (un formidabile Michel Blanc), appena andato in pensione, decide di mettere la nonna ottantacinquenne in una casa di riposo e di vendere la casa di famiglia.
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Il film ha una chiara ispirazione truffautiana, tanto è vero che nella colonna sonora grande parte ha Baisers Volés, canzone omonima dello splendido film, cult del 1968.
Il regista Jean-Paul Rouve è un poliedrico artista che ha iniziato come attore di teatro nel gruppo Royal Imperial Green Rabbit, per poi fare varie parti al cinema come ad esempio il contorsionista nel film sulla vita di Edith Piaf, e il genero di Monsieur Batignole; ha tratto il film Les Souvenirs dal romanzo di David Foenkinos.
Romain (un delizioso Mathieu Spinosi) è un ragazzo di 23 anni che vive con un roomate, quando suo padre (un formidabile Michel Blanc), appena andato in pensione, decide di mettere la nonna ottantacinquenne in una casa di riposo e di vendere la casa di famiglia. Tutto ciò provocherà uno shock nell’anziana signora (la bravissima Annie Cordy) che fuggirà dall’ospizio per ritornare in Normandia dove aveva vissuto da bambina fino ai nove anni. Attorno a questa storia girano varie mini-storie: la crisi di coppia dei genitori di Romain, la difficoltà dei rapporti del padre con i due fratelli specialmente nel prendere decisione riguardanti la famiglia, il tentativo disperato del coinquilino di Romain, Karim, di rimorchiare una ragazza, il pittore di animali che riacquista voglia di dipingere, l’albergatore (un cammeo dello stesso regista Jean-Paul Rouve) come padre frustrato, il cassiere saggio della stazione di servizio e la ricerca di amore dello stesso Romain.
Forse è proprio in queste “storie nella storia” che il film ricorda alcune trame di quelli di Françoise Truffaut, non a caso Romain lavora come portiere di notte così come faceva Antoin Doinel in Baci Rubati. Parigi è esplicitata nei suoi nuovi luoghi come la Tète de la Defense, nei suoi interni piccolo-medi borghesi, con la boiserie e la carta da parati a fiori. Meno riferita al regista della nouvelle vague invece è una certa sdolcinatezza nel trattare la terza età, nel mostrare serenità e saggezza tra un funerale e l’altro. E poi Romain è troppo bravo-ragazzo per assomigliare minimamene ad Antoin Doinel.
Peccato però perché alla fine, pur partendo da buone intuizioni e con una notevole ves comica, fa un pò l’effetto delle bibite francesi un tantino troppo dolci ed eccessivamente colorate.
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vanessa zarastro
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mercoledì 18 febbraio 2015
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la via crucis del successo
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Se sapete la differenza tra come si tiene la bacchetta sinistra della batteria nel jazz e come la si tiene nel rock, allora vi potreste divertire a vedere questo film, nato inizialmente come un corto. Se siete super-esperti di jazz, probabilmente, il film non vi soddisfarà e se, invece, non lo amate vi risulterà insopportabile.
Insomma piace a noi, pubblico della medietà, disposti a vedere l’ennesima competizione tra maschi e sfida a dimostrare chi è più cool, chi più ostinato e chi più narcisista. Whiplash è un ennesimo film dove l’arte mal si concilia con la vita normale e gli artisti sono dei tipacci fanatici con caratteri insopportabili che è meglio ascoltare ma evitare di frequentarli.
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Se sapete la differenza tra come si tiene la bacchetta sinistra della batteria nel jazz e come la si tiene nel rock, allora vi potreste divertire a vedere questo film, nato inizialmente come un corto. Se siete super-esperti di jazz, probabilmente, il film non vi soddisfarà e se, invece, non lo amate vi risulterà insopportabile.
Insomma piace a noi, pubblico della medietà, disposti a vedere l’ennesima competizione tra maschi e sfida a dimostrare chi è più cool, chi più ostinato e chi più narcisista. Whiplash è un ennesimo film dove l’arte mal si concilia con la vita normale e gli artisti sono dei tipacci fanatici con caratteri insopportabili che è meglio ascoltare ma evitare di frequentarli.
Il film si apre e si chiude con un assolo a batteria che tra gli strumenti è certo quello meno amato dal grande pubblico. Confermo che per suonare questo strumento ci vuole un carattere con tendenze ossessive: conoscevo anni fa un batterista jazz newyorchese che mi raccontava che da bambino la madre gli aveva comprato una tastiera di gomma alla cui percussione si esercitava con ostinazione tutte le notti.
Ubicato nel liceo musicale più prestigioso di New York, il film narra il rapporto tra il Andrew Neyman (ben interpretato da Miles Teller) giovane batterista diciannovenne e Terence Fletcher (ottima interpretazione di J.K. Simons) il maestro-carnefice rigidissimo e sadico che usa dei sistemi, a dir poco, discutibili per spingere i suoi pupilli a migliorare sempre più per aspirare alla gloria (“non ce ne sono più di Charlie Parker…”). Whiplash è proprio il titolo di un pezzo che Fletcher fa suonare alla sua orchestra composta da tutti studenti del conservatorio Shaffer e sulla cui partitura Andrew si esercita in maniera maniacale fino a ferirsi le mani a sangue.
Una notazione interessante: leggendo Wired.itho trovato acuta l’osservazione di Marco Valsecchi chetrova nei cartoni animati giapponesi la vera fonte d’ispirazione del film « Ve ne siete accorti anche voi che la dinamica di fondo tra i protagonisti di Whiplash è esattamente quella che c’è tra Maya e la Signorina Tsukikage o anche tra Mila e l’allenatore Daimon, vero?». A volte nel film ci sono piccole ingenuità come all’inizio immagini di edifici a set-back tipici della Grande Mela montate a ritmo jazz. Chazelle è, comunque, un giovane trentenne coraggioso – perché sceglie strumento e genere musicale impopolari - ma anche prudente – perché riprende spunto da serie TV di successo - con sicuramente grandi intuizioni e bravura nelle riprese ravvicinate.
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malbes
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mercoledì 3 dicembre 2014
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un film che emozionerà chi vorrà capirlo
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Un film tanto delicato (negli sguardi, nella lenta presa di coscienza del proprio essere) quanto crudo (nel momento della verita e nel finale, volutamente aperto, senza lieto fine). Un'ora di film magistralmente interpretato da Zoe Heran, sguardo profondo, aria da maschiaccio e una buona dose di talento.
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theophilus
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sabato 2 novembre 2013
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a volte è bello lasciarsi ingannare
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TOMBOY
È un vantaggio entrare in una sala cinematografica all’oscuro di quanto sta per accadere. D’altronde, si spengono le luci e comincia il film. La fisica lo impone, certo. Ma può essere anche una bella metafora. La mente sgombra, la disposizione a vedere e a tentare di capire, gli occhi rivolti allo schermo, il resto non esiste più.
Le prime immagini di Tomboy mostrano un ragazzino che guarda dall’alto la strada che gli viene incontro e si bea dell’aria che gli rinfresca il viso. È su di una moto? La sta guidando?
È tutta un’illusione, già questa scena iniziale t’inganna, ti svia.
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TOMBOY
È un vantaggio entrare in una sala cinematografica all’oscuro di quanto sta per accadere. D’altronde, si spengono le luci e comincia il film. La fisica lo impone, certo. Ma può essere anche una bella metafora. La mente sgombra, la disposizione a vedere e a tentare di capire, gli occhi rivolti allo schermo, il resto non esiste più.
Le prime immagini di Tomboy mostrano un ragazzino che guarda dall’alto la strada che gli viene incontro e si bea dell’aria che gli rinfresca il viso. È su di una moto? La sta guidando?
È tutta un’illusione, già questa scena iniziale t’inganna, ti svia. È l’assunto del film ed è quanto il regista riesce a farci percepire per un lungo tratto. Sempre, ribadiamo, che ci siano mente ed occhi vergini a recepire. O meglio, che si sia ignari della storia. Perché – al contrario – Tomboy ci fa capire quanto poco duttile sia l’uomo e quanto sia raggirabile dal luogo comune, dall’apparenza.
È, pertanto, quasi spiacevole lo scriverne. Inevitabilmente si priva il futuro spettatore della potenzialità di lasciarsi trarre in inganno, di constatare quanto sia disposto a mettere in questione la propria integrità critica e di domandarsi se preferisca vagare liberamente con la propria fantasia o, invece, essere ancorato a certezze che rassicurano, ma lo limitano.
Ci rendiamo conto di non avere detto ancora niente di consistente sul film di Céline Sciamma. Ma è proprio quanto intenderemmo fare. È la chiave di lettura che riteniamo preferibile e ‘giusta’ per un film di questo tipo. In questo caso, infatti, qualsiasi rivelazione della trama si risolverebbe in un togliere valore, in un negare, senza raggiungere un senso critico.
Ci limitiamo ad informare che Tomboy è incentrato sul mondo dell’infanzia e su quello preadolescenziale e a segnalare l’interpretazione, o, meglio, la ‘presenza’ nel film di Zoé Heran.
Enzo Vignoli
13 dicembre 2011.
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derriev
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venerdì 24 maggio 2013
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razionalità sull'irrazionale
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Considero il film riuscitissimo e spiegherò perchè, a mio parere, lo è.
La trama: una ragazza, Laure, nemmeno adolescente, androgina, entra in una comitiva di coetanei e si spaccia per maschio. Piano piano le conseguenze di questa bizzarria emergeranno.
"Tomboy" è un'opera asciuttissima: locations ed inquadrature ridotte all'essenziale, personaggi pochi, eccettuata la caciara dei ragazzini di contorno che però sono solo massa.
Laure, la protagonista, non giustifica in alcun modo la sua scelta di apparire maschio, la trama non lo esprime.
Inoltre le sue problematiche relative all'essere in realtà una femmina, sono solo tecniche: ad esempio quando deve andare a nuotare con il gruppo di amici e realizza un finto pene per imbottire lo slip.
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Considero il film riuscitissimo e spiegherò perchè, a mio parere, lo è.
La trama: una ragazza, Laure, nemmeno adolescente, androgina, entra in una comitiva di coetanei e si spaccia per maschio. Piano piano le conseguenze di questa bizzarria emergeranno.
"Tomboy" è un'opera asciuttissima: locations ed inquadrature ridotte all'essenziale, personaggi pochi, eccettuata la caciara dei ragazzini di contorno che però sono solo massa.
Laure, la protagonista, non giustifica in alcun modo la sua scelta di apparire maschio, la trama non lo esprime.
Inoltre le sue problematiche relative all'essere in realtà una femmina, sono solo tecniche: ad esempio quando deve andare a nuotare con il gruppo di amici e realizza un finto pene per imbottire lo slip.
Gli stessi ragazzini, alla scoperta dell'inganno, sono praticamente assenti, non hanno una reazione intensa, semmai sono incuriositi; e Laure, che ha fatto innamorare di lei una coetanea che la credeva un maschio, a verità svelata, porge un sincero sorriso aperto a questa ragazzina, come a dire: "Che problema c'è? Semplicemente: non sono un maschio".
Io trovo che in tutta questa assenza di coinvolgimento risieda la chiave, e la forza del film.
"Tomboy" descrive una visione della sessualità, simbolizzata dai due generi, maschile e femminile, scevra dalle implicazioni che la caratterizzano, quali: passione, estasi, tormento, assillo...
Per questi tagazzini, protagonista compresa, la sessualità esiste solo come concetto: sanno di essere maschi o femmine ma non ne vivono le conseguenze.
Il fenomeno diviene quindi razionale; dove in seguito sarà destinato ad essere vissuto in modo irrazionale con gli impulsi, le condotte e le necessità che sfociano con la pubertà e l'età adulta.
Per queste "persone", perché i pre-adolescenti lo sono, è solo un problema di "categoria": sei maschio o femmina equivale, in fondo, a stabilire se sei biondo o moro, e nulla di più.
E' questo il livello che rende "Tomboy" opera profonda: quello dello stadio pre-adulto per gettare uno sguardo ipotetico su una vita magari vissuta nell'assenza della pulsione, irrefrenabile, sessuale e sensuale.
Che tanto incide nella vita di ognuno di noi.
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juvent
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sabato 8 dicembre 2012
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la delicatezza degli sguardi
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Film delicatissimo sulla presa di coscienza della propria identità, che (spesso) viene ostacolata dal senso comune e anche dalla famiglia. Il finale sembrerebbe aperto ma quel sorriso finale fa ben sperare. L'interpretazione di Zoe Heran (Laure) è ben riuscita; film consigliato!
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vjarkiv
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venerdì 23 novembre 2012
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délicatesse
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Il film sembra perfettamente costruito, sia in senso fisico che metaforico, sulla "pelle" della giovanissima protagonista Laure/MicKael, con una efebica e bellissima Zoé Héran sorprendentemente, vista l'età, calata nel ruolo. Per quanto il film sia stato molto apprezzato dalle comunità GLBT sparse nel mondo (riconoscimenti e premi sono arrivati dal Torino GLBT Film Festival, dal San Francisco International L&G Film Festival, dal New York's LGBT Film Festival), la giovane regista non sembra tanto abbia voluto raccontare la genesi di una futura lesbica, quanto la storia di una preadolescente con la voglia di "giocare" sulla sua identità sessuale, quindi non ha calcato la mano sugli aspetti drammatici ma ha raccontato la vicenda con "délicatesse", aprendo una finestra su un mondo, appunto quello preadolescenziale, che raramente viene trattato in modo così poetico e partecipe nel cinema (per tutti viene in mente il meraviglioso "I quattrocento colpi" di Truffaut).
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Il film sembra perfettamente costruito, sia in senso fisico che metaforico, sulla "pelle" della giovanissima protagonista Laure/MicKael, con una efebica e bellissima Zoé Héran sorprendentemente, vista l'età, calata nel ruolo. Per quanto il film sia stato molto apprezzato dalle comunità GLBT sparse nel mondo (riconoscimenti e premi sono arrivati dal Torino GLBT Film Festival, dal San Francisco International L&G Film Festival, dal New York's LGBT Film Festival), la giovane regista non sembra tanto abbia voluto raccontare la genesi di una futura lesbica, quanto la storia di una preadolescente con la voglia di "giocare" sulla sua identità sessuale, quindi non ha calcato la mano sugli aspetti drammatici ma ha raccontato la vicenda con "délicatesse", aprendo una finestra su un mondo, appunto quello preadolescenziale, che raramente viene trattato in modo così poetico e partecipe nel cinema (per tutti viene in mente il meraviglioso "I quattrocento colpi" di Truffaut). Si percepisce inoltre, e qui un altro aspetto interessante del film, una maggiore "tolleranza" da parte dei compagni di gioco che non dal mondo adulto.
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jandb
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mercoledì 21 novembre 2012
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una piccola preziosissima perla!
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Mi sono imbattuto per caso in questo film, ne avevo letto qualcosa.
Ho preso il dvd, onestamente senza grandi aspettative... e invece sul finale mi sono ritrovato talmente trasportato dentro al film da dire alla piccola Laure "no... non farlo".
Semplice, sincero, puro, senza fronzoli o inutili morali.
Lo guardi, e scegli il tuo punto di vista, perchè non si può restare indifferenti di fronte alla vita.
Saluti.
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binda
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domenica 12 febbraio 2012
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laure una bimba
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Laure arriva nel nuovo quartire con il padre guidando la macchina. Ha capelli cortissimi, una figura asciutta un pò mascolina, è una bimba felice, sicura di sè, cresciuta in una famiglia serena, normale. Conosce Lisa che la scambia per un maschio. Laure accetta la sua compagnia e, tra incoscienza e divertimento, dice
di chiamarsi Mikael. Il gioco è fatto. Il gruppo l'accetta e la riconosce un maschio ma, la sua bugia non durerà a lungo.
Il gioco sull'identità sessuale va avanti, favorito dal periodo estivo di vacanza, lontano dal controllo di adulti ma, arriva un punto che crolla tutto e la madre d Laure la costringe a rivelare l'inganno.
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Laure arriva nel nuovo quartire con il padre guidando la macchina. Ha capelli cortissimi, una figura asciutta un pò mascolina, è una bimba felice, sicura di sè, cresciuta in una famiglia serena, normale. Conosce Lisa che la scambia per un maschio. Laure accetta la sua compagnia e, tra incoscienza e divertimento, dice
di chiamarsi Mikael. Il gioco è fatto. Il gruppo l'accetta e la riconosce un maschio ma, la sua bugia non durerà a lungo.
Il gioco sull'identità sessuale va avanti, favorito dal periodo estivo di vacanza, lontano dal controllo di adulti ma, arriva un punto che crolla tutto e la madre d Laure la costringe a rivelare l'inganno.
Una storia nata da un banale errore di Lisa, portata avanti con incoscienza da Laure e assecondata negli atteggiamenti da maschiaccio. Un gioco nato in un'età in cui la sessualità va definendosi e quindi pericoloso ma destinato a finire poichè la scuola stà per iniziare.
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