Advertisement
La talpa: quando un film si inchina al libro

Le Carré impone la propria scrittura. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Colin Firth nel film diretto da Tomas Alfredson La talpa.
Colin Firth (63 anni) 10 settembre 1960, Grayshott (Gran Bretagna) - Vergine. Interpreta Bill Haydon nel film di Tomas Alfredson La talpa.

lunedì 16 gennaio 2012 - Focus

La Talpa, l'atteso film tratto dal romanzo fondamentale di John Le Carré, diretto da Tomas Alfredson, ha ottenuto mediamente tre stelle nei giudizi. Trattasi di prodotto di classe, colto ed elegante, di ottima letteratura, ma non di grande film. Lo scrittore inglese ne è il padrone assoluto, ben più del regista.

Prima di essere un autentico agente dell'Intelligence, John Le Carré era stato, ventottenne, funzionario del Foreign Office. Era il 1959 e il Ministero degli esteri britannico - pur gestendo un Commonwealth che era ormai più formale che sostanziale- era comunque un'istituzione importante, storicamente ancora viva, e certo un ambiente che diede al futuro scrittore la percezione dell'ingerenza britannica nel mondo, anche se decadente. E quando, poco dopo, entrò nell' M16, ecco che il neoagente si trovava fra le mani uno strumento diretto e concreto, per conoscere e per agire. E per scrivere. Uno che ha studiato a Berna, quindi a Oxford, e poi è diventato docente all'Iton College - dove si forma la classe dirigente, e spesso nobile, inglese- con tutti quegli strumenti in mano, e che inoltre è dotato di suo, potrà essere potenzialmente un grande autore di spy stories. Nei decenni lo scrittore potenziale è diventato il più grande "giallista" (e certo non è riduttivo il genere) vivente. In quegli anni Le Carré si trovò implicato, non era fiction, in un intrigo internazionale, quando l'agente Kim Philby fu scoperto al servizio dei russi, dopo che aveva bruciato gli agenti di un'intera sezione dell'M16. Il "professore" venne estromesso, ma la vicenda gli rimase talmente addosso che gli diede lo spunto per il suo testo più importante, "La talpa", appunto. Dove l'agente George Smiley cerca di smascherare l'infiltrato Gerard. C'era dunque molto di autobiografico.

Migliori
Va detto subito che il libri di Le Carré sono migliori dei film che ne hanno tratto. Anche se alcuni film sono ottimi naturalmente. Perché nel racconto le regole della scrittura prevalgono su quelle del cinema. La vicenda è sempre complessa, con molti nomi, location e servizi segreti. Le spie si appostano pazienti coi binocoli, nel buio delle vie o negli angoli defilati dei ritrovi. Gli agenti passano giornate intere a riempire moduli per farsi rimborsare le spese o per avere fondi per le operazioni, si tratta di centinaia di sterline, non di milioni di dollari. C'è sempre un passato che ritorna, una spia russa che è stata amica, un collega che fa il doppio gioco ma non lo fa, una donna sofferente coinvolta suo malgrado. E poi è continua la dialettica, la contrapposizione culturale fra occidente e comunismo, che prevaleva allora. E raramente si mette mano a una pistola. Le Carré non è dunque uno scrittore facilmente filmabile. Non fa parte della schiera degli autori che hanno contratto un matrimonio felice col cinema: firme classiche come Doyle, Christie, Chandler e Simenon, oppure autori contemporanei che scrivono pensando al film, come Grisham, Clancy, o l'attualissimo Stieg Larsson.

Dominio
Nei primi anni Sessanta, in pieno dominio di 007, alcuni cineasti ritennero che occorresse un'alternativa, magari un antidoto al modello Bond-Connery, uno che seduceva tutte le donne, guidava l'Aston Martin, conosceva i vini, si sedeva al casinò, vincendo, in smoking bianco, e tutte le volte salvava il mondo. Un vero agente segreto inglese disse che uno come Bond, nel giro, sarebbe sopravvissuto un'ora.
Così Harry Saltzman, lo stesso produttore dei primi 007, acquisì i diritti di alcuni romanzi di Len Deighton e assunse il quasi esordiente Michael Caine nel ruolo dell'agente Harry Palmer. Un anti-Connery-Bond, così come lo era Smiley. Il film d'esordio era Ipcress, ed ebbe un discreto successo. Deighton poteva essere considerato una sorta di Le Carré, con minore nobiltà.
Sono molti i libri dell'inglese trasposti in film. Tra gli altri "Chiamata per il morto", "La Tamburina", "La casa Russia", "Il sarto di Panama". Nella "Talpa" il regista Tomas Alfredson, Le Carré e relativa letteratura, non fanno prigionieri. L'adesione al testo è quasi assoluta: rigore e rispetto dell'identità letteraria. Che Le Carré figuri anche come produttore esecutivo certo... non aiuta il cinema. Siamo nel 1973, si cerca una talpa nel "circo" che sarebbe il servizio segreto. Il capo "Controllo" recupera Smiley che era stato messo da parte e gli ordina di scoprire l'infiltrato. I congegni sono quelli detti sopra. I personaggi sono tutti rigorosamente antipatici, sembrano persino infastiditi dall'essere inquadrati. Dell'eroe neppure parlarne. Il procedere del racconto è lento e non lo puoi accelerare. Gli attori sono perfetti nel togliere, al ruolo e al cinema: Gary Oldman è il miglior Smiley di sempre, Colin Firth è correttamente ambiguo, con l'ormai indispensabile implicazione omosessuale, John Hurt è Controllo, persino più sgradevole dell'originale letterario. E tutti parlano, e si muovono al rallentatore. Dicevo sopra dell'antidoto anni Sessanta, qui siamo in pieno deterrente dei frenetici figli degeneri di James Bond, come i "tamarri" Cruise di Mission Impossible e Craig 007. Certo, Tom e Daniel devono essere molto veloci, come lo è il cinema di adesso.

Flash
Alfredson ricorre al flash back, ma ne abusa. I piani temporali sono davvero troppi, il povero "Controllo" muore e risorge continuamente. Quasi nessuno degli inserti periferici del racconto cartaceo viene omesso. A scapito del ritmo che dovrebbe essere del cinema. Dunque, per una volta, il film cede il passo, anzi proprio si ritrae davanti al libro, appunto. Sopra dicevo degli ottimi film che si devono ai libri di Le Carré. Il titolo esemplare rimane La spia che venne dal freddo, del 1965. Il regista era Martin Ritt, manico sicuro, narratore e anche "autore". Gli sceneggiatori erano Paul Dehn e Guy Trosper, che rispettarono il testo ma garantirono il cinema. Il giovane John Le Carré non aveva ancora il peso per imporsi, soprattutto come "esecutivo". E poi c'era Richard Burton. E, per finire, quel decennio era migliore di questo. Ma sempre di John Le Carré trattasi, un eroe, gli si devono tutte le franchigie.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati