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Dalla Svezia con furore

Con La Talpa arrivano al Lido gli 007 di Alfredson.
di Ilaria Ravarino

Il cast del film in occasione del photocall.
Gary Oldman Altri nomi: (Maurice Escargot / Gary von Oldman ) (66 anni) 21 marzo 1958, Londra (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta George Smiley nel film di Tomas Alfredson La talpa.

lunedì 5 settembre 2011 - Incontri

Gli 007 svedesi piacciono, eccome, alla Mostra di Venezia. Accolto da un lungo applauso in sala stampa, il regista di Stoccolma Tomas Alfredson e il produttore Tim Bevan hanno portato oggi in concorso Tinker, Taylor, Soldier, Spy (in Italia a gennaio con il titolo La Talpa), che lo sceneggiatore Peter Straughan ha tratto dal romanzo capolavoro sul mondo delle spie di John Le Carré. Già adattato per il piccolo schermo nel 1979 in una miniserie in 7 puntate, La Talpa ha portato al Lido anche un cast di altissimo livello: Colin Firth, John Hurt, Benedict Cumberbatch, Mark Strong e Gary Oldman, che nel film di Alfredson veste i panni del personaggio interpretato trent’anni fa da Alec Guinness nella miniserie tv. «Se Guinness potesse vedere la prova d’attore di Oldman – ha detto il regista – sarebbe il primo a fargli una standing ovation».

Dialoghi rarefatti, caratteri complessi, la comunicazione tra personaggi affidata a piccoli gesti: Oldman, come ha affrontato questa prova da attore?
Oldman: Spesso ho portato al cinema personaggi emotivamente inquieti, fisicamente agitati, ed è stata per me una grande opportunità ricevere un ruolo così diverso dai soliti. Gli attori sono alla mercè dell’industria e della fantasia di chi gli affida una parte, e ringrazio chi ha pensato a me per questo personaggio, permettendomi di portare sullo schermo un pezzo di me che non si era mai visto. La mia fortuna è stata quella di poter disporre di una continua fonte d’ispirazione, il romanzo, che ha agito come sottotesto del copione, è stato una mappa da seguire. Non ho lavorato molto al di fuori del libro e della sceneggiatura.

Questa storia sarebbe stata diversa se a girarla fosse stato un inglese, o un americano?
Alfredson: Non saprei. Ricordo la Svezia durante la Guerra Fredda, era un paese in mezzo alla cortina di ferro: neutrale, ma estremamente vicina all’Unione Sovietica. Non vedo perché uno svedese non possa raccontare una storia che ha a che fare con l’Inghilterra: ho ricordi precisi anche dell’Inghilterra di quegli anni, era un paese che subiva ancora le conseguenze della seconda guerra mondiale.

Avere un finanziamento europeo, e non hollywoodiano, ha aiutato il film a limitare le interferenze nella scelta degli attori?
Bevan: Hollywood o no, un cast cosi è comunque perfetto. Sono molto soddisfatto del risultato, con un budget non straordinario abbiamo ottenuto un grande film. E questo per merito di Tomas, che più che un regista è un anatomopatologo del dettaglio.

Vi siete ispirati alla serie tv del 1979?
Alfredson: No, non ho guardato i lavori di altri cineasti. Ho cercato piuttosto l’ispirazione nella musica, nella pittura, negli oggetti del vivere quotidiano.

Nell’adattare un libro così complesso avete dovuto sacrificare molto materiale?
Alfredson: Sì, era impossibile ricavare da un libro del genere un solo film. Abbiamo dovuto isolare un tema, un filo conduttore. Era necessario fare una scelta e con gli attori abbiamo fatto un grande lavoro di selezione.
Peter Straughan: ... ma il bello è che potevamo comunque tornare al libro in ogni momento, per cercare indicazioni e aiuti, o aneddoti come quello che ci ha ispirato la scena della festa, l’unica che nel romanzo non c’è.

Ve lo immaginate un film così in un multiplex?
Colin Firth: Certo, perché sottostimare il pubblico? Il film piacerà, credo. Sono ottimista. Avrà una grande audience. Il problema è che quando fai un film con un regista svedese la gente ti parla come se fossi strano, o come se l’atmosfera sul set fosse stata quella di un club per gentleman.

Firth, dopo l’Oscar per Il discorso del re come è cambiata la sua vita? Perché in questo film non ha preteso il ruolo da protagonista?
Firth: Non è cambiato tanto, a dire il vero, nella mia vita. Per quanto riguarda il film, ho solo scelto il piatto migliore nel menu: qualcosa di bello in cui affondare i denti. Il ruolo si è sposato perfettamente alle mie aspettative.

A che punto si sente della sua carriera, Cumberbatch?
Benedict Cumberbatch: Un ottimo punto. In questo film ho avuto il ruolo che ogni attore desidererebbe, pieno di sfumature e di piccole sottigliezze. È il mio momento, credo.

John Hurt, che ricordi ha della guerra fredda? Lei c’era...
John Hurt: Sì c’ero, c’ero... ma la morte ci attende tutti... anche per i re viene la morte.... A parte gli scherzi, si c’ero e c’ero anche nell’altra guerra, la seconda mondiale. Ricordo che i film erano in bianco e nero e che in giro si respirava una grande nevrosi per quel che stava succedendo nell’Europa dell’Est. Le Carrè è lo scrittore che meglio ha descritto quell’ambiente e "La talpa" è il suo capolavoro. Per me è stato un privilegio immenso partecipare a questo film.

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