The Story of Film

Viaggio nel cinema con Mark Cousins: una vera odissea

Anni fa, approfittando dell'ambiguità della parola histoire e della «s» del plurale muta, Jean-Luc Godard aveva costruito quella folle e geniale storia dell'immagine in movimento che si intitolava, appunto Histoire(s) du cinéma. Ora, accompagnato dall'ambiguità della parola «story», che non è la Storia ma il racconto, la fabula, arriva il lavoro impressionante condotto per cinque anni da Mark Cousins: novecento minuti in cui ci viene racconta la la favola del cinema. Mark Cousins è un critico cinematografico irlandese. Anni fa, con Tilda Swinton, ha caricato tutto il necessario su un camion e attraversato le Scottish Higldands portandosi dietro il suo festival mobile. Insomma, è capace di pensare alla grande. Come fa in questa sua affascinante Story of Film. An Odyssey, che l'anno scorso ha conquistato Toronto, e che è bene prepararsi a vedere, in questo prossimo autunno, con plaid e vettovaglie, per non perdersi un fotogramma di una splendida avventura cinematografica. Anche se, pur essendo lui bravissimo e pur essendo la sua «Odissea» piena di tutti i frammenti di cinema che avreste voluto vedere e non avete osato chiedere (come ha fatto lui?), qualche volta con Cousins viene voglia di litigare per certe sue affermazioni troppo avventurose, che sanno, più che di sapienza, di provocazione cinefila: è vero che Ninotchka, Il mago di Oz e Via col vento sono stati visti come film di evasione? Non qualcosa di più? D'altra parte, Cousins mette tra i dieci film che hanno cambiato il mondo Lo squalo... Quello che Cousins offre, comunque, è straordinario. in un percorso vorticoso tra generi, luoghi, autori sistemi di pmduzione, svolte epocali, tra l'invenzione del primo piano (un gatto nutrito a cucchiaini) e la folle passione per il digitale, tra la scoperta del controcampo e i primi effetti speciali, Cousins collega in un gioco di bollicine - vedere per credere - Carol Reed, Godard e Taxi Driver, esalta Powell e Pressburger, ci mostra un afasico John Ford, il collaborazionista Kazan, il triste Stanley Donen, con ritratti e minisaggi qualche volta ovvi, più spesso curiosi, su ogni forma di cinema. Il piacere è grande.
Da Il Venerdì di Repubblica, 28 settembre 2012


di Irene Bignardi, 28 settembre 2012