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Shakespeare ai tempi di Obama

George Clooney presenta al Lido il suo Le Idi di Marzo.
di Ilaria Ravarino

In foto George Clooney con Evan Rachel Wood e Marisa Tomei al photocall de Le Idi di marzo.
George Clooney (George Timothy Clooney ) (62 anni) 6 maggio 1961, Lexington (Kentucky - USA) - Toro. Regista del film Le Idi di marzo.

mercoledì 31 agosto 2011 - Incontri

Verrebbe da dire che è nata una stella. Perché nonostante tutto, nonostante la fama da sciupafemmine e la presenza costante sulle pagine dei tabloid, nonostante la recente fine di una chiacchierata relazione (con Elisabetta Canalis) e il chiacchierato inizio di un altrettanto nebuloso flirt (con l'attrice Stacey Keibler), nonostante da vent'anni la sua vita privata faccia ombra e rumore intorno al suo talento, George Clooney questa volta è venuto a Venezia da vero, e apprezzato, Autore. Senza l'elicottero con cui si presentò al Lido a fianco dell'ex fidanzata velina, senza l'occhiale scuro e strafottente da compagno di merende di Brad Pitt, ma con un impegnato film da regista sulla politica americana, lungamente applaudito stamattina in Sala Darsena, Le Idi di marzo, e un cast di stelle cui il pubblico ha tributato sui titoli di coda un rinnovato e caloroso omaggio: Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, tutti presenti all'appello al Lido tranne il protagonista Ryan Gosling, assente giustificato per motivi di lavoro. Se già nel 2005 con Good Night, and Good Luck Clooney aveva dimostrato di esser qualcosa di più di un bel faccino destinato a invecchiare sul palco, con Le Idi di marzo si è tolto al Lido una gran bella soddisfazione: quella di essere applaudito per la prima volta più dai critici in conferenza stampa che dalle fan, per la verità pochissime, sul tappeto rosso. E tra i cronisti, anche questa è una novità, nessuno è parso interessato ai più torbidi dettagli della sua vita sentimentale.

Perché ha deciso di girare un film sulla politica americana?
Per quanto la tematica mi renda orgoglioso, un po' come è successo con Good Night, and Good Luck, non considero Le Idi di marzo un film propriamente politico. Se l'ho fatto è stato prima di tutto perché mi piacevano i personaggi. Chiaramente si tratta di un film personale, altrimenti non avrei speso 4 anni della mia vita per finirlo.

Che reazioni prevede nel pubblico democratico? E in quello repubblicano?
È la prima volta che faccio vedere alla gente questo film, non sono in grado di prevedere alcuna reazione.

Se non lo considera un film politico, allora come definirebbe la storia de Le Idi di marzo?
Molto shakespeariana. Con il mio sceneggiatore siamo partiti dall'idea di costruire una storia sulla morale, poi ci siamo imbattuti in una piéce teatrale ispirata al Giulio Cesare di Shakespeare con un'ambientazione particolare, diventata immediatamente la base del film: una lotta di potere consumata durante le primarie del partito democratico. E il bello è che la storia non risponde a molte domande dello spettatore: chi è Giulio Cesare? Chi è Bruto? Chi Cassio?

Ha mai pensato di candidarsi in politica?
Mai. Oggi mi guardo intorno e vedo che alla Casa Bianca c'è una brava persona, impegnata e in carica, che sta soffrendo molto. La temperatura politica nel nostro paese rende difficile governare, c'è tanto cinismo. Quello dei politici è un posto di lavoro difficile, non ho alcun interesse a patire ed espormi in quel modo.

I torbidi meccanismi illustrati nel film appartengono solo alla politica di oggi?
No, non c'è niente di nuovo in questo. Le cose in politica funzionano così dai tempi di Giulio Cesare e la cosa incredibile, semmai, è che noi non facciamo altro che riprodurre gli stessi meccanismi. Faccio un esempio. Questo film entrò in pre-produzione nel 2007, ma in America fu eletto Obama e subito Le Idi di Marzo ci sembrò un film troppo cinico per un momento di così grande ottimismo. E così lo mettemmo da parte. Anni dopo, ci siamo resi conto che era diventato improvvisamente il film giusto nel momento giusto: un film che offre più domande che risposte, una storia che suscita dibattiti, un po' come succedeva con certi film negli anni '70... in fondo stiamo vivendo un periodo diverso da quello, ma altrettanto difficile.

Come ha scelto i suoi attori?
Li ha attratti la bella sceneggiatura, un copione che ha reso a tutti il lavoro più facile. La prima persona ad esser coinvolta è stato Ryan Gosling, poi sono venuti gli altri. Tutte prime scelte, ci tengo a dirlo. Abbiamo speso per questo film 12 milioni di dollari, non tantissimo, ricavati grazie agli investitori stranieri: la cosa più difficile è stata convincerli che non si sarebbe trattato di un film sulla politica americana, ma sulla morale umana in generale.

Si sente più a suo agio come regista o come attore?
Non saprei. La regia mi piace, è un lavoro creativo e divertente, facile se portato avanti con gente di questo calibro.

Qual è la sua morale da attore? Accetta i compromessi?
Ma certo, ogni giorno è un compromesso. Ma il punto è che le mie decisioni, a differenza di quelle di un politico, sono ininfluenti sulla vita della gente. Il mio lavoro è un gioco, se sbaglio al massimo mi capita qualche stroncatura... ma non metto a repentaglio vite umane. Io non voglio far soffrire nessuno in vita mia. Voglio solo raccontare storie.

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