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L'orgoglio dell'aquila

The Eagle, l'eroe che merita rispetto e l'eterno mito della propaganda.
di Edoardo Becattini

In foto Jamie Bell in una scena del film The Eagle di Kevin Macdonald.
Jamie Bell (38 anni) 14 marzo 1986, Billingham (Gran Bretagna) - Pesci. Interpreta Esca nel film di Kevin Macdonald The Eagle.

giovedì 15 settembre 2011 - Approfondimenti

Che siano romani, ebrei, troiani, spartani o anche celti, gli americani amano da sempre immaginarsi in tempi lontani, cingersi di semplici tuniche o di pesanti armature e mettere in mostra muscoli e cuore come solo si può fare in una dimensione mitica. Per il cinema americano, ogni storia è un mito da riscrivere e reinterpretare, e quanto più essa è distante temporalmente e geograficamente, tanto più è possibile reinventare se stessi e inventare nuove letture. L'importante è valorizzare i simboli virtuosi, sfoggiare qualche emblema eroico per ricordarci che solo l'uomo forte e coraggioso è capace di imprese colossali e merita di riecheggiare nei secoli attraverso i futuri racconti. È stata sempre questa la grande differenza fra il peplum americano e quello all'italiana: laddove per noi Maciste e Ursus erano forzuti con cui giocare e divertirsi come fossero balocchi di gomma, per i cineasti d'oltreoceano c'è sempre stato un grande rispetto nei confronti degli eroi dell'antichità, meritevoli di una confezione sontuosa e di un'aura simbolica.
Dopo un lungo declino in cui sono sorti nuovi forzuti radicati nello sport o nelle sporche guerre della contemporaneità, dieci anni fa, complice un sottofondo da tragedia shakespeariana, l'inglese Ridley Scott e Il Gladiatore di Russell Crowe hanno rispolverato il peplum e fatto riscoprire al pubblico l'eternità dell'eroe muscoloso, sporco di sangue e rena. Così, mentre il cinema di guerra andava scoprendo uno spirito polemico e accusatorio e i supereroi si ricoprivano con un mantello di dubbi e di ansie da prestazione, è toccato alle antiche vestigia della civiltà occidentale far risplendere il fulgido orgoglio dell'epica patriottica.
Sulle possibili implicazioni ideologiche e pseudo-fasciste di 300 di Zack Snyder si è letto molto, così come sull'ambiguo “pacifismo belligerante” degli eroi di Troy di Wolfgang Petersen. Adesso, complice un altro regista britannico (peraltro amico di Ridley Scott), la storia antica torna a farsi strumento moderno.

Un peplum al maschile
The Eagle prende le mosse dall'impresa fallita della IX legione dell'esercito romano, che nel II secolo d.C. partì alla conquista dei territori del nord dell'antica Britannia e non fece mai ritorno a Roma (si dice anche che il famoso Vallo di Adriano che ancora segna virtualmente i confini fra l'Inghilterra e la Scozia venne costruito dall'imperatore in seguito a questa impresa fallita). Tratto da una famosa storia scritta da Rosemary Sutcliff (praticamente una Agatha Christie del romanzo storico per gli inglesi), The Eagle è arrivato nelle mani di Kevin Macdonald, che ne ha fatto un peplum dal look moderno ma dallo spirito antico, con le giuste iniezioni di corpo a corpo duro e sanguigno e con una storia di onore e lealtà tutta al maschile. L'eclittico regista scozzese - capace di passare con disinvoltura da progetti più personali di matrice documentaria come La morte sospesa o il recente film-antologia su YouTube Life in a Day, a film di generi differenti come l'action-storico L'ultimo re di Scozia o il thriller cospirativo State of Play - ha scelto di affiancare il corpo da eroe americano di Channing Tatum (Step Up e G.I. Joe) con quello più esile da comprimario britannico di Jamie Bell (Billy Elliot e l'imminente Tin Tin di Spielberg) per realizzare una storia di orgoglio e fedeltà tutta al maschile, dove le donne - ancelle, guerriere o matrone - non sono nient'altro che mere figure di sfondo.

L'aquila è reale
L'aquila è l'elemento fondamentale. Non solo perché dà un titolo al film e un nome al suo protagonista, il giovane centurione Marco Flavio Aquila (sic, in italiano), ma in quanto costituisce l'oggetto dell'impresa dell'eroe e del suo viaggio oltre il Vallo di Adriano, alla ricerca del vessillo abbandonato dal padre in territorio barbaro dopo la disfatta della IX legione. L'aquila, al pari dei miti fondativi dell'Occidente, è un'effigie eterna, un simbolo adatto a volare attraverso il tempo, fra varie culture e differenti popolazioni. Cristianesimo o paganesimo, tribù pellirosse o azteche, Antica Roma o Sacro Romano Impero, dittature o grandi democrazie, l'aquila resta una figura maestosa e solenne, emblema di sovranità sulla terra e nell'aria. Nel film di Kevin Macdonald, l'effigie dell'aquila è l'ossessione del giovane centurione, determinato a riconquistare padre e patria, a riscattare l'onta familiare ma anche l'orgoglio imperiale di un simbolo scippato da un popolo barbaro (gli Uomini Foca, una sorta di tribù selvaggia dedita a riti pagani e coperta di ossa di animale e fanghi). Dal fascino dell'aquila non sono immuni neanche gli schiavi, come il personaggio di Esca interpretato da Jamie Bell: figlio di una popolazione sottomessa e trucidata dall'Aquila romana, ma fedele al centurione che gli ha salvato la vita al punto da rischiare tutto se stesso e tradire la tribù amica britanna per recuperare la nobile effigie.
Ovviamente, il film ci mostra entrambi come vincitori, rendendo preferibili sia il guerriero romano che il coraggioso schiavo ai senatori intriganti. I veri eroi si riconoscono dalle imprese più che dall'appartenenza alla patria; tanto è vero che The Eagle è per buona metà un film britannico, oltre che statunitense. Ma resta l'esibizione di un certo misticismo laico nei confronti di un vessillo che potrebbe essere benissimo una bandiera in un'epoca più moderna. Una bandiera con due patrie che forse non “garrisce al vento”, ma resta comunque ben salda dentro al suo terreno ideologico.

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