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In due si ride meglio!

Cambio vita e il prolifico filone dei buddy-movies americani.
di Adriano Ercolani

Ryan Reynolds e Jason Bateman in una scena del film Cambio vita di David Dobkin.
Ryan Reynolds (Ryan Rodney Reynolds) (47 anni) 23 ottobre 1976, Vancouver (Canada) - Scorpione. Interpreta Mitch nel film di David Dobkin Cambio vita.

martedì 2 agosto 2011 - Approfondimenti

Il prossimo 5 agosto arriva nelle sale americane The Change-Up, che in Italia uscirà con il titolo Cambio vita; la commedia diretta da David Dobkin propone uno dei temi più sfruttati del genere: come si comporterebbero due amici nel caso finissero per scambiarsi i corpi? È quello che succede tra il playboy farfallone Mitch e l’annoiato padre di famiglia Dave. Le conseguenze saranno tanto devastanti quanto irresistibilmente divertenti.
A dare volto e sorriso ai due personaggi Ryan Reynolds e Jason Bateman, coppia che proverà a riproporre con efficacia gli stilemi più consolidati del cosiddetto buddy-movie, specificamente inteso come quel tipo di commedia in cui le frizioni tra i due protagonisti sono il perno fondamentale sia per la storia che per le situazioni più esilaranti (in senso più ampio, questo termine può in realtà svariare attraverso i generi e i toni).
E chi meglio di Reynolds e Bateman? Tanto il primo si sta infatti affermando nel panorama hollywoodiano come sex-symbol palestrato e un po’ guascone, tanto l’altro ha invece costruito la sua carriera sulla delineazione dell’americano comune. Riuscirà Cambio vita a confermare la funzionalità del binomio? Le premesse ci sono, soprattuto perché proprio Dobkin nel 2005 ci ha regalato con 2 single a nozze il più scatenato e divertente buddy-movie degli ultimi anni, complici Vince Vaughn e Owen Wilson.

Il periodo classico
La differenza di carattere, mentalità, atteggiamento nei confronti del mondo, oltre ovviamente a quella più propriamente fisica, è sempre alla base della riuscita delle storiche coppie comiche che hanno reso celeberrimo il buddy-movie. Nel periodo classico del cinema hollywoodiano duetti storici come Bob Hope & Bing Crosby, Jerry Lewis & Dean Martin, Bud Abbott & Lou Costello hanno basato la loro forza prorompente proprio sul contrasto dei rispettivi “caratteri”. Il loro tipo di comicità solitamente era basata sui lazzi istrionici e sulla fisicità assurda di uno dei due, a cui l’altro si contrapponeva come “spalla” più matura e affascinante. Meravigliosa eccezione erano Stan Laurel & Oliver Hardy, dissonanti e poetici “candidi” che a livello di mimica e ostruzione delle gag hanno fatto più di tuti gli altri tesoro delle lezioni del cinema muto, quello di Charlie Chaplin tanto per intenderci.
I meccanismi narrativi e il successo commerciale del buddy-movie fino a metà degli anni ’60 ha funzionato anche perché in qualche modo fungeva da contraltare ai generi di cinema, soprattutto il western, che molto spesso utilizzavano una coppia di protagonisti forte, carismatica, virile: pensiamo a Burt Lancaster e Kirk Douglas nelle loro numerose collaborazioni, oppure a John Wayne e ai suoi numerosi partner sul grande schermo.

Il duo più grande
Quando la struttura industriale del cinema classico è entrata in crisi, più o meno nel periodo sopra indicato, i generi hanno perso i loro contorni più solidamente definiti. Anche il buddy-movie ha dovuto reinventarsi, e lo ha fatto in maniera assolutamente straordinaria con la coppia formata da Jack Lemmon e Walter Matthau (e ovviamente con la partecipazione del genio che l’ha creata, Billy Wilder). Loro due più di chiunque altro hanno rappresentato con ironia, spesso anche con pungente sarcasmo, la nevrosi e i problemi socio-culturali dell’uomo contemporaneo. Candido e naïve Lemmon, cinico e contemporaneo Matthau, insieme hanno elaborato ogni possibile variazione sulle contraddizioni e le difficoltà di essere l’ordinary man, in una società che non garantiva più appigli sicuri. Se La strana coppia di Gene Sacks è la loro collaborazione più famosa, la più riuscita è senz’altro l’ancora oggi modernissimo Prima pagina, datato 1974.

La rivoluzione del nonsense.
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo l’idea di duo comico al cinema ha subito un altro fondamentale quando il gruppo di attori provenienti dal Saturday Night Live, dove si sperimentava un tipo di comicità molto più dissacrante, ha inserito all’interno delle dinamiche di coppia un elemento fragoroso come il nonsense più radicale, alla sua maniera molto vicino all’assurdo beckettiano. Pensiamo a John Belushi e Dan Aykroyd in The Blues Brothers, oppure a Bill Murray e Harold Ramis in Stripes – Un plotone si svitati: nel ritmo delle gag, nel tono delle battute, nella postura fisica, questi attori hanno inserito una componente di straniamento che non veniva adoperata con tanta energia dai tempi di Buster Keaton.
Chiudiamo la carrellata con i giorni nostri, dove a nostro avviso il binomio più affidabile per ridere sul grande schermo è composto da Ben Stiller e Owen Wilson. Anche se ancora non elevato al rango di vera e propria pietra miliare della Settima Arte come per molti dei nomi citati in precedenza, il duo sta dimostrando un notevole eclettismo, che va dalla comicità demenziale di Zoolander a quella più raffinata e malinconica de I Tenenbaum. Già, a proposito di malinconia e sorrisi più introspettivi: se volete davvero gustarvi la grandiosa capacità di far sorridere lo spettatore mettendo in scena la propria fragilità, tornate ad ammirare Paul Giamatti e Thomas Haden Church in Sideways di Alexander Payne.

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