Advertisement
Tatanka, il riscatto sociale passa dal ring

Clemente Russo in una storia ispirata al racconto di Roberto Saviano.
di Ilaria Ravarino

Il pugile Clemente Russo in una scena del film che lo vede protagonista, Tatanka di Giuseppe Gagliardi.
Clemente Russo (41 anni) 27 luglio 1982, Caserta (Italia) - Leone. Interpreta Michele nel film di Giuseppe Gagliardi Tatanka.

mercoledì 4 maggio 2011 - Incontri

Dal vivo, l’ex campione del mondo dei pesi massimi e oggi ct della nazionale di boxe Francesco Damiani è davvero grande come uno se lo immagina. Il suo corpo possente entra a fatica nello spazio cui la sala cinematografica lo costringe, le braccia muscolose compresse tra i braccioli, le mani da guantone che armeggiano con i piccoli tasti di un videofonino. Un gigante che non incute paura, ma una profonda tenerezza mentre riprende con il cellulare la prima conferenza stampa cinematografica della sua creatura, il pugile Clemente Russo, all’esordio da attore nel film Tatanka di Giuseppe Gagliardi al cinema dal 6 maggio: «Lo sapevo che se la sarebbe cavata anche come attore – dice Damiani sottovoce, mentre il regista, lo sceneggiatore Stefano Sardo e gli interpreti, Russo, Carmine Recano, il cantante Raiz e Giorgio Colangeli, riscuotono un lungo applauso all’entrata in sala – lui è uno poliedrico, suona, canta, balla. Si sa muovere bene, ma in fondo si è allenato: il ring è un grande palcoscenico». Distribuito in 189 copie, di cui 38 solo in Campania, l’uscita in sala di Tatanka (e non solo quella) ricorda da vicino il caso di Gomorra: due storie di camorra ambientate in Campania, girate nel segno del più crudo realismo, con molti attori non protagonisti ed entrambe ispirate dalla penna di Roberto Saviano, che del racconto "Tatanka", inserito nella raccolta Clemente, come tutte le persone che frequentano i templi della boxe, è un agnellino: picchia solo sul ring, mai nella vita. Ho sentito in lui un mix di forza e istinto e ho cercato di metterlo al servizio del film. Ma fin dai primi provini ero convinto che avrebbe fatto un buon lavoro: gli atleti come lui sono abituati a una disciplina straordinaria, e certo non si spaventano per 12 ore di set, anche se di notte, al freddo e sotto alla pioggia.

Quanto c’è, nel film, del racconto di Saviano?
Gagliardi: Il racconto è bellissimo nel modo con il quale descrive gli ambienti, gli stessi che abbiamo cercato, trovato e scelto come location: palestre sgarrupate con le docce distrutte e le porte divelte, ma ricche di una grandissima energia. Il racconto, e così il film, dicono che posti del genere possono diventare una reale alternativa alla criminalità: fare a cazzotti non è soltanto combattere contro un avversario, ma anche scegliere di imboccare una strada diversa.
Sardo: Il racconto di Saviano era tutto ambiente e poca narrazione: ci siamo sforzati di mantenere la cifra del realismo riproponendo una storia classica, di amicizia, iscritta nel genere del film sportivo. Abbiamo lavorato a sfrondare, nella prima stesura del soggetto c’era materiale per almeno cinque film.

Saviano ha visto il film? Che ne pensa?
Gagliardi: Sì, l’ha visto e gli è piaciuto, ma non è potuto venire qui oggi per motivi di sicurezza. Ha detto che si riconosce nel film e che l’idea che muoveva il suo racconto non è stata tradita. Mi ha fatto piacere, non tanto perché abbia il culto di Saviano quanto perché trovo che personaggi come lui, ma soprattutto le sue idee, debbano avere la giusta collocazione anche in questo mondo così deviato dello spettacolo.

Rispetto al racconto, nel film l’inferno sembra prevalere sulla bellezza. Perché?
Gagliardi: Perché volevo che lo spettatore arrivasse con il giusto stato d’animo al finale di speranza, dove la bellezza trionfa. Volevamo raccontare le palestre come baluardi di legalità attraverso le storie di chi in quei luoghi ci vive: era impossibile non spiegare anche l’inferno. Sarebbe stato come andare in ospedale e non parlare della malattia.

Il film ha rischiato di compromettere la carriera di Russo, che oltre ad essere un puglie è nell’arma: la polizia l’ha sospeso dal servizio.
Gagliardi: La polizia voleva che tagliassimo una scena del film, che non appartiene al romanzo di Saviano ma alla realtà. Si tratta di un evento accaduto in Sicilia, è la storia di un giovane, Salvatore Marino, scambiato per l’assassino di un poliziotto e torturato dalle forze dell’ordine fino alla morte. Ci interessava inserire questa scena all’inizio del film per raccontare il contesto in cui si sarebbe svolta la storia, e ci sembrava anche un evento molto rappresentativo di certe dinamiche del Sud Italia. Se avessimo dato retta alla polizia, ci saremmo dovuti censurare. E non l’abbiamo fatto.

Come hanno vissuto gli attori la collaborazione con i colleghi non professionisti?
Rais: Io faccio il cantante ma mi sento anche un po’ attore. Avevo una parte difficile nel film e poche scene a disposizione per costruire il personaggio, un cattivo non cattivissimo. Uno, insomma, che fa un certo tipo di lavoro: da noi al Sud quello del camorrista è un lavoro come un altro, non ha niente di romantico. Il mio camorrista in Tatanka è un imprenditore banalmente cattivo, un personaggio che in piccolo illustra tutta la tragedia della Campania.
Giorgio Colangeli: Mi sono trovato benissimo a lavorare con Clemente, rapido e creativo, in una parola sorprendente. È stata un’esperienza divertente ma dura, giravamo in una torrida estate a Marcianise, in un set solo apparentemente fuori controllo. Abbiamo girato sul posto, con i ragazzi del paese, ed è stato come un continuo training, un’esperienza che si prolungava dentro e fuori dal set, quasi un lavoro ininterrotto. Mi ha molto sorpreso la mitezza caratteriale di quei ragazzi, capaci ancora di chiamare il loro allenatore “maestro”.


IL RING: FRANCESCO DAMIANI E CLEMENTE RUSSO

Dal ring al set: un passaggio traumatico?
Russo: No, non direi. Se ho fatto un buon lavoro è comunque tutto merito di Giuseppe, che mi ha presentato agli altri attori e alla troupe una ventina di giorni prima di girare: tutti insieme sono riusciti a mettermi sulla giusta strada.

Lei quanto è diverso, nella vita, dal suo personaggio?
Russo: Io sono allegro, lui è molto cupo. Ma la sua storia è uguale a quella di tanti pugili che con lo sport si sono riscattati. Chi mangia pane e boxe da quando è piccolo, si somiglia.

Nella vita reale la boxe può diventare davvero uno strumento di riscatto?
Russo: Quando torno in Campania, e ormai succede sempre più raramente, vado in palestra e chiedo ai ragazzi come vedano il loro futuro. La risposta è sempre una: vogliono diventare come me. Io spero che questo film li aiuti a trovare la giusta determinazione. Anzi, gli auguro di superarmi.
Damiani: La boxe è uno sport per gente molto determinata. Il pugilato, soprattutto, insegna a controllare l’istinto: al giorno d’oggi questa è una qualità molto preziosa.

La boxe è uno sport in ascesa nei cuori degli italiani. Perché?
Damiani: Un po’ per i risultati dei ragazzi della nazionale, un po’ perché è uno sport salutare, un po’ perché va di moda. Oggi la boxe è cambiata dai miei tempi, come è successo al calcio. È diventata più moderna, più veloce, si è adeguata al ritmo della vita.

Russo, come ha risolto il suo problema con la polizia?
Russo: Tutto è cominciato perché la polizia non mi dava le autorizzazioni per girare: io faccio parte del gruppo sportivo delle Fiamme Oro, e alcune scene del film non erano gradite all’arma. Pur di andare sul set, ho provato il trucchetto di mettermi in aspettativa sindacale non retribuita. Il procedimento disciplinare però è andato avanti: per fortuna non mi hanno radiato ma solo sospeso per sei mesi. Senza stipendio. Almeno posso ancora allenarmi...

I suoi prossimi appuntamenti sportivi?
Russo: il 27 maggio disputerò la finale in Cina del Campionato mondiale WSB, valido per la qualificazione alle Olimpiadi di Londra. Sarò contro un pugile dell’Azerbaigian, la difficoltà è tutta nel fatto che lui è parecchio più alto di me.

Lascerebbe la boxe per il cinema?
Russo: No, ho ancora così tante soddisfazioni da togliermi sul ring! Ma se mi dovesse rimanere del tempo, un altro film lo farei.

Qual è il vostro film preferito sulla boxe?
Russo: Detesto guardare film sulla boxe. Non ho visto nemmeno quelli che mi ha consigliato Giuseppe.
Damiani: Non ho dubbi: Lassù qualcuno mi ama.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati