Advertisement
Un racconto crudele di giovinezza

Gus Van Sant celebra la vita attraverso il fascino per la morte.
di Roy Menarini

Henry Hopper (33 anni) 11 settembre 1990, Los Angeles (California - USA) - Vergine. Interpreta Enoch Brae nel film di Gus Van Sant L'amore che resta.

lunedì 10 ottobre 2011 - Approfondimenti

È davvero un peccato che L’amore che resta di Gus Van Sant sia stato distribuito in relativamente poche copie. Avrebbe certamente meritato di più, forse anche la chance di parlare a un pubblico più ampio, seducibile dalla sbilenca storia d’amore che il regista di Portland ha messo in scena. È vero anche che, nascosto nelle sale più piccole e d’essai, il film accresce la sensazione di un piacere a parte, che solamente un certo tipo di spettatori può apprezzare.
L’amore che resta ruota intorno a due elementi cari a Van Sant, ovvero il rapporto tra gioventù e morte, e l’inaccessibilità del mondo giovanile. Nel secondo caso, Van Sant ha girato almeno tre capolavori – Elephant, Last Days e Paranoid Park – incentrati proprio sull’impossibilità di comprendere spiriti diversi e separati dal mondo degli adulti. L’assedio cinematografico cui l’autore americano ha sottoposto i suoi protagonisti si è sempre rivelato perduto in partenza: per Van Sant i giovani, anche quando compiono gli atti più disarmanti, possono solo essere ascoltati, e mai giudicati. Sembra una formula da talk show, eppure nessuno – nemmeno tra i registi – lo sa più fare. Per ciò che riguarda invece l’aspetto della morte, essa entra in conflitto drammatico con la gioventù. Da una parte, è la negazione di quella energia fisica e intellettuale che Van Sant sembra amare più di ogni altra cosa nei propri personaggi. Dall’altra, costituisce un attrattore tragico, un vortice dal quale essi stessi – specie nei film citati – vengono risucchiati.
In tal senso, questa sua ultima opera appare segnata dalla morte in ogni sua parte. Un ragazzo scampato al decesso dopo un lungo coma, orfano dei genitori, ama una ragazza malata terminale, mentre si intrattiene col fantasma di un kamikaze giapponese e si imbuca ai funerali di sconosciuti per passare il tempo. Ci avesse messo le mani qualcun altro, L’amore che resta probabilmente avrebbe infoltito la schiera dei prodotti “indie” americani in stile Sundance, quelli in cui la bizzarria viene considerata qualità sufficiente a riempire un film. E invece Van Sant ne fa una sua piccola “danza di morte”, giocata però su toni ironici e leggeri, crepuscolari sì ma anche gioiosi. La celebrazione della vita attraverso il fascino per la morte, un racconto crudele di giovinezza che fa piangere solo dopo aver fatto molto ridere e molto appassionare all’esistenza.
Anche qui, come al solito, i giovani vivono un mondo loro, incomprensibile agli adulti, egoista e sfrontato, eppure pieno di una creatività senza pari. Solo il cinema, dice Van Sant, può raccontarlo, senza al solito spiegarne tutti i tratti. E il volto di Harry Hopper, attraversato dai guizzi dello sguardo paterno con una reviviscenza d’altri tempi, aggiunge pathos a un film che forse piacerà solamente a una nicchia di cinefili dal cuore tenero, ma che riconcilia per semplicità e trasparenza.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati