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Animazione, qualcosa sta cambiando

Da Wes Anderson a Verbinski, sempre più registi del cinema sono attratti dai cartoni.
di Gabriele Niola

In Rango di Gore Verbinski, tutto è fatto ad immagine dei western di Sergio Leone di cui si imita lo stile senza però citarne momenti e battute.

mercoledì 9 marzo 2011 - Focus

Rango, un cartone girato come un film
Che i cartoni animati moderni stiano diventando come i film non è solo una questione di trame dotate di livelli di lettura più adulti del solito, quella semmai è una conseguenza. Ciò che negli ultimi anni è cambiato nel mondo dell’animazione è il processo attraverso il quale si crea un cartone e adesso Rango è un nuovo pesantissimo tassello nella rivoluzionaria storia recente del mezzo.
Il film di Gore Verbinski appartiene ad una nuova emergente generazione di opere animate: i cartoni realizzati da chi cartoni non ne ha mai fatti. Film prodotti e disegnati al di fuori degli studios solitamente preposti e messi in piedi (creativamente) da team che poco hanno a che vedere con l’animazione.
Se il predecessore di tutti era stato Tim Burton con il suo Nightmare before Christmas (per il quale però si era affidato alle espertissime mani di Henry Selick), solo nell’anno passato abbiamo visto sia un autore tutto giacche di tweed in tinta con i pantaloni come Wes Anderson misurarsi con la stop motion in Fantastic mr. Fox, sia l’ipercinetico Zack Snyder portare i suoi ralenti alla storia di gufi battaglieri Il regno di Ga’Hoole. Entrambi realizzando opere fuori dai canoni convenzionali dell’animazione.

L’animazione che attira il cinema
Non solo la tecnologia e la computer grafica ma soprattutto un modo differente di pensare, organizzare e strutturare il lavoro. Questo in poche parole il segreto del prossimo passo che l’animazione sta per fare: superare i propri confini e diventare ciò che Verbinski ha sostenuto essere già, “Una tecnica e non un genere”.
Rango è un film che sarebbe stato impensabile da ideare all’interno degli studios, lo ha spiegato il regista in tutte le interviste e lo può capire chiunque già alla prima visione. I personaggi sono molto lontani dallo stereotipo cui ci hanno abituato i cartoni, anche i migliori tra loro. Sono brutti, distrutti, mutilati e ognuno dotato di una storia alle sue spalle. Come nei film sembrano essere tutti dei caratteristi.
Non solo, la trama di Rango attinge pienamente al cinema dal vero in una maniera che sarebbe stata impensabile solo 20 anni fa. Quando la Pixar con il suo Toy story iniziò la seconda gloriosa era dei cartoni animati fu subito evidente come la computer grafica consentiva di imitare il modo in cui si girano i film dal vero (fotografia, movimenti di macchina, montaggio, idee visive). La novità diede vita ad un’era di citazionismo imperante in ogni cartone, finita la quale ora lentamente l’animazione si sta accavallando con il cinema dal vero.
Non ci sono molte “citazioni” in Rango, tutto il film è fatto ad immagine dei western di Sergio Leone, richiamandone esplicitamente i luoghi comuni solo in poche occasioni. La simbiosi è frutto dell’imitazione del rapporto personaggio/paesaggio dell’autore italiano, dell’uso dei volti e del culto disilluso dell’eroe, non della ripetizione di battute note. Si imita lo stile, non se ne citano dei momenti.

Doppiaggi fuori dal comune
Come già Wes Anderson ebbe l’idea di fare, anche Verbinski per il suo Rango ha deciso di optare per un doppiaggio non convenzionale e più simile al lavoro che si fa con i film dal vero.
Invece che chiamare ad uno ad uno gli attori per leggere dei copioni in uno studio al buio guardando le immagini sullo schermo, regista, sceneggiatori, attori e una minitroupe ridotta all’osso sono andati a “girare” su un set costruito alla bene e meglio.
Anderson aveva messo George Clooney, Meryl Streep e tutti i suoi doppiatori nella vera casa di Roald Dahl per registrare l’audio in presa diretta (come ama fare per i suoi film), decidendo così che dal suono sarebbero dipese le immagini. Si racconta anche che il rumore di un aereo sorvolante il set al momento di una scena importante sia entrato nella registrazione e gli animatori abbiano dovuto aggiungerlo anche nel cartone per coerenza.
Verbinski non è arrivato a tanto e ha girato in un teatro di posa ma ha preteso che Johnny Depp, Abigail Breslin, Isla Fisher, Bill Nighy e tutti gli altri attori fossero in costume western, che corressero, rotolassero e facessero tutto quello che il ruolo prevede. L’idea è di fomentare l’improvvisazione, la creatività e mettere tutti nella condizione di non dover leggere davanti ad uno schermo ma dare un contributo unico e ogni volta diverso. Proprio come sui set.

Roger Deakins, l’uomo del cambiamento
Dopo Wall-e e Dragon trainer adesso Rango è la sua terza consulenza. Quello che con tutta probabilità è il più importante e influente direttore della fotografia in attività (le nove nomination agli Oscar a fronte di nessuna vittoria sono lì a dimostrarlo), nonchè braccio destro dei Cohen, sta diventando anche il più richiesto “visual consultant” per l’animazione, un ruolo che prima non esisteva, non in questa chiave almeno, e che è uno dei molti fattori chiave nella transizione verso una nuova idea di animazione.
Pixar, Dreamworks e ora anche Industrial Light and Magic (le matite virtuali di Rango), tutti grandi nomi che hanno rischiesto l’aiuto di Deakins per superare i limiti della fotografia nell’animazione e avvicinarla al meglio della fotografia reale. Il modo in cui in Wall-e viene imitata la presenza di una macchina da presa vera, le delicatezze di Dragon trainer e i tagli di luce di Rango sono solo alcuni esempi dei suoi meriti. È lui che i tecnici e gli animatori chiamano quando hanno un problema di illuminazione, a lui chiedono come si farebbe in un film dal vero o anche solo i trucchi per dare più vita ad una scena.
Può accadere che dica cose all’apparenza piccole, come per la scena dell’allenamento in Dragon trainer per la quale ha consigliato l’inserimento di pozzanghere a suggerire uno scroscio di pioggia appena passato e dare un certo feeling alla scena, o che gestisca tutta l’illuminazione di una sequenza come per la parte nel saloon di Rango (l’unico momento al chiuso di un film tutto spazi aperti). Fatto sta che il suo contributo si vede in termini di resa qualitativa globale.
Se i cartoni di oggi sembrano diversi e se influenzeranno quelli di domani, metà del merito è suo.

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