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Paul, autopsia creativa di un alieno

A colloquio con Anders Beer, supervisore all'animazione del film di Mottola.
di Marco Consoli

L'alieno Paul, protagonista dell'omonimo film d'animazione di Greg Mottola.

venerdì 3 giugno 2011 - Incontri

Nel cinema sempre più invaso da mostri da un altro pianeta, quasi sempre impegnati ad attaccare la Terra (World Invasion e i prossimi Monsters, Cowboys & Aliens, Super 8, Attack the Block), ecco che all’improvviso arriva Paul, extraterrestre mingherlino e sboccato, che dei terrestri non vuole proprio più saperne e non vede l’ora di tornarsene a casa il più presto possibile. Al centro di questa parodia che prende di mira il genere fantascientifico e i suoi fan, a distanza di quasi 30 anni da E.T., c’è la creatura digitale realizzata dalla Double Negative, la società già al lavoro sugli effetti visivi di Il Cavaliere Oscuro e Inception. Il supervisore all’animazione Anders Beer, californiano che ha abbandonato il sole per trasferirsi nella piovosa Londra, esegue per noi questa esclusiva “autopsia creativa” dell’alieno.

Come è nato Paul?
Fin dall’inizio gli sceneggiatori Nick Frost e Simon Pegg ci hanno detto che il volto doveva essere familiare alle platee, qualcosa a metà tra gli esseri di Incontri ravvicinati del terzo tipo e quelli delle foto pubblicate nelle riviste scandalistiche o sul web, e che avevano a che fare con i famosi avvistamenti dell’Area 51. Il personaggio è stato disegnato, seguendo queste indicazioni, dalla Spectral Motion (http://www.spectralmotion.com/), e a noi è toccato animarlo e definirne i dettagli.

Analizziamo il suo volto a partire dagli occhi.
Per gli occhi abbiamo fatto moltissime ricerche nel regno animale, soprattutto nel campo dei rettili, ma non si può dire che nel risultato finale vi sia nessuna diretta influenza, tranne che per le palpebre, copiate da quelle dei polli. Abbiamo eseguito moltissimi test: all’inizio si era pensato di creare degli occhi molto bui e profondi, perché richiamavano nel subconscio l’idea dell’alieno pericoloso venuto sulla Terra per rapirti. Però esprimevano solo malvagità e non erano adatti per un personaggio che doveva avere anche momenti di vulnerabilità. Quindi alla fine siamo arrivati al risultato di questi occhi pieni di vita, delicati ed espressivi. Il problema è stato trovare un equilibrio tra i due estremi e quindi per ogni specifica sequenza abbiamo usato diversi modelli e tonalità per gli stessi occhi: si passa da toni più scuri e minacciosi, come quando avviene il primo incontro, a momenti, come quello in cui Paul si scusa con Ruth, in cui è più vicino alla dolcezza del gatto con gli stivali in Shrek 2.

Vedendo il film si nota che i suoi denti sono veramente bianchi e perfetti!
Anche i denti e la lingua sono stati una bella sfida. Siamo partiti da denti tipici da alieno, molto affilati e scuri, in grado di trasmettere veri brividi di terrore. Però finiva per assomigliare troppo a una lucertola e quindi rischiava di non essere più attraente come personaggio. E poi abbiamo pensato che siccome aveva vissuto almeno a partire dagli anni ’50 negli Stati Uniti, doveva avere la dentatura di una star di Hollywood: chissà, magari durante tutto quel tempo, visto che è un avido fumatore, lo hanno portato a rifarsi tutto da un dentista di Beverly Hills!

Gli alieni non hanno cinque dita, perché non sono umani. Ma perché in questo caso avete optato per tre?
La decisione è stata presa a monte dagli sceneggiatori, ma naturalmente questo ha comportato una sfida per noi. Abbiamo dovuto immaginare come Paul avrebbe tenuto in mano vari oggetti: per esempio come avrebbe impugnato una sigaretta, visto che fuma un sacco. E visto che aveva dita molto lunghe abbiamo aggiunto un po’ di carne al modello, per non farlo sembrare uno scheletro. Per fortuna ci siamo accorti che passare da cinque a tre dita non avrebbe reso meno comprensibile la sua gestualità. E poi alcune battute, come quella della ciambella nel camper, sono venute pure meglio!

Paul non è uno spilungone. Come avete creato le sue gambette?
Per noi è stata una sfida. Le scene in cui si muove non sono state un problema, bastava farle muovere un po’ più velocemente delle gambe umane. Il vero problema derivava dalle sue proporzioni, perché quando stava seduto riusciva a incrociare lo sguardo degli attori, ma quando si alzava in piedi praticamente sembrava alto uguale! Per questo la maggior parte dell’interazione con gli altri personaggi avviene quando è seduto: al posto di guida del camper, sul divanetto, nel campeggio...

Paul lo avete creato voi: cosa si potrebbe trovare se gli si facesse un’autopsia?
Di solito per i personaggi digitali si crea una simulazione dello scheletro, poi della muscolatura e infine della pelle. E ogni sistema interagisce con gli altri, nel senso che quando il personaggio si muove, lo scheletro e i muscoli fanno altrettanto e la pelle scivola su questi ultimi, in nome di un effetto più realistico. Ma questo sistema richiede più tempo e inoltre gli animatori devono provare le diverse pose del personaggio per sapere quale sarà l’aspetto. Quindi abbiamo optato per una muscolatura leggerissima su spalle, braccia, gomiti, che è stata creata non come una vera e propria simulazione funzionante, ma come interventi mirati necessari a dare a Paul un po’ di volume. Per il resto se gli facessi un’autopsia scopriresti che è pelle e ossa.

A proposito: come avete lavorato alla sua pelle?
Tecnicamente è un alieno grigio, ma il grigio da solo comunica allo spettatore l’idea di un corpo morto. Per fortuna è un colore che attira tutti gli altri e quindi il suo aspetto nel film varia a seconda dell’illuminazione ambientale: può passare da momenti in cui è più verde, freddo e distante, a momenti in cui le sfumature arancioni, rosse, gli regalano un aspetto più umano. La sua pelle è leggermente traslucida e abbiamo creato una simulazione tale da riflettere della luce rosa sottocutanea, per evitare l’effetto Hellboy, altro film a cui ho lavorato, e dove le vene con sangue verde sotto pelle davano un aspetto troppo raccapricciante ai mostri. Ma abbiamo dovuto calibrare il rosa con molta cura: esagerando con troppo colore, Paul finiva per assomigliare a un bambino.

Anche Paul come molti alieni ha una testa molto più grande della nostra: quanto è grande il suo cervello?
È un genio, come si vede nel film, e grazie al suo enorme cervello riesce a usare superpoteri come l’invisibilità e la guarigione! No, in realtà sto scherzando: se uno scienziato gli aprisse la testa resterebbe molto deluso, perché in realtà è un guscio vuoto!
Al cine-scienziato impegnato nella cine-autopsia risulterebbe chiaro che se Paul riesce ad essere così credibile, divertente ed energico sullo schermo è perché il suo cervello è la somma di tutte le persone che lo hanno creato: dalla mente di Nick Frost e Simon Pegg, alla voce (in originale) di Seth Rogen, fino ad Anders Beer e alla squadra di animatori che gli hanno dato vita.

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