Che siano minacciosi o siano amichevoli gli alieni che vediamo al cinema negli ultimi anni inducono al viaggio, con loro, verso di loro o lontano da loro.
Il Paul di Greg Mottola spinge il duo, già in viaggio, Pegg e Frost a deviare il loro percorso turistico di siti di avvistamento alieni per un viaggio ugualmente on the road (per essere precisi su un camper) ma decisamente più pericoloso. Lo stesso capita con i mostri da un altro mondo di Monsters (in uscita a giugno nel nostro paese), con i tripodi dell’ultima Guerra dei mondi, con il forse alieno di Cloverfield (un viaggio tutto interno a Mahattan), con i marziani di Mars attacks, i gamberoni di District 9 e via dicendo.
L’ibridazione tra il cinema delle invasioni aliene e quello on the road sembra parlare di un modo tutto contemporaneo di guardare e immaginare gli eventi scatenati dalla scoperta della forma di vita “altra” per eccellenza. Non più la coalizzazione del pianeta o la lotta in un luogo particolare (da L’invasione degli ultracorpi a Ultimatum alla Terra fino a Independence Day) ma sempre un percorso da compiere da soli o in gruppi isolati al fine di completare un “viaggio” che è anche risoluzione del conflitto con l’alieno.
Addirittura anche World Invasion, blockbuster vecchio stampo uscito quest’anno, lungo tutto il suo svolgimento mostra i soldati intenti in un viaggio da un punto ad un altro utile alla sconfitta dell’invasore.

Alieno si, ma fino ad un certo punto....
A metà tra un extraterrestre da X-Files (si presenta fumando nell’oscurità) e un personaggio da film di Judd Apatow, Paul è l’ultimo di una lunga schiera di alieni positivi, personaggi che vengono da un altro pianeta senza la minima intenzione di nuocere a questo.
Precursore di tutti fu Klaatu di Ultimatum alla Terra (l’originale!), ecologista ante-litteram piovuto sulla Terra negli anni ‘50 con un amico robotico ben più minaccioso, ma comunque intenzionato a far progredire il nostro pianeta. Dopo di lui solo Spielberg.
E proprio al periodo tra anni ‘70 e ‘80 spielberghiani guarda Paul, proponendo però una versione totalmente caricaturale di quel modo di intendere “gli altri”, che sconfinano nell’annullamento delle differenze. Senza andare a scavare eccessivamente nel passato flimico come facevano Mars attacks o Mostri contro alieni, l’alieno di Paul non è una caricatura o una parodia, semplicemente non è un alieno. Dopo decenni passati sulla Terra Paul è di fatto uno di noi, si comporta come noi e secondo i nostri ritmi e a parte qualche potere che noi terrestri chiameremmo sovrannaturale è di fatto un umano. Segno che l’altro incontrato dai due personaggi è alieno solo per convenzione e che il film è semplicemente una commedia on the road.

Un meccanismo implacabile
La tecnica del film on the road è tanto semplice quanto implacabile: immettendo i personaggi in un percorso li si costringe ad avere un obiettivo da perseguire (ovvero il punto di arrivo che è sia fisico che metaforico) e persone o situazioni da incontrare. Ogni tappa un incontro diverso o una situazione differente che declina (e quindi mostra una volta di più) valori, idee e carattere dei protagonisti. Inoltre il movimento da un punto ad un altro è anche il modo migliore per spiegare il movimento interno dei protagonisti che cambiano in seguito agli eventi del film.
Accade così che in Paul, i due nerd che vivevano una specie di relazione esclusiva non omosessuale (anche se molte saranno le battute in merito durante la pellicola) usciranno molto cambiati dall’incontro con l’alieno del titolo. Cambiamenti che sono conseguenza degli incontri fatti, delle persone che si aggiungono al viaggio e della conoscenza dello stesso Paul. Come si conviene ad un film on the road.