Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires

L'amore a Buenos Aires la metropoli non-luogo dove regna la solitudine

Dovrebbe piacere soprattutto a un pubblico di venti-trentenni Medianeras, primo lungometraggio dell'argentino Gustavo Taretto a suo tempo ospite di vari festival importanti, da Berlino a Karlovy-Vary. Anche tra i registi c'è chi acquista le idee già pronte al supermercato e chi se le confeziona da sé, artigianalmente; attività più faticosa, ma spesso più redditizia. Taretto appartiene alla seconda categoria. Nato a Buenos Aires, sa che il nome della sua città è un bluff bello e buono: nonluogo per eccellenza, la metropoli è un concentrato di milioni di solitudini, un habitat asfittico e irrespirabile in cui web, telefonini, fibra ottica e tutte le altre innovazioni non fanno che separare la gente, fingendo di avvicinarla. I protagonisti Mariana (la bella Pilar Lopez de Ayala) e Martin (Javier Drolas) vivono come hikikomori giapponesi: lei, che è architetto ma non può costruire case, si cura i lividi di una relazione finita e arreda vetrine (altri nonspazi di perfetta alienazione); lui disegna siti, esce di casa solo per andare dall'analista, vegeta nel ricordo della ragazza che lo ha piantato per andare a New York, lasciandogli il suo cagnolino. Tramite chat, Martin incontra due giovani donne, una dogsitter bruna e una bionda plurilingue: le esperienze, però, non fanno che peggiorare il suo stato di estraneità. Quanto a Mariana, il tentativo di rispondere alla corte di alcuni uomini non produce alcun risultato. Mariana e Martin si incontrano una prima volta chattando; poi, complice un blackout elettrico del quartiere, in un negozio di candele. Però il loro reciproco "riconoscersi" avviene per istinto, in un finale che apre le porte alla speranza. Mariana ha sempre cercato, invano, un personaggio di nome Wally nella folla disegnata sulle pagine di un libro illustrato per bambini. Guardando dalla finestra crede di riconoscerlo in Martin e, d'impeto, corre incontro al ragazzo. Per tutto il film - dunque - Martin e Mariana si sfiorano inconsapevolmente; anche se vivono in minuscoli appartamenti vicinissimi, separati da muri ciechi (le "medianeras" del titolo). Poiché la sceneggiatura li destina l'una all'altro, e il film, prima amarognolo, vira verso la commedia sentimentale, variante "indie" americano, ma del migliore: tipo ( 5-00) giorni insieme . Altro ispiratore di Taretto è, dichiaratamente, Woody Allen: come si vede dal prologo alla Manhattan sugli edifici della città e da una scena dello stesso film (quella in cui Tracy dice a Isaac che starà sei mesi a Londra), che Mariana e Martin guardano in solitudine, commuovendosi. Bisogna soppesare un certo moralismo di fondo, quando il film demonizza le piattaforme digitali come agenti di solitudine e alienazione (salvo poi, in una delle scene più carine, far colloquiare i due in chat); però questo prodotto dell'emergente cinema argentino ha un grosso pregio: disegna in piani nitidi ed eleganti le architetture della città, gli interni, le strutture urbane mettendoli sempre in relazione con i personaggi e le loro azioni. Un esempio. Mariana ha la fobia dell'ascensore: quando un uomo la invita a cena, è disposta a farsi venti piani a piedi piuttosto che entrare nella trappola. Alla fine cambierà parere pur di non perdere l'appuntamento con l'amore. Negli affollati deserti metropolitani il destino, o "serendipity" che sia, va colto al volo.
Da La Repubblica, 2 ottobre 2014


di Roberto Nepoti, 2 ottobre 2014