pepito1948
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mercoledì 24 aprile 2013
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il ministro ed il coccodrillo
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Un coccodrillo in una spaziosa e lussuosa stanza ingoia una donna nuda. E’ questo l’incipit onirico che dà inizio alla vicenda di Bertrand, ministro dei Trasporti francese, alle prese con gli incubi del potere capace di divorare ogni cosa, compreso chi è indifeso e coperto solo della propria pelle. Svegliato nella notte da una telefonata che lo informa di un terribile incidente stradale con molte giovani vittime, si reca sul posto, vede da vicino la morte ed il sangue altrui, una visione scioccante che fuoriesce dai soliti riti che il suo ruolo gli impone. Ma, tornato nei ranghi, B. riprende il frenetico tran-tran dei rapporti con colleghi ed avversari politici, il cellulare è la sua gabbia, l’indispensabile mezzo per tessere trame, predisporre strategie, pianificare battaglie con il suo fedele ed efficiente staff.
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Un coccodrillo in una spaziosa e lussuosa stanza ingoia una donna nuda. E’ questo l’incipit onirico che dà inizio alla vicenda di Bertrand, ministro dei Trasporti francese, alle prese con gli incubi del potere capace di divorare ogni cosa, compreso chi è indifeso e coperto solo della propria pelle. Svegliato nella notte da una telefonata che lo informa di un terribile incidente stradale con molte giovani vittime, si reca sul posto, vede da vicino la morte ed il sangue altrui, una visione scioccante che fuoriesce dai soliti riti che il suo ruolo gli impone. Ma, tornato nei ranghi, B. riprende il frenetico tran-tran dei rapporti con colleghi ed avversari politici, il cellulare è la sua gabbia, l’indispensabile mezzo per tessere trame, predisporre strategie, pianificare battaglie con il suo fedele ed efficiente staff. Fiuta gli umori degli interlocutori che contano, gioca una difficile partita per l’obiettivo prioritario del momento. Sonda le possibili alleanze, verifica i rapporti di forza, consapevole della loro mutevolezza, manovra i fili delle sue marionette, a cominciare dal fidato capo di gabinetto, uomo capace e determinato di cui ammira l’integrità e la granitica propensione agli obiettivi prefissi. B. non disdegna le piacevoli digressioni da una routine defatigante e frustrante, ha un rapporto intenso con la comprensiva moglie, saltuariamente esagera con l’alcool. Frequenta anche persone ed ambienti opposti al suo: conosce un tipo spiantato e sempliciotto ma riservato ed onesto, si avvale della sua prestazione, resta affascinato dalla giovane moglie sarda, in cui ritrova la propria combattività. Ma le vie laterali ritornano sempre sulla via principale, i giochi (di potere) riprendono con il solito turbinio, cambiano le strategie ed i piani di azione, così come gli obiettivi. Un giorno, per un atto di tracotanza, B. vede di nuovo da vicino la morte ma questa volta il sangue è il suo, ne esce per miracolo, la sua popolarità dopo una fase di appannamento risale, e nuove prospettive di carriera si aprono al massimo livello. Le strategie sulla scacchiera sono radicalmente mutate; Bertrand risale sul treno del successo, altri ne scendono. E tutto ricomincia.
Ci sono molti modi di descrivere il mondo della politica e dei suoi protagonisti. Nel cinema italiano ciò è avvenuto spesso, ma attraverso forme espressive indirette come la satira, la caricatura, l’apologo favolistico, oppure l’accentuazione iperbolica dei caratteri (come nel Portaborse con Moretti); come se descrivere la realtà delle cose nella loro contraddittorietà e complessità effettive fosse un tabù. Il regista Pierre Schoeller sceglie invece questa via (la presenza tra i produttori dei fratelli Dardenne è sintomatica), entrando nel vivo di un personaggio che diventa persona, identificandosi in un realistico uomo di potere francese, tallonato dalla mdp nelle gesta quotidiane che zigzagheggiano nel mare confuso e cangiante dei rapporti politici, in cui gli ideali traballano come vetro tra ferro su un fuori strada lanciato a tutta velocità, ed il volante è in continuo movimento. B. si muove freneticamente come ameba lungo il labile confine tra realpolitik e opportunismo, debordando da una parte e dall’altra e selezionando di volta in volta l’interesse da perseguire, pronto a sostenerlo fino al prossimo scostamento dell’equilibrio raggiunto. Schoeller non dà un giudizio netto sul personaggio, non alimenta i luoghi comuni sul politico corrotto e senza ideali o senza “umanità”, ma ne traccia un identikit composito freddo e realistico da offrire alla libera lettura dello spettatore. L’intento dell’autore è anche il limite del film, che non scalda e lascia emotivamente indifferenti, sconcerta con i suoi repentini riposizionamenti ed il tecnicismo di certi passaggi verbali. Ma il film, incidendo come bisturi nella carne viva del potere e mostrandone gli aspetti più disparati, ci fa riflettere e ci induce a guardare con occhio più attento alla realtà odierna. Che sia francese o italiana non fa molta differenza.
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renato volpone
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martedì 23 aprile 2013
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dovere di stato
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Quanto mai attualissimo questo film dove " il Ministro" deve sopravvivere in un mondo in crisi: "ho migliaia di contatti nella rubrica, ma nemmeno un amico". Pseudo amici che non esita ad eliminare appena non gli fanno più comodo, andando alla ricerca di altri "feudi" da dominare con un fare da monarca assoluto. Personaggi che ruotano attorno ad uomo di potere solo e inattaccabile, pronti a sottoporgli discorsi, trovare soluzioni, coprire vergogne. Un uomo ritratto nelle sue debolezze oppure al bagno nel momento più intimo, così uomo, ma anche così lontano dagli uomini. Una descrizione minuziosa della politica e dei posti chiave di un governo dove non bastano le buone intenzioni e il pensiero democratico per fare "il bene del Paese", ma ci vogliono compromessi, voltafaccia, epurazioni.
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Quanto mai attualissimo questo film dove " il Ministro" deve sopravvivere in un mondo in crisi: "ho migliaia di contatti nella rubrica, ma nemmeno un amico". Pseudo amici che non esita ad eliminare appena non gli fanno più comodo, andando alla ricerca di altri "feudi" da dominare con un fare da monarca assoluto. Personaggi che ruotano attorno ad uomo di potere solo e inattaccabile, pronti a sottoporgli discorsi, trovare soluzioni, coprire vergogne. Un uomo ritratto nelle sue debolezze oppure al bagno nel momento più intimo, così uomo, ma anche così lontano dagli uomini. Una descrizione minuziosa della politica e dei posti chiave di un governo dove non bastano le buone intenzioni e il pensiero democratico per fare "il bene del Paese", ma ci vogliono compromessi, voltafaccia, epurazioni. La tristezza della lontananza dalla buona famiglia, dai buoni propositi e dalla coerenza nonostante tutto: chi rimane fedele alle proprie opinioni e principi verrà punito, scacciato, schiacciato. Non c'è posto per l'umana sofferenza e per il libero pensare. Un ministro, un uomo di potere, un uomo che non beve acqua, quasi potesse lavare via la sua maschera di falsa umanità
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gianleo67
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mercoledì 11 giugno 2014
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tra le fauci del caimano
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Pochi giorni nella tumultuosa e frenetica vita del ministro francese dei trasporti, dal brusco risveglio nel cuore della notte per un tragico incidente nelle Ardenne con molte vittime innocenti alle trame di partito che vorrebbero coinvolgerlo in una impopolare riforma ferroviaria fino all'abile svicolamento finale di un cambio di deleghe per una provvedenziale investitura presidenziale.
Dalla mano abile dello sceneggiatore televisivo Pierre Schöller, qui anche 'directeur', e sotto l'egida produttiva dei fratelli Dardenne, questa singolare e bizzarra produzione franco-belga ad uso e consumo del festival di Cannes (Official Selection 2011: Un Certain Regard), è l'inconsueta incursione nei misconosciuti territori di un potere politico che si muove furtivo nel dietro le quinte di una millanteria istituzionale dove l'interesse pubblico soccombe di fronte alla indiscutibile abilità di un esercizio superficiale e subdolo, laddove tra incompetenza conclamata e cinica malafede si reggono le sorti di milioni di belligeranti ma impotenti cittadini.
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Pochi giorni nella tumultuosa e frenetica vita del ministro francese dei trasporti, dal brusco risveglio nel cuore della notte per un tragico incidente nelle Ardenne con molte vittime innocenti alle trame di partito che vorrebbero coinvolgerlo in una impopolare riforma ferroviaria fino all'abile svicolamento finale di un cambio di deleghe per una provvedenziale investitura presidenziale.
Dalla mano abile dello sceneggiatore televisivo Pierre Schöller, qui anche 'directeur', e sotto l'egida produttiva dei fratelli Dardenne, questa singolare e bizzarra produzione franco-belga ad uso e consumo del festival di Cannes (Official Selection 2011: Un Certain Regard), è l'inconsueta incursione nei misconosciuti territori di un potere politico che si muove furtivo nel dietro le quinte di una millanteria istituzionale dove l'interesse pubblico soccombe di fronte alla indiscutibile abilità di un esercizio superficiale e subdolo, laddove tra incompetenza conclamata e cinica malafede si reggono le sorti di milioni di belligeranti ma impotenti cittadini.
Basato su di un impianto che agita lo spettro di un incombente crepuscolo giacobino e facendo leva sulla sprezzante ironia di un registro grottesco ed a tratti onirico, il film di Schöller appare però viziato dalla ineludibile ideologia di un didascalismo verboso e moraleggiante, attraversato da personaggi ridicoli e giullareschi che abdicano facilmente alla verosimiglianza di una dimensione realistica per farsi icone e simboli della dissennata stupidità del potere, per rappresentare più i perversi meccanismi di un equilibrio politico di sottotrame occulte e sondaggi d'opinione che la pervasiva invadenza di una più credibile regia istituzionale od economica. Non tanto insincero per la natura stessa di comportamenti e strategie pubblicistiche dove finiscono per essere centrifugati sia le tragedie della strada cinicamente strumentali al gioco dei potenti che le contromosse di un apparato plutocratico di ineffabili boiardi di stato in grado di condizionare in modo sotterraneo la vita pubblica, il film di Schöller finisce per ricondurre l'astrattezza della materia narrativa agli esiti già visti di una distorsione grottesca dei meccanismi del consenso ('The Candidate' (1972) - Michael Ritchie e 'Il Portaborse' (1991) - Daniele Luchetti) ed al naturale nichilismo etico che rappresentano uno dei limiti intrinseci per operazioni del genere. Apprezzabile più sul versante della scrittura che su quello della messa in scena (memorabile il discorso di commiato che Gourmet recita a fior di labbra per le esequie funebri del suo sfortunato stagista-disoccupato) è un film dove la parola surclassa abbondantemente l'immaginario figurativo (la scena della donna nuda che si infila tra le fauci del caimano è un dejavù che sembra scimmiottare tanto Bunuel quanto facili metafore surrealiste). Degna di nota la buona caratterizzazione di un Olivier Gourmet costantemente sopra le righe cui fa da contraltare la compassata e imperturbabile maschera del superlativo Michel Blanc.
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filippo catani
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venerdì 15 maggio 2015
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niente di nuovo
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Il ministro dei trasporti francese viene svegliato in piena notte per recarsi sul luogo di un terribile incidente stradale. Da quel momento l'uomo sarà al centro dell'attenzione mediatica anche per altri progetti che ha in cantiere.
In questi anni in cui stiamo sentendo sempre più forte il ruggito dell'antipolitica e in cui impera Frank Underwood un film del genere non può lasciarci sorpresi e forse è proprio questo alla lunga a non convincere di questa pellicola. Il film ci mostra la solitudine e le ambiguità di molti politici che arrivano a certi livelli di carriera. L'unico approdo sicuro per il ministro è il suo ormai disincantato capo di gabinetto visto che anche la moglie ormai lo sente sempre più lontano.
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Il ministro dei trasporti francese viene svegliato in piena notte per recarsi sul luogo di un terribile incidente stradale. Da quel momento l'uomo sarà al centro dell'attenzione mediatica anche per altri progetti che ha in cantiere.
In questi anni in cui stiamo sentendo sempre più forte il ruggito dell'antipolitica e in cui impera Frank Underwood un film del genere non può lasciarci sorpresi e forse è proprio questo alla lunga a non convincere di questa pellicola. Il film ci mostra la solitudine e le ambiguità di molti politici che arrivano a certi livelli di carriera. L'unico approdo sicuro per il ministro è il suo ormai disincantato capo di gabinetto visto che anche la moglie ormai lo sente sempre più lontano. L'uomo allora cercherà di imbastire una sorta di rapporto con il nuovo autista di cui toccherà con mano la non felice esistenza. Alla fine però per continuare la propria carriera politica tutto è sacrificabile specialmente affetti e sentimenti e si ritornerà tra le braccia della solitudine. Insomma fatta salva l'ottima interpretazione di Gourmet si può dire che non ci sia niente di nuovo sotto il sole.
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dario
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lunedì 29 giugno 2015
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piatto
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Ottimi gli attori, ma sceneggiatura e regia povere. Ritmo scarso, storia scontata (il potere vince tutto, condiziona persino chi lo possiede) e un po' di presunzione. Si può raccontare poco, ma quel poco deve avere per lo meno una certa articolazione.
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stefanoadm
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mercoledì 5 febbraio 2014
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parabola della solitudine
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C’è tanta solitudine nelle stanze dei bottoni. Ci sono, fra i potenti, uomini e donne che nelle tragedie limano i discorsi, tolgono aggettivi. Leader alleati competono fra loro. Carriere e aspirazioni si confrontano con la precarietà dei rapporti, con alchimie sfuggenti, con la volubilità del caso.
Il Ministro di Schoeller vive il tutto con naturalezza, conosce le regole e i meccanismi, li accetta. Sa anche che il Fato è più forte del Governo. Sa che la personale capacità di resistenza, di autotutela e di attacco, pur esercitata con ostinazione, può poco. Dunque lo si accetta, il Fato. Gli si va incontro. Un incidente a un pullman, qualche manciata di morti e il Ministro, senza una spiegazione, va sul posto.
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C’è tanta solitudine nelle stanze dei bottoni. Ci sono, fra i potenti, uomini e donne che nelle tragedie limano i discorsi, tolgono aggettivi. Leader alleati competono fra loro. Carriere e aspirazioni si confrontano con la precarietà dei rapporti, con alchimie sfuggenti, con la volubilità del caso.
Il Ministro di Schoeller vive il tutto con naturalezza, conosce le regole e i meccanismi, li accetta. Sa anche che il Fato è più forte del Governo. Sa che la personale capacità di resistenza, di autotutela e di attacco, pur esercitata con ostinazione, può poco. Dunque lo si accetta, il Fato. Gli si va incontro. Un incidente a un pullman, qualche manciata di morti e il Ministro, senza una spiegazione, va sul posto. Un blocco stradale, una protesta dei sindacati, e il Ministro affronta i lavoratori, esce dall’auto e offre garanzie su qualcosa che forse non conosce nemmeno vagamente.
Ma nella vita privata lo soffre, il Ministro, questo andare incontro al destino. Sogna una donna nuda e bellissima che, in una stanza dorata, si da’ in pasto a un mostro. Gli affetti tradizionali sono trascurabili, sacrificati. Solo di rado elemosinano un po’ di conforto. Così il Ministro cerca compagnia nell’autista di turno. Ma il Fato gli toglie il collaboratore e mette a repentaglio la sua vita. Quando torna sulla breccia insieme al capo del suo staff, amico ritrovato, una decisione imposta dall’alto, come un fulmine a ciel sereno, lo separa dal consigliere.
Il film di Schoeller è una parabola amara, algida, ben costruita e ben recitata. Nella quale il Potere, imprevedibile, spesso incomprensibile, dispone di concetti, relazioni e uomini. Li usa, li butta via, li sostituisce senza che si levi una parola di protesta. Perché il Potere isola. Il Potere è solitudine.
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