“Il coraggio è dominare i propri errori, soffrirne ma senza venirne schiacciati e proseguire il proprio cammino.
Il coraggio è amare la vita e guardare la morte con occhi tranquilli, è ricercare l’ideale cercando di capire il reale …”
Jean Jaurés (Discorso ai giovani, 1903)
Il coraggio di certo non manca al cinquantenne Michel, operaio portuale e stimato sindacalista marsigliese.
Anche se non ne è obbligato non esita a inserire il proprio nome nella lista da cui verranno estratti a sorte venti lavoratori da licenziare a causa della grave crisi in cui versa il cantiere navale. Il ritrovarsi all’improvviso
disoccupato per Michel è un colpo duro ma non drammatico. Trent’anni di lotte sindacali all’insegna della giustizia sociale e della solidarietà operaia gli danno la forza per affrontare la nuova condizione con grande dignità e serenità. Se nel lavoro la figura di riferimento che ha accompagnato la sua formazione è il padre del socialismo francese Jean Jaurés, spesso citato, l’altra colonna della sua vita è rappresentata dall’amata moglie Marie Claire, dai due figli e dai nipoti che adora. Nell’anniversario dei trent’anni di matrimonio la famiglia, i compagni di lavoro e gli amici si stringono attorno alla coppia e con una colletta regalano loro il viaggio sognato per tutta la vita, in Tanzania alle pendici del Kilimangiaro. La felicità di Michel e Marie Claire sembra ritrovata, scandita da lavoretti occasionali, dalle grigliate festive e dall’affetto dei nipoti. Un altro evento imprevisto, però, travolge la tranquillità dei due coniugi, e questa volta il trauma è veramente forte. Una sera due rapinatori incappucciati entrano in casa con le pistole in pugno, picchiano e umiliano Michel, legano marito e moglie e i due cognati con cui stavano giocando a carte e li rapinano dei loro beni, tra cui i soldi per il viaggio in Africa, obiettivo evidente della rapina. Ma il vero shock non è legato all’atto criminale, seppur violento e brutale, quanto alla casuale scoperta, pochi giorni dopo, che uno dei rapinatori è un ex-operaio del cantiere, uno dei ragazzi più giovani tra i venti operai rimasti disoccupati per il fatale sorteggio. Tormentato dal dubbio se denunciarlo o meno, specialmente dopo aver scoperto che Christophe si prende cura da solo dei due fratellini, Michel decide di rispettare la legge, lo denuncia e lo fa arrestare. Il mondo in cui credeva, però, gli crolla addosso.
La solidarietà e i valori per cui ha lottato per tutta la vita vacillano, i sensi di colpa lo dilaniano. Non gli basta la giustizia legislativa, per uscire dal senso di frustrazione e di impotenza in cui si trova vuole e deve capire. Nel tentativo di comprendere e di ricostruire la vicenda Michel e Marie Claire compiono un percorso “catartico”, un viaggio interiore in cui si confrontano sul senso e sul valore autentico del perdono, riuscendo a riaffermare, nel bellissimo finale, non tanto la solidarietà sindacale o di classe, oramai scomparse, quanto la solidarietà intima e personale vissuta quotidianamente con azioni concrete.
Ispirato dal poema di Victor Hugo Les pauvres gens (La povera gente), il regista francese Robert Guédiguian con Le nevi del Kilimangiaro è tornato a girare un film nella sua Marsiglia, realizzando una commedia sociale con i temi che da sempre caratterizzano il suo cinema : il proletariato e le classi disagiate.
Il tocco di Guédiguian, però, non è cupo né eccessivamente drammatico, Le nevi del Kilimangiaro è piuttosto una commedia neo-realista, intensa e convincente. Parla di idealità senza scadere mai nella retorica, della crisi economica e del conflitto generazionale senza banalizzare o semplificarne i contenuti.
Merito prima di tutto di personaggi “veri”, autentici, con facce credibili, interpretati da ottimi attori come Jean Pierre Darroussin e Ariane Ascaride. Anche il rapinatore Christophe non è un personaggio del tutto negativo, pur con disprezzo e cinismo quando si confronta con Michel non dice cose sbagliate, le sue parole e il suo odio riescono a fare comprendere a Michel la distanza tra il suo mondo e quello delle nuove generazioni.
La frattura generazionale non risparmia nemmeno i figli di Michel, seppur cresciuti con l’esempio del padre e con una buona posizione sociale appaiono ripiegati nel loro “privato” e non comprendono il bisogno dei genitori di relazionarsi attivamente con la società.
Con una sceneggiatura articolata e ben costruita Le nevi del Kilimangiaro affronta tematiche attualissime e offre molti spunti di riflessione, sulla crisi del mondo del lavoro, sulla perdita dei diritti conquistati in decenni di lotte sindacali, sullo smarrimento della generazione dei padri che non sa capire quella dei figli.
In quest’epoca di rassegnazione e disillusione quello che tormenta Michel e Marie Claire è il bisogno di capire. Comprendere se ciò per cui hanno lottato per tanti anni abbia ancora senso o meno. La loro risposta, commovente e non priva di speranza è ricominciare dalla solidarietà, soluzione valida tanto nella società odierna quanto nella Francia della povera gente di Victor Hugo.
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