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La kryptonite di Cotroneo

Al Festival di Roma, il lavoro del regista napoletano convince pubblico e critica.
di Elisabetta Pieretto

Il cast del film La kryptonite nella borsa al photocall.
Luca Zingaretti (62 anni) 11 novembre 1961, Roma (Italia) - Scorpione. Interpreta Antonio nel film di Ivan Cotroneo La kryptonite nella borsa.

giovedì 3 novembre 2011 - Incontri

La proiezione stampa de La kryptonite nella borsa ha registrato il sold out, cosa accaduta per pochi altri film in concorso: l'attesa per il debutto alla regia di Ivan Cotroneo è alta. Alla conferenza stampa la squadra si presenta al completo, compatta perché, come diranno gli intervenuti più volte nel corso dell'incontro, l'esperienza sul set è stata a tal punto rassicurante da sentirsi una vera famiglia. Oltre a Ivan Cotroneo ci sono il piccolo e bravo Luigi Catani, scelto tra oltre cinquecento bambini per interpretare il ruolo di Peppino attraverso i cui occhi è vista tutta la storia, Luca Zingaretti e Valeria Golino, rispettivamente papà e mamma di Peppino, Cristiana Capotondi e Libero De Rienzo, i due zii hippy, e Fabrizio Gifuni, qui nel ruolo di psichiatra cui si rivolge Rosaria (la Golino) nel momento di crisi. Serrano le fila Francesca Cima e Nicola Giuliano per Indigo Film e Carlo Brancaleoni per Rai Cinema.

Come è nata l'idea di esordire alla regia con un film tratto da un tuo libro?
Cotroneo: Inizialmente dovevo solo scrivere la sceneggiatura. Quando poi ci trovavamo a parlare della messa in scena con Monica e Ludovica, le due co-sceneggiatrici, e Francesca (Cima) e Nicola (Giuliano), continuavamo a parlare di un "ipotetico regista" e più andavamo avanti più cresceva una certa vaghezza intorno alla scelta di chi avrebbe potuto farlo. Un giorno Francesca e Nicola mi hanno detto "ma perché non lo dirigi tu il film? Hai le idee molto chiare sulla messa in scena". E da lì è partito tutto. Li ringrazio per l'estrema fiducia che mi hanno dato.

In questo film colpisce lo sguardo che hai sulle donne
Cotroneo: Mi appassionava l'idea di avere uno sguardo su tre generazioni di donne inevitabilmente legate al tempo dal quale provengono e che si pongono in modo differente rispetto ai cambiamenti dell'epoca che stanno vivendo: Carmela, Rosaria e Titina, rispettivamente nonna, mamma e zia giovane di Peppino. Le donne sono centrali in questa storia anche perché la sceneggiatura, pur essendo tratta dal libro omonimo, l'ho scritta con due donne, Monica Rametta e Ludovica Rampoldi.

Come avete lavorato sui personaggi?
Golino: Sinceramente non me lo ricordo e non perché lavori così tanto da dimenticarmi i ruoli, di solito scelgo di lavorare solo con le persone che stimo, come Ivan. In questo set mi sono sentita così protetta che ho potuto liberarmi delle solite preoccupazioni estetiche che un attore ha verso il proprio personaggio; era come stare in famiglia. Mi sentivo libero, certa che lo sguardo di Ivan mi avrebbe abbellito.
Zingaretti: Non posso che associarmi a quanto dice Valeria. È stata un'esperienza professionale e umana davvero bella, poche volte capita di lavorare su una sceneggiatura così ben scritta, dove ogni personaggio ha un suo spessore e una scena madre nella quale potersi esprimere fino in fondo. Ivan è un uomo di grande curiosità. Mi ha divertito dare vita a un uomo degli anni Settanta così ben fotografato.
Capotondi: Anche il mio personaggio vive una sua personale evoluzione, da ragazza hippy e anticonformista finirà per amore con il dover accettare un percorso canonico.
Gifuni: Sul set ci sono stato poco, solo tre giorni, ma mi sono bastati per sentirmi avvolto da una bolla in cui mi sono lasciato andare. Ivan riesce a trasmettere una serenità estrema a tutti i reparti.

Perché hai voluto ambientare la storia all'interno degli anni Settanta, focalizzando in modo così dettagliato quell'epoca?
Il libro che ho scritto e da cui è tratto il film ambienta la storia nel 1973. Sono gli anni in cui sono stato bambino e mi serviva per avere maggiore aderenza nel raccontare il mondo visto attraverso gli occhi del giovane protagonista. Erano anni liberi, in cui ancora non c'erano gli status symbol a condizionarci. Fare un film in quell'epoca significa fare un film in costume; non mi interessava costruire la storia su un ricordo, volevo renderli il più reale possibile. Tutto doveva concorrere a ricostruirli in modo dettagliato, scenografia, costumi, luci, acconciature, senza nostalgia o rimpianto. Di quegli anni mi interessava soprattutto la possibilità del cambiamento, il contrasto fra le nuove idee di libertà e la presenza a volte condizionante della famiglia.

Luigi, quanto ti assomiglia Peppino?
Molto. Nella fantasia però.

Superman è un personaggio chiave nella storia, che permette di passare con una certa omogeneità dal mondo reale a quello immaginario. Ci racconti di più di lui?
Sì, per me è un personaggio chiave. Apre e chiude il film, è a lui che affido il discorso finale fatto a Peppino, il più importante, quello sulla diversità, che mi sta molto a cuore. Il messaggio sotteso per tutti i personaggi è che la ricerca della felicità non è facile e costa fatica. Ognuno di loro dovrà faticare per provare a essere felice, non solo Peppino: Titina dovrà accettare l'idea di una nuova famiglia, Salvatore si porterà forse dentro il rimorso di non aver aiutato il cugino, Rosaria e Antonio dovranno lottare ancora per risaldare il loro rapporto. In tutto questo, Superman è anche la vera vittima del film, è quello che ha pagato con la vita l'affermazione di se stesso.

La Indigo dimostra ancora una volta che ha fiuto per le opere prime. Come fate?
Cima: Forse abbiamo qualcosa di profondamente inconscio, tipo un fiuto. Ci piace la sfida legata al lancio di un esordiente, scommettere sul progetto; quando decidiamo di adottarlo lo trattiamo alla stessa stregua degli altri nostri progetti, con lo stesso sforzo produttivo. Cerchiamo di affidargli un impianto produttivo solido. In questo caso l'incontro è stato casuale. Abbiamo scoperto il libro, abbiamo cercato di acquisirne i diritti scoprendo che li aveva Ivan. Da lì è partito tutto.

Si dice che chi cresce in una famiglia napoletana, cresce immerso nel teatro. Quanti di questi personaggi sono vicini ai suoi parenti?
Molti. Quelli più autobiografici sono Titina e Salvatore: da bambino mi affidavano spesso a due miei zii giovani che mi iniziavano a esperienze abbastanza inusuali per un bambino.

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