gianleo67
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martedì 30 maggio 2017
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peppino peppino, figlio dell'amore...
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Nella Napoli degli anni '70, Peppino Sansone è un bambino occhialuto e sensibile accudito con amorevole condiscendenza da una famiglia eccentrica e pittoresca; tra zii bamboccioni, nonni intemperanti e genitori apprensivi, il ragazzo è particolarmente attaccato allo stralunato cugino Gennaro, giovane disadattato che indossa una mantellina rossa e si crede Superman. Quando Gennaro finisce sotto un autobus, Peppino lo farà rivivere grazie alla sua fervida fantasia ed al bisogno di un amico immaginario che lo aiuti ad affrontare le insidie di un ambiente familiare decisamente sopra le righe.
Adattando il suo omonimo romanzo, il napoletano Cotroneo scrive e dirige una commedia di formazione perennemente in bilico tra gli eccessi del racconto fiabesco ed il realismo della ricostruzione d'ambiente, assumendo come soggetto centrale della narrazione quella di un bambino che per grazia e sensibilità deve farsi carico delle manchevolezze e dei pregiudizi che albergano in una ambiente familiare segnato dagli egoismi e dalle incomprensioni, dalla superficialità e dai desideri inespressi, dalle palesi discriminazioni e dalle silenti recriminazioni.
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Nella Napoli degli anni '70, Peppino Sansone è un bambino occhialuto e sensibile accudito con amorevole condiscendenza da una famiglia eccentrica e pittoresca; tra zii bamboccioni, nonni intemperanti e genitori apprensivi, il ragazzo è particolarmente attaccato allo stralunato cugino Gennaro, giovane disadattato che indossa una mantellina rossa e si crede Superman. Quando Gennaro finisce sotto un autobus, Peppino lo farà rivivere grazie alla sua fervida fantasia ed al bisogno di un amico immaginario che lo aiuti ad affrontare le insidie di un ambiente familiare decisamente sopra le righe.
Adattando il suo omonimo romanzo, il napoletano Cotroneo scrive e dirige una commedia di formazione perennemente in bilico tra gli eccessi del racconto fiabesco ed il realismo della ricostruzione d'ambiente, assumendo come soggetto centrale della narrazione quella di un bambino che per grazia e sensibilità deve farsi carico delle manchevolezze e dei pregiudizi che albergano in una ambiente familiare segnato dagli egoismi e dalle incomprensioni, dalla superficialità e dai desideri inespressi, dalle palesi discriminazioni e dalle silenti recriminazioni. Un po' racconto morale, un po' commedia di costume, è un insolito oggetto cinematografico che fa rivivere gli echi di un garbato autobiografismo sotto le mentite spoglie di una sensibilità tragicomica che agisce per contraddizioni e delicati slanci poetici, presentandoci un campionario umano che si arrabatta e che vive con difficoltà un momento di transizione dall'arretratezza di una società patriarcale ad un brusco e confuso mutamento dei costumi (la rivoluzione sessuale, il femminismo, la crisi coniugale). Decisamente sfilacciato e acerbo dal punto di vista narrativo, vive una sua originalità naive nell'alternanza dei riusciti siparietti di una garbata comicità regionalistica (E' stato il figlio) e il delicato flusso di coscienza di una sensibilità umana che agisce attraverso l'empatia e la saggezza del non detto (L'argent de poche), istruendoci sul valore della fantasia e della tolleranza come armi di difesa contro la stupidità e di educazione alla valorizzazione della diversità: il piccolo Peppino è un bel bambino, socievole e intelligente che gli zii vedono come brutto, i compagni di scuola discriminano ed i genitori trattano con eccessiva condiscendenza, ma che saprà vedere nell'eccentrica mitomania del cugino 'supereroe' il geniale stratagemma di una saggezza fanciullesca che comprenda le difficoltà degli adulti (lo zio beota che studia da 5 anni per il primo esame universitario, l'omosessualità inconfessata di Gennaro, l'apatica contestazione della madre cornificata) e lo aiuti a superare le proprie, magari liberandosi dell'invadente presenza di una triplice e ingombrante figura materna (biologica, celeste, pedagogica) che è un po' come la kryptonite (nella borsa) per Superman! Gustosi gli inserti musicali tra hit internazionali (These Boots Are Made for Walkin' , Life on Mars?, Lust for Life, Aquarius) e melodici nostrani (Quand'ero piccola, Nun è peccato) che sottolineano con ammicante senso cinematografico il gusto del tempo ed altrettanti momenti topici. Tra gli attori da rimarcare le prove di una sempre bravissima Valeria Golino, del giovane e simpatico Luigi Catani e di una spassosa e istrionica Monica Nappo. Otto nomination tra David e Nastri d'Argento di cui nessuno andato a buon fine e, per una volta tanto, meritato duplice finanziamento pubblico con il contributo governativo e la co-produzione della Tivù di Stato.
Peppì, tu non ti devi avvilire se gli altri non ti capiscono.
Ma quelli non è che non mi capiscono; mi sfottono proprio!
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stefano capasso
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lunedì 2 giugno 2014
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guardarsi fa paura
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La kryptonite nella borsa è una commedia leggera con punte drammatiche che affronta il tema del cambiamento. Peppino è figlio di una coppia di gente semplice; siamo a Napoli negli anni 70 in piena rivoluzione hippies. Attraverso i suoi occhi vediamo i disagi esistenziali di tutto il mondo degli adulti che gli ruota intorno, e che per conseguenza diventa il suo disagio. La famiglia, i vicini, tutti bloccati in un modello di vita che hanno abbracciato per mancanza di scelte e fondamentalmente perché incapaci di affrontare le loro paure più profonde.
E quando lo faranno, nel momento in cui tutti sono nel momento più difficile la vita comincerà a cambiare.
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La kryptonite nella borsa è una commedia leggera con punte drammatiche che affronta il tema del cambiamento. Peppino è figlio di una coppia di gente semplice; siamo a Napoli negli anni 70 in piena rivoluzione hippies. Attraverso i suoi occhi vediamo i disagi esistenziali di tutto il mondo degli adulti che gli ruota intorno, e che per conseguenza diventa il suo disagio. La famiglia, i vicini, tutti bloccati in un modello di vita che hanno abbracciato per mancanza di scelte e fondamentalmente perché incapaci di affrontare le loro paure più profonde.
E quando lo faranno, nel momento in cui tutti sono nel momento più difficile la vita comincerà a cambiare.
Un tema abbastanza comune impreziosito da una splendida fotografia che rappresenta pienamente la vivacità dei colori di quei tempi e da alcuni brillanti trovate di sceneggiatura.
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stefano capasso
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lunedì 2 giugno 2014
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la paura di gaurdarsi
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La kryptonite nella borsa è una commedia leggera con punte drammatiche che affronta il tema del cambiamento. Mario è figlio di una coppia di gente semplice; siamo a Napoli negli anni 70 in piena rivoluzione hippies. C’ è un contorno di familiari e amici tutti alle prese con lo stesso problema. Trovare un modo per essere più felice. Sono tutti bloccati in un modello di vita che hanno abbracciato per mancanza di scelte e fondamentalmente perché incapaci di affrontare le loro paure più profonde.
E quando lo faranno, nel momento in cui tutti sono nel momento più difficile la vita comincerà a cambiare.
Un tema abbastanza comune impreziosito da una splendida fotografia che rappresenta pienamente la vivacità dei colori di quei tempi e da alcuni brillanti trovate di sceneggiatura.
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La kryptonite nella borsa è una commedia leggera con punte drammatiche che affronta il tema del cambiamento. Mario è figlio di una coppia di gente semplice; siamo a Napoli negli anni 70 in piena rivoluzione hippies. C’ è un contorno di familiari e amici tutti alle prese con lo stesso problema. Trovare un modo per essere più felice. Sono tutti bloccati in un modello di vita che hanno abbracciato per mancanza di scelte e fondamentalmente perché incapaci di affrontare le loro paure più profonde.
E quando lo faranno, nel momento in cui tutti sono nel momento più difficile la vita comincerà a cambiare.
Un tema abbastanza comune impreziosito da una splendida fotografia che rappresenta pienamente la vivacità dei colori di quei tempi e da alcuni brillanti trovate di sceneggiatura.
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mareincrespato70
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domenica 3 novembre 2013
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spensieratezza targata anni 70
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Film di sana spensieratezza che riconcilia con un modo di raccontare leggero, ma non banale. Notevolmente accurata l'ambientazione anni '70 con una Napoli fotografata magistralmente, ed in modo tutt'altro che convenzionale, dalla maestria di Luca Bigazzi. Bell'esordio alla regia di Ivan Cotroneo.
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timothyfalcodissidissegna
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venerdì 9 agosto 2013
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una kriptonite...d'autore
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Prendete un Superman napoletano, una madre depressa, un padre fedifrago e un bambino con gli occhiali a oblò. Immergete tutto in un mare di umorismo e otterrete la sintesi de “la kriptonite nella borsa”, il primo film da regista di Ivan Contraneo. Peppino (Luigi Catani), il protagonista, è un bambino che vive con la sua famiglia nella Napoli del '73, un luogo dove vecchio e nuovo si scontrano e il “diverso” assume un fascino irresistibile per i giovani. Con questo si imbatte Peppino, affidato ai due giovani zii yippie (De Rienzo-Capotondi) che lo portano con loro alle feste. Figura centrale nella vita del protagonista è il cugino Gennaro (Nemolato), un pseudo-supereroe che viene da tutti creduto pazzo, ma che in realtà è più sano di mente di molti altri.
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Prendete un Superman napoletano, una madre depressa, un padre fedifrago e un bambino con gli occhiali a oblò. Immergete tutto in un mare di umorismo e otterrete la sintesi de “la kriptonite nella borsa”, il primo film da regista di Ivan Contraneo. Peppino (Luigi Catani), il protagonista, è un bambino che vive con la sua famiglia nella Napoli del '73, un luogo dove vecchio e nuovo si scontrano e il “diverso” assume un fascino irresistibile per i giovani. Con questo si imbatte Peppino, affidato ai due giovani zii yippie (De Rienzo-Capotondi) che lo portano con loro alle feste. Figura centrale nella vita del protagonista è il cugino Gennaro (Nemolato), un pseudo-supereroe che viene da tutti creduto pazzo, ma che in realtà è più sano di mente di molti altri. L'unica cosa che lo può fermare è la fantomatica “kriptonite” (da cui il titolo del film), la cui forma viene lentamente scoperta nel corso della narrazione, fino a scoprirsi quell'omologazione che ci rende tutti uguali e monotoni. Per Peppino, già diverso dagli altri per i suoi occhiali, il contatto con un mondo “particolare” come quello yippie lo fa sentire ancora più inadeguato. Il finale rimane aperto, con la domanda se riuscirà a fare della sua diversità un dono o sarà succube di un a realtà piatta e monotona.
Composto da un cast stellare, come Luca Zingaretti e Cristiana Capotondi, il film è basato sul libro omonimo scritto dallo stresso Contraneo e, come ha detto lui stesso, la storia è molto autobiografica ma non parla dell'infanzia, bensì dell'amore e della ricerca della felicità. In più, come ha sottolineato la Capotondi, si tratta di “un film d'autore che vuole arrivare a tutto il pubblico.” Le canzoni che compongono la colonna sonora vanno solo a favore del film, con pezzi straordinari di artisti come Mine David Bowie, icone degli anni settanta. C'è però da chiedersi se è meglio il film o il libro, come spesso accade. “Meglio il film” tranquillizza Contraneo.
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mardiper
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martedì 5 febbraio 2013
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anche questa missione è compiuta
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Una ricerca in tecnicolor del supereroe che è in noi!
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francesco2
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martedì 20 novembre 2012
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quella napoli surreale con richiami a corsicato...
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Nel sacro, rimandi alla religione, ed a come si intreccia alla realtà nella mente del protagonista (Il paragone tra la madre, la maestra e la Madonna, incoraggiato da una maestra che ricorda quella di "Il piccolo Nicolas ed i suoi genitori"). Dall'altra parte, il "Buco nero" interamente femminile e femminista.
Colpisce anche il padre di una famiglia disgregata, che cerca di puntare sulla compattezza in una famiglia disgregata: ma le sue premesse, si parli dei pulcini o degli occhiali, vengono spesso disattese, quasi volesse ricreare, davanti al figlio, quell'omogeneità che lui stesso non trova più.
La storia del supereroe .Ma non solo quella- appare invece ripetitiva, e -Spiace dirlo-.
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Nel sacro, rimandi alla religione, ed a come si intreccia alla realtà nella mente del protagonista (Il paragone tra la madre, la maestra e la Madonna, incoraggiato da una maestra che ricorda quella di "Il piccolo Nicolas ed i suoi genitori"). Dall'altra parte, il "Buco nero" interamente femminile e femminista.
Colpisce anche il padre di una famiglia disgregata, che cerca di puntare sulla compattezza in una famiglia disgregata: ma le sue premesse, si parli dei pulcini o degli occhiali, vengono spesso disattese, quasi volesse ricreare, davanti al figlio, quell'omogeneità che lui stesso non trova più.
La storia del supereroe .Ma non solo quella- appare invece ripetitiva, e -Spiace dirlo-. non aggiunge forse nulla.
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giambattista
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mercoledì 18 luglio 2012
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mai vista napoli così triste
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Non riesco a capire le recensioni quasi tutte molto positive. Ho visto il film in una arena di Roma ubicata nella stupenda piazza Vittorio Emanuele. L'unica cosa positiva è stata la frescura della sera contro il grande caldo. Il film è molto misero sotto tutti i punti di vista. Dovrebbe essere una commedia ma non coinvolge. La famiglia è un campionario di esempi negativi incluso il nonno. Zingaretti è un padre ridicolo e molto crudele nella scena della giostra: un torturatore. Valeria Golino legge la lettera e si affloscia. Una pena.
Non è un vero film ma piuttsosto un insieme di singoli episodi.
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giambattista
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martedì 17 luglio 2012
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un film dovrebbe dare emozioni.
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Il film non coinvolge. Appare freddissimo. Zingaretti è un padre ridicolo con la storia dei 3 pulcini. Diventa di una crudeltà estrema, un vero torturatore, quando lascia il figlio sulla giostra. La Golino è sprecata. Riceve la lettera e si affloscia. La credibilità della storia e dei personaggi appare molto modesta.
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rescart
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martedì 26 giugno 2012
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la crisi è passeggera
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Come la kryptonite la crisi non colpisce le persone normali, ma solo quelle speciali. Quindi praticamente tutti. Dal gay che si crede superman, al giovane intellettuale di famiglia che però non riesce a superare nessun esame all’università, alla madre di famiglia gelosa, al padre di famiglia che si divide tra il mestiere di commerciante e quello di taxista a tempo perso (una sorta di car-sharing ante litteram), alla zitella in cerca di marito ma con poca autostima, ai giovani zii dediti a festini allucinogeni. Uno di questi, la Capotondi, pur potendo scegliere tra numerosi aitanti pretendenti, preferisce fidanzarsi con un giovane zoppo che suscita in lei un senso di protezione materna, di cui aveva dimostrato scarsa propensione perdendo di vista il nipote dodicenne affidatogli per fare le veci della madre, in crisi dopo aver scoperto il tradimento del marito.
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Come la kryptonite la crisi non colpisce le persone normali, ma solo quelle speciali. Quindi praticamente tutti. Dal gay che si crede superman, al giovane intellettuale di famiglia che però non riesce a superare nessun esame all’università, alla madre di famiglia gelosa, al padre di famiglia che si divide tra il mestiere di commerciante e quello di taxista a tempo perso (una sorta di car-sharing ante litteram), alla zitella in cerca di marito ma con poca autostima, ai giovani zii dediti a festini allucinogeni. Uno di questi, la Capotondi, pur potendo scegliere tra numerosi aitanti pretendenti, preferisce fidanzarsi con un giovane zoppo che suscita in lei un senso di protezione materna, di cui aveva dimostrato scarsa propensione perdendo di vista il nipote dodicenne affidatogli per fare le veci della madre, in crisi dopo aver scoperto il tradimento del marito. Per riprendersi da tale
scoperta la signora, una ragioniera precaria interpretata da Valeria Golino, dovrà seguire una lunga e “approfondita” terapia analitica, da parte dell’ennesimo personaggio “speciale” solo apparentemente normale. Perché ricorrere al sesso per guarire una paziente a cui pesano le corna appena scoperte sul suo capo, non è propriamente un modo “normale” di fare psicoanalisi, eppure è il modo più efficace, anche a far emergere la “specialità” di colei che sembrava essere ancora rimasta normale, la nonna del ragazzino nonché madre della malata immaginaria: rompere piatti intenzionalmente. Tutt’altro che il solito stereotipo della suocera! Una fortuna per il padre di famiglia, interpretato da Gianluca Zingaretti, la cui singolarità non è data solo dall’avere una suocera che rompe piatti anziché qualcos’altro, ma anche dal guidare una Fiat 850 anni ’60 dal colore decisamente singolare, se la sfida più gettonata lanciata al figlio è quella di cercarne un’altra in giro dello stesso colore. Alla fine la crisi economica vera colpirà proprio lui e forse sarà l’occasione per iniziare a concentrarsi sul suo lavoro principale di commerciante di macchine da cucire Singer, rinunciando a distrazioni amorose e accettando il suo ruolo sociale (questo sì davvero stereotipico) di becco predestinato. Il sesso diventa così il modo per pareggiare i conti psicologici con cui la ragioniera, mancata promessa della stenografia, potrà tornare alla suo ruolo di precaria sfortunata in affari ma fortunata in amore. Non sappiano in quale modo il suo unico figlio da grande dovrà saldare anche i suoi conti con una società che lo emargina per la sua diversità, ma l’invito dell’amico, aspirante e infine (post mortem) realizzato superman, è quello di non fare come lui. Troppa carne al fuoco per il primo film da regista di Ivan Cotroneo? No, se si evita di enfatizzare il tema abusato e “politicamente corretto” dell’accettazione dell’omosessualità come scelta di vita, tema che a me sembra un po’ riduttivo visto che qui si tratta in realtà dei tanti possibili modi in cui la diversità di può esplicare, tra i quali può esserci anche quello della vita da single. O di una sua possibile concretizzazione come fare il prete. Sempre che resista il terzo e ultima baluardo femminile di riferimento, la figura di Maria così centrale per la Chiesa cattolica romana e quindi anche napoletana.
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