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Amori tossici: al cinema (e non solo) il ritorno dell'eroina

Parlano i protagonisti de Il sesso aggiunto.
di Ilaria Ravarino

Valentina D'Agostino e Giuseppe Zeno in una scena del film Il sesso aggiunto di Francesco Antonio Castaldo.
Valentina D'Agostino . Interpreta Laura nel film di Francesco Antonio Castaldo Il sesso aggiunto.

giovedì 21 aprile 2011 - Incontri

Un film come Il sesso aggiunto, distribuito dal 29 aprile nelle sale delle maggiori città italiane, è per natura tante cose tutte insieme. Pellicola che più indipendente non si può, musicata da Nicola Piovani e costruita con un puzzle di finanziamenti dal produttore Giovanni Madonna per la regia dell’amico di vecchia data Francesco Antonio Castaldo, è un trampolino d’autore per un’attrice che sarà, Valentina D’Agostino, prossima a entrare nel luccicante mondo de Il giovane Montalbano. È un biglietto da visita indispensabile per uno come Giuseppe Zeno, bel volto da carabiniere di fiction alla ricerca di un ruolo «in controtendenza dai soliti», dice lui, che lo liberi dalle strette divise televisive. È il capriccio di un’attrice, Myriam Catania, che il cinema che incassa lo fa già, e quando può si imbarca in avventure come questa, «un film che dedico a un mio amico che ha avuto lo stesso destino del mio personaggio. È uscito dall’eroina, è uscito dalla comunità. Ma non ce l’ha fatta». Ma soprattutto Il sesso aggiunto è il sogno di Castaldo, assistente di Steno e regista di spot, montatore e autore televisivo, che superata la boa dei cinquant’anni trova finalmente il coraggio, e il denaro, per raccontare un pezzo doloroso della sua vita: «Quando avevo 20 anni ho vissuto con una ragazza che era tossicodipendente, e con i suoi amici. Gente che passava le giornate per strada. Ho vissuto l’eroina in prima persona e credo quindi di aver raccontato il mondo interiore dei miei personaggi in maniera onesta. Spero che i ragazzi che vedranno questo film capiranno quanto ogni forma di tossicodipendenza, e non solo l’eroina, possa allontanare l’uomo da se stesso».

Come si può raccontare, oggi, la tossicodipendenza?
Francesco Antonio Castaldo: Ho scelto di non fotografarla, ma di rappresentarla: non volevo raccontare che cosa facciano i tossicodipendenti oggi, ma chi siano veramente. Il film è un viaggio interiore attraverso la dipendenza, ma è anche altro: Il sesso aggiunto parla d’amore, amore tra padre e figlio, tra ragazzo e ragazza, e amore inteso come dio, cioè la parte più pura della nostra anima, quella con cui dobbiamo convivere per superare gli ostacoli della vita. In questo senso il film è il percorso di autoanalisi del protagonista, che rivive episodi del proprio passato e il rapporto con suo padre, con se stesso, con il suo sogno di diventare calciatore. Un sogno che era del padre e che il figlio ha fatto suo, impedendosi di fatto di trovare alternative: i sogni aiutano ad andare avanti, ma diventano pericolosi se ci costruisci tutta la tua vita sopra.

Ritiene che l’eroina sia un problema ancora attuale?
Castaldo: Sì, è un fenomeno che sta tornando nonostante sembrasse arginato. Secondo i Sert negli ultimi anni si è registrato un incremento del 40% dell’uso di eroina e del 5% di cocaina. Se ho fatto questo film è anche perché non vorrei mai che si tornasse ai livelli degli anni ‘70 e ’80, anche se i presupposti purtroppo ci sono: recentemente è stato immesso sul mercato un grande quantitativo di eroina afgana che ha fatto precipitare i prezzi. Oggi un grammo di eroina si trova a 30 o 50 euro. Io ho due figli adolescenti, vivo in mezzo ai giovani e vedo in loro delle potenziali vittime.

Cosa è cambiato nel consumo di eroina dagli anni ’80 a oggi?
Castaldo: È cambiato il panorama intorno ai tossicodipendenti. Negli anni ‘70 e ‘80 c’era un certo fermento politico, si parlava di cambiamenti radicali e rivoluzione, e l’eroina è servita a mettere a tacere l’entusiasmo di molti ragazzi. Oggi è il contrario. Il fermento e le idee non ci sono quasi più, e la cronica mancanza di entusiasmo produce gli stessi risultati. Negli anni ’80 l’eroina si iniettava, e costringeva chi ne faceva uso a fare la cosiddetta vita del tossico, tutti i giorni per strada come fosse un lavoro. Oggi no, oggi l’eroina si fuma dopo aver preso eccitanti come pasticche e cocaina, e a farlo sono ragazzi che studiano, che lavorano, che ancora non vediamo per strada. Questo film è il mio piccolo contributo alla conoscenza della tossicodipendenza: non pretendo di cambiare il mondo, ma di dare un onesto contributo a queste persone.

L’argomento è coraggioso: mai tentato dall’idea di esordire con qualcosa di più leggero?
Castaldo: Mi rendo conto che è un film non facile, sia per l’argomento che per la lunghezza, e certo non posso dire di aver fatto Trainspotting. Ma sono una persona onesta: non avrei potuto fare un film diverso.

Perché produrre un film del genere?
Giovanni Madonna: L’ho fatto per Francesco, collaboriamo da sempre ed è un sogno che volevamo realizzare insieme. Ho lavorato dietro le quinte cercando i finanziamenti per il film, costato un milione e 400.000 euro. Volevo che Francesco avesse la massima tranquillità possibile. La soddisfazione più grande è stata quella di non ricevere nessuna censura, nemmeno quella ai minori di 14 anni, cosa che rende Il sesso aggiunto un film per tutti.

Gli attori come hanno lavorato sulla tossicodipendenza?
Myriam Catania: Ho parlato con tante persone che hanno fatto uso di stupefacenti, ma è difficile capire cosa si provi veramente: è come descrivere il parto a una donna che non ha mai avuto un figlio. Ho cercato di rivivere il senso di benessere e rilassatezza che ti dà l’eroina, quella mancanza assoluta di ansia. Ho parlato con le persone di piccoli dettagli, sono andata nello specifico, perché l’eroina è qualcosa che grazie a dio non conosco. Ma il mio personaggio ha lo stesso destino che ha subìto un mio amico, e sono grata al regista che in sole cinque scene mi ha dato la possibilità di raccontarlo.
Valentina D’Agostino: Mi sono concentrata sugli effetti fisici, sul senso di sonnolenza e rilassatezza, su quell’idea di non avere nemmeno bisogno di allacciarsi le scarpe la mattina. Sul pensiero di non avere la responsabilità di essere qualcuno o fare qualcosa, che per l’eroinomane è una liberazione. Io non ho mai fatto uso di alcuna droga, ma mi sono preparata sulla dipendenza in generale: non solo quella dalla droga o dal caffè, ma anche quella dall’amore, da un fidanzato, dalla famiglia, da una città che ti soffoca o da un mestiere.
Giuseppe Zeno: Io invece non ho voluto seguire il percorso classico. Sarebbe stato scontato affacciarsi in comunità e conoscere qualche tossicodipendente, ma avevo paura di scadere nell’imitazione, nel manierismo e nei cliché. La sceneggiatura era molto valida ed è stata in grado di mostrarmi la strada giusta. Il regista mi ha fatto capire che il nostro era un film sull’amore e su un uomo dal grande mondo interiore: se il mio personaggio non fosse caduto vittima dell’eroina, forse sarebbe diventato un poeta. Mi sono semplicemente focalizzato sulle corde della sua sensibilità.

E Piovani? Cosa l’ha attirata in questo film?
Nicola Piovani: Nel mio mestiere mi capita di viaggiare ed entrare in poetiche diverse, anche molto distanti da me. Mi è finita per caso fra le mani la sceneggiatura del film, sapevo che il regista era stato un collaboratore di Steno e Giuffrè e mi sono incuriosito. Il tema mi pareva affascinante e inedito, e come tutte le opere prime sembrava un film molto autentico. Per come lo vedo io, Il sesso aggiunto è un film sull’assenza e sull’impotenza dell’amore. Quanto alla droga, per me il problema è sempre lo stesso: il profitto. Tutto ciò che crea profitto, eroina inclusa, in questo mondo viene fatto passare per lecito.

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