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Rosaria Russo e il suo Pasticciere

L'attrice siciliana in Puglia per girare il suo quarto film.
di Fiorella Taddeo

Rosaria Russo è al momento impegnata in Puglia, a Porto Cesareo, dove sta girando con il marito l'ultimo film di Luigi Sardiello, Il pasticciere.
Rosaria Russo 1981, Gela (Italia).

martedì 24 maggio 2011 - Incontri

È impegnata nel suo quarto film in Puglia, a Porto Cesareo precisamente, profondo Salento. “È la mia seconda terra” dice “Ci trascorro sempre le vacanze e ne conservo un ricordo bellissimo”. La siciliana Rosaria Russo, classe 1981, è la protagonista nell’ultimo film di Luigi Sardiello, Il pasticciere, in lavorazione fino a fine maggio, mentre l’uscita in sala è prevista per il 2012. Sul set divide la scena con Ennio Fantastichini e Antonio Catania, suo compagno anche nella vita.

Il pasticciere è il secondo film che fai con Luca Sardiello, dopo Piede di Dio. Di cosa parla?
È un film giallo, un noir dai toni leggeri, da commedia. Il pasticciere del titolo è Antonio Catania, un uomo dolce, di sani principi. Potrebbe essere definito un puro. Si imbatte in un omicidio e da qui comincerà un percorso difficile e pericoloso. Sarà coinvolto in situazioni che non gli appartengono.

Il tuo personaggio?
Io sono Angela, la protagonista femminile. È una donna, una femme fatale, dal passato e dal presente difficili. Si aggrapperà al personaggio interpretato da Ennio Fantastichini. Antonio (Catania) si scontrerà con un contesto lontano da lui, “cattivo”, ma lo influenzerà con la sua dolcezza e il suo senso etico.

Come è stato girare con tuo marito? Che clima si respira sul set?
Abbiamo già lavorato insieme, ci siamo conosciuti sul set de Il giudice Mastrangelo. Recitare con lui è bello, ma allo stesso tempo difficile perché ci conosciamo molto bene. Ci diamo consigli reciprocamente. Però posso dire che per questo film sono stata scelta dal regista prima io.

Dopo Il pasticciere, che impegni ti aspettano?
Girerò L’attesa dell’esordiente Tiziano Bosco, con Luca Lionello. Lavoreremo in Sicilia e poi a New York. Poi sarà il turno di un altro giallo, Happy days di Matteo Miti.

Nei film incarni spesso la donna del sud, la “femme fatale”. Ti piacerebbe smarcarti da questo tipo di ruolo?
Si, senza dubbio, non vedo l’ora. Faccio spesso la donna “diabolica”. Non mi dispiacerebbe cimentarmi di più con la commedia. Magari con Fausto Brizzi, mi piace come lavora.

E se dovessi scegliere altri registi con cui lavorare?
Matteo Garrone, Paolo Sorrentino e Marco Tullio Giordana. Sarebbe magnifico lavorare con loro.

Sei tra le esponenti di una nuova generazione di attori italiani. Come si sentono i trentenni di oggi rispetto ai nomi storici del passato? È difficile il raffronto e seguirne le orme?
Il confronto con il passato deve essere costante, ma per migliorarci. Certo è difficile pensare di superarli, abbiamo una tradizione alle spalle invidiabile. Tuttavia stanno emergendo molti giovani eccezionali. Penso ad Elio Germano, mi emoziona ogni volta che lo vedo recitare.

Senti che avete spazio? O è difficile affermarsi?
C’è sicuramente una difficoltà, soprattutto perché una volta che registi, produttori e sceneggiatori ti inquadrano in un tipo di personaggio, tendono a proporti parti dello stesso genere. Se sei “mora”, fai la mora, punto. Per questo mi piace lavorare con Sardiello: sul set mi ha fatto diventare “bionda”, con un carrè cortissimo, stravolgendo la percezione che normalmente si ha di me.

Un attore o un’attrice devono potersi trasformare, quindi?
Si, la trasformazione è il lavoro dell’attore, è una cosa bellissima. Così possiamo dimostrare quello che siamo, ci possiamo mettere alla prova. È fondamentale per noi sentirci “diretti” da qualcuno. In Italia spesso manca questo tipo di coraggio, questo voler osare. Ho visto, invece, che negli Stati Uniti non è così. I registi stanno dietro l’attore in modo costante, c’è maggiore voglia di lavorare con gli interpreti, di trasformarli in qualcosa di inedito. In questo è stato eccezionale Paolo Sorrentino con Toni Servillo: chi avrebbe mai pensato di trasformarlo in Giulio Andreotti per Il divo?

Lavoro, famiglia, un figlio di tre anni. Come fai a conciliare tutto?
Non ci sono ricette. Per il lavoro, cerco di non fermarmi mai. Continuo a studiare per migliorare. Spesso osservo Antonio, lo guardo molto, cerco di rubare il mestiere. Lui non mi dice come fare, non gli piace fare il maestrino. Quanto a mio figlio, lo porto con me, sul set. Si è abituato a vederci sempre in giro. Quando gli chiedono che mestiere fa la mamma, risponde: 'prende la valigia e parte'. La valigia dell’attore, no?”.

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