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venerdì 17 novembre 2023
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contesto
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Giudicare un contesto di quasi un secolo fa con gli occhi appannati di oggi. Critica totalmente errata
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great steven
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giovedì 24 settembre 2020
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cronache matrimoniali nell''agreste vecchia bologna
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IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE (IT, 2011) diretto da PUPI AVATI. Interpretato da MICAELA RAMAZZOTTI, CESARE CREMONINI, ISABELLE ADRIANI, GIANNI CAVINA, RITA CARLINI, PATRIZIO PELIZZI, ANDREA RONCATO, GISELLA SOFIO, MASSIMO BONETTI, SYDNE ROME, MANUELA MORABITO ● Con un film ambientato nei primi anni ’30, in una Bologna ancora a stretto contatto con la campagna e l’Appennino, Avati sostiene di aver raccontato la parabola di vita dei suoi nonni. Due famiglie a confronto: i contadini Vigetti con tre figli (il piccolo Edo, Sultana e Carlino) e gli Osti, proprietari terrieri con tre figlie, le attempate e poco attraenti Maria e Amabile e la giovane e affascinante Francesca.
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IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE (IT, 2011) diretto da PUPI AVATI. Interpretato da MICAELA RAMAZZOTTI, CESARE CREMONINI, ISABELLE ADRIANI, GIANNI CAVINA, RITA CARLINI, PATRIZIO PELIZZI, ANDREA RONCATO, GISELLA SOFIO, MASSIMO BONETTI, SYDNE ROME, MANUELA MORABITO ● Con un film ambientato nei primi anni ’30, in una Bologna ancora a stretto contatto con la campagna e l’Appennino, Avati sostiene di aver raccontato la parabola di vita dei suoi nonni. Due famiglie a confronto: i contadini Vigetti con tre figli (il piccolo Edo, Sultana e Carlino) e gli Osti, proprietari terrieri con tre figlie, le attempate e poco attraenti Maria e Amabile e la giovane e affascinante Francesca. Il granitico capofamiglia Osti accetta a malincuore che Carlino, bel ragazzo non troppo sveglio, frequenti le due figlie maggiori per sceglierne una da chiedere in sposa, ma l’improvviso arrivo da Roma di Francesca gli scombussola i piani. Per il giorno delle nozze è già tutto preparato ottimamente per Carlino e Francesca, ma manca il parroco. Quando uscì nelle sale nove anni fa, parecchi critici dissero che i suoi autori volevano farla passare per una commedia crepuscolare sui temi della nostalgia e della memoria, con una vena divertente in quanto ironica e un po’ cattiva. C’è chi la trova misogina e chi antimaschilista, come suggerisce l’ambivalente titolo. Ma il saggio Avati non ha soltanto due anime: lo dimostra anche qui, mostrando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, della sua ineluttabile capacità di dirigere benissimo gli attori, in modo che in ognuno si riesca a toccare le corde opportune per consentire a lui o a lei di recitare al meglio della forma. Perfetta resa di entrambi i protagonisti: la Ramazzotti tira fuori il meglio nel romanesco che è ormai il suo personale marchio di fabbrica, e il cantautore Cremonini, ossessionato dal sesso, fa emergere la dimensione del grottesco, quella più recondita di questa pellicola, forse anche più crudele e senza illusioni del suo regista/autore. «Il sapore del biancospino» cui si fa riferimento in alcune battute, secondo un’intervista rilasciata da Cremonini sulla spiegazione del proprio personaggio, è l’elemento portante della narrazione e della poetica di Avati, un espediente del suo vasto repertorio cinematografico che aiuta a creare un ricordo fantastico per rendere reali cose che altrimenti non lo sarebbero. Nella stessa intervista, anche M. Ramazzotti ha detto, a proposito della giovane donna da lei interpretata, che le donne, nel ventennio fascista, riuscivano a perdonare i tradimenti dei mariti perché da sempre detengono i requisiti per capire e accogliere la fragilità umana e i relativi tentennamenti. Una volta tanto è utile e bello ascoltare anche cosa ne pensano gli attori dei propri personaggi, e udire un’altra campana rispetto a quella del loro creatore che li fa muovere sulla scena aspettandosi da essi determinate espressioni. Musiche: Lucio Dalla.
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mercoledì 27 maggio 2020
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Ho faticosamente letto il suo testo e che le devo dire? Ma lei non riesce a vedere serenamente un film senza partorire pistolotti retorici intrisi di luoghi comuni? Scommeto che il suo cinema - tipo e quello nord coreano dove si esaltano fulgidi destini contirnati di bandiere rosse e falci con martello. Un film può piacere o non piacere così come un regista ma un film ambientato negli anni 30 segue una logica legata all'epoca ed ai suoi leader .
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elgatoloco
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domenica 21 ottobre 2018
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film non solo"storico"
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Sarebbe senz'altro riduttivo archiviare"Il cuore grande delle ragazze"(2011, Pupi Avati)come un film "storico". Scritto per intero da Pupi Avati, che mi sembra abbia pubblicato il testo anche come romanzo(ossia, non solo la"scneggiatura"), questo film è certamente "situato"storicamente negli anni Trenta dell'atroce dittatura fascista, ma per esempio l'ambientazione geografica rimane"sospesa": si potrebbe pensare, vista l'alternanza della pronuncia romana.-emiliana o anche romagnola, ma in realtà il film è stato girato nelle Marche-si potrebbe pernsare alla zona "di confine"con la Romagna, ossia il Pesarese o l'Urbinate, invece no, le località coinvolte sono Fermo, Porto S.
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Sarebbe senz'altro riduttivo archiviare"Il cuore grande delle ragazze"(2011, Pupi Avati)come un film "storico". Scritto per intero da Pupi Avati, che mi sembra abbia pubblicato il testo anche come romanzo(ossia, non solo la"scneggiatura"), questo film è certamente "situato"storicamente negli anni Trenta dell'atroce dittatura fascista, ma per esempio l'ambientazione geografica rimane"sospesa": si potrebbe pensare, vista l'alternanza della pronuncia romana.-emiliana o anche romagnola, ma in realtà il film è stato girato nelle Marche-si potrebbe pernsare alla zona "di confine"con la Romagna, ossia il Pesarese o l'Urbinate, invece no, le località coinvolte sono Fermo, Porto S. Giorgio ossia la zona centrale delle Marche.Dunque non"astorico", ma"alocalizzato", il film in questione. Emergono i sentimenti, le speranze(il matirmonio sempre rinviato, anche a caso delle intemperanze erotiche di lui, in passato grande"amatore"in senso casonoviano, certo di levatura culturale molto più bassa, dato che si tratta di un contadino analfabeta...). Le donne del film sono veramente appassioante-anche nell'accezione fisica, ma non solo...-"destinate" a perdonare, indubbiamente condizionate dal clima culturale dell'epoca. Avati, lo si voglia o no, è l'ultimo vero autore del cinema italiano, capace di coniiugare atmosfera, natura, sentimenti(impagabili le scene del ragazzone conteso da due sorelle, che non hanno mai avuto nessun"moroso", dove poi lui opta per l'altra sorella, la romana...), captando benissimo anche il tema delle differenze sociali(io sono più aduso a dire"di classe", ma...), quando i matrimoni erano tout court combinati ed erano invece rari e comunque limitati i casi in cui invece il matrimonio si realizzava come"scelta d'amore).Le musiche sono di Lucio Dalla, temo l'ultimo sound-track che Lucio sia riuscito a scrivere prima della sua prematura dipartita, ossia dell'amico/nemico di Avati(Pupi ha dichiarato e scritto più volte che lui aveva pensato di ucciderlo, quando pensava di fare il musicista jazz, segnatamente il sassonfonista, ma la competizione musiclae con il più giovane ma assolutamente superiore Lucio l'aveva spaventato, giustamente). Interpreti di qualità quelli della "vecchia guardia"omce Gianni Cavina e Andrea Roncato, Erika Blanc, Sydne Rome, Gisella Sofio, Alessandro Haber, ma anche le "new entries"Micaela Ramazzotti, bravissima come sposa e Cesare Cremonini, che interpreta uno sposo tra l'irruente e il"titubante", quando lei non vuole più, avendo lui combinato"una delle sue"durante il viaggio di nozze... El Gato
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elgatoloco
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sabato 20 agosto 2016
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avati, un romantico
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Probabilmente non c'è regista cinematografico(italiano ma non solo)capace, come Pupi Avati, di ri-creare il passato, fatto di tradizioni, il che vuol dire anche lacci e lacciuoli di superstizioni, credenze, idee ricevute, altro ancora. Ne"IL cuore grande delle ragazze"(anche in forma di romanzo, mi sembra, dello stesso Pupi Avati, ma forse mi sbaglio, non riuscendo più a rintracciare l'eventuale informazione a suo tempo letta)tutto questo è, per così dire, all'ennesima potenza e i rituali legati al matrimonio diventano quasi ossessivi. Anni Trenta del 1900, ossia la cultura-civiltà(civilisation è termine più inclusivo, in tal senso)contadina, rurale, dove un giudizio non può prescindere dallo specifico, appunto antropologico dell'epoca e della cultura della Bassa Padana, pena non capire nulla di quanto si vede e si sente nel film.
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Probabilmente non c'è regista cinematografico(italiano ma non solo)capace, come Pupi Avati, di ri-creare il passato, fatto di tradizioni, il che vuol dire anche lacci e lacciuoli di superstizioni, credenze, idee ricevute, altro ancora. Ne"IL cuore grande delle ragazze"(anche in forma di romanzo, mi sembra, dello stesso Pupi Avati, ma forse mi sbaglio, non riuscendo più a rintracciare l'eventuale informazione a suo tempo letta)tutto questo è, per così dire, all'ennesima potenza e i rituali legati al matrimonio diventano quasi ossessivi. Anni Trenta del 1900, ossia la cultura-civiltà(civilisation è termine più inclusivo, in tal senso)contadina, rurale, dove un giudizio non può prescindere dallo specifico, appunto antropologico dell'epoca e della cultura della Bassa Padana, pena non capire nulla di quanto si vede e si sente nel film. Anche il tema della"punizione"inflitta al marito fedifrago, solo perché"non riesce a resistere", può sembrare una deformazione grottesca del reale, ma in realtà caratterizza una"mentalità"che esisteva(e forse in alcuni luoghi ancora esiste)con accenti(disperazione, lotta, contrasti)e modalità decisamente insoliti se rapportati all'oggi; ma Avati è, per così dire, un cantore dell'epoca passata, quasi un"laudator temporis acti", mai acritico, però, un"alieno"nell'epoca della nanotecnologia e dell'"effervescenza teconologica"e iper-tale... Da valutare dunque con attenzione, facendo molta attenzione anche a come Avati(non era certo il caso dei registi dì un tempo, certo grandi ma ancorati a visioni in qualche modo ottocentesche come Fellini, Pasolini, Visconti, mentre Antonioni rappresentava una parziale eccezione)concepisce la donna, in modo ben diverso dal machismo e dal maschilismo soprattutto(ma certamente non solo)italiano, dominante un tempo e in parte tuttora. In Avati, cioè, la donna ha una sensibilità particolare, ma non per questo è priva di logica e di razionalità, anche quando può sembrare che queste doti derivino da puro e mero"buon senso"e vicinanza ai bioritmi. Interessante, ma non sempre riuscitissimo l'aver lavorato con interpreti non più giovani(Erika Blanc)e invece ai"rampanti"(Micaela Ramazzotti), con un occhio alle generazioni intermedie(Isabelle Adjani), per non dire di altre figure che popolano il film; forse, anzi quasi certamente il"play"era voluto, ma poi le scelte delle singole persone può essere sfuggito a Avati, essendo invece condizionato dai produttori del film. Gianni Cavina e Andrea Roncato(decisamente meglio il primo)a dimostrazione del voler ancorare i personaggi negli interpreti, anche con le coloriture della campagna subappenninica del Bolognese. Le musiche di Dalla(una delle ultime performances del grande vulcanico Lucio)sono pienamente in stile, rispondendo anche alla volontà di rendere un favore all'attore-quasi coetaneo di Avati, che il regista-autore"odiava"per le sue capacità musicali. Avati sempre, anche nei momenti"deboli"rimane uno dei pochi veri"autori"del cinema made in Italy. El Gato
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domenica 5 aprile 2015
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il cuore grande di pupi avati
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Quando l'allievo imita il maestro, può stare certo di aver già fatto una cazzata: il maestro si supera semmai. Chi osa è colui che emula, non colui che ripropone. Pupi Avati mi sta simpatico, non lo considero un grandissimo regista ma non lo sottovaluto nemmeno, ma lui, insieme a tanti altri, la devono fare finita di imitare Fellini. Capisco l'ispirazione e mettersi a citarlo in molte scene, ma riproporre servilmente cose quasi viste e sentite (vedi: scena delle figlie del padrone con Carlino) infonde anche un certo patetismo. E questo è già un punto, il peggio arriva nello scorrere del film: inutile dire che la trama è inesistente, ma via via che scorre diventa sempre più noioso, e si conclude in una maniera a dir poco imbarazzante.
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Quando l'allievo imita il maestro, può stare certo di aver già fatto una cazzata: il maestro si supera semmai. Chi osa è colui che emula, non colui che ripropone. Pupi Avati mi sta simpatico, non lo considero un grandissimo regista ma non lo sottovaluto nemmeno, ma lui, insieme a tanti altri, la devono fare finita di imitare Fellini. Capisco l'ispirazione e mettersi a citarlo in molte scene, ma riproporre servilmente cose quasi viste e sentite (vedi: scena delle figlie del padrone con Carlino) infonde anche un certo patetismo. E questo è già un punto, il peggio arriva nello scorrere del film: inutile dire che la trama è inesistente, ma via via che scorre diventa sempre più noioso, e si conclude in una maniera a dir poco imbarazzante. Mi correggo: questo film è inconcludente, pare come se Avati avesse una scadenza nel realizzarlo e fosse talmente tanto alle strette da doversi sbrigare a finirlo. Perché il film in se parte bene, prosegue un discesa e non finisce. Potrebbe anche essere interessante lo spaccato sociale classista e sessista sull'Italia contadina degli anni '20, che, mi dispiace per qualcuno, ha poco a che vedere col fascismo: un film di redneck negli Stati Uniti meridionali, dove il fascismo non è mai arrivato, avrebbe tirato fuori uno spaccato identico. Qui i redneck invece sono italiani, rozzi e ignoranti, e tra questi spicca la figura di Carlino Vigetti, un ragazzo analfabeta e dalle dubbie capacità intellettive, che diventa il giuramento di fedeltà di una famiglia povera sotto il vassallaggio di un'altra ricca e potente. Il sedicente patriarca di quest'ultima decide di offrire questo omaggio umano a una delle sue intoccabili figlie in cambio di una Guzzi al rozzo Carlino, ma il matrimonio combinato non andrà buon fine, soprattutto dopo l'entrata in scena di Francesca, la figlia adottiva del sor padrone. E non andrà nemmeno in porto l'unione tra questi due, anzi, ci andrà ma con una serie di "sventure", inutili e fuori contesto: sviluppi di trama inutili, senza senso e buttati lì come un panettone a ferragosto. Un film noioso e imbarazzante, come la stessa recitazione di Cremonini e la sguaiataggine forzata di Ramazzotti: il primo, personaggio pessimo come la musica che realizza; la seconda almeno ti lascia un sospiro di sollievo solo perché è una bella ragazza, ma escluso "Posti in piedi in paradiso" non trovo un film in cui riesco a digerirla. Un film da non considerare assolutamente nella filmografia di Pupi Avati, che ti fa preferire "Una cena per farli conoscere".
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onufrio
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mercoledì 25 febbraio 2015
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due sorelle e la sorellastra
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Commedia ambientata negli anni 30, Carlino viene promesso sposo ad una delle due figlie di Sisto Orsi (G.Cavina), ma il ragazzo s'innamora della terza, la figliastra, interpretata da Micaela Ramazzotti. Commedia dunque sentimental-drammatico, che mette in risalto uno spaccato dei sentimenti vissuti durante il periodo del fascio in Italia. Un ricco cast in cui fa una piacevole figura il cantautore Cesare Cremonini nei panni di Carlino, il protagonista.
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homer52
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giovedì 14 novembre 2013
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la stupidità grande degli uomini
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Un film dove c'è tutto il Pupi Avati che ti aspetti. Ricostruzione storica perfetta e personaggi ben caratterizzati dell'emilia anni 30. La trama è semplice e i dialoghi poco profondi, ma è talmente forte la carica emozionale che ci si sente immersi totalmente nel racconto sino a farne parte. Per tale motivo risulta un film molto gradevole da vedere, quasi un documentario d'epoca e perciò altamente istruttivo e commemorativo. Non si capisce però se sia più grande il cuore delle ragazze o la stupidità degli uomini.
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ultimoboyscout
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lunedì 4 marzo 2013
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la figlia sbagliata.
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Siamo negli anni '30 e Carlino viene spedito dal padre mezzadro a corteggiare le due figlie del padrone, nella speranza che sposandone una salvi il podere. Ma Carlino perde completamente la testa per la terza figlia, quella che non doveva nemmeno vedere, e ricambiato (l'alito al biancospino pare faccia miracoli...) ribalta i piani del padre sposandola comunque. Tipico film alla Pupi Avati che celebra altri tempi e la gente della sua terra, un racconto che tutto sommato funziona abbastanza bene anche grazie a due attori assolutamente sorprendenti: l'ex Lunapop Cremonini piace per quella faccia da schiaffi, per quella sfacciataggine naturale al limite tra cialtroneria e poesia, la Ramazzotti invece colpisce per la tenerezza e la testardaggine che ci mette, con le quali vuole tenersi il suo uomo ma soprattutto per la sua romanità che cozza estride in quell'ambiente così diverso e lontanissimo dalla sua città.
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Siamo negli anni '30 e Carlino viene spedito dal padre mezzadro a corteggiare le due figlie del padrone, nella speranza che sposandone una salvi il podere. Ma Carlino perde completamente la testa per la terza figlia, quella che non doveva nemmeno vedere, e ricambiato (l'alito al biancospino pare faccia miracoli...) ribalta i piani del padre sposandola comunque. Tipico film alla Pupi Avati che celebra altri tempi e la gente della sua terra, un racconto che tutto sommato funziona abbastanza bene anche grazie a due attori assolutamente sorprendenti: l'ex Lunapop Cremonini piace per quella faccia da schiaffi, per quella sfacciataggine naturale al limite tra cialtroneria e poesia, la Ramazzotti invece colpisce per la tenerezza e la testardaggine che ci mette, con le quali vuole tenersi il suo uomo ma soprattutto per la sua romanità che cozza estride in quell'ambiente così diverso e lontanissimo dalla sua città. Avati osserva la famiglia che a ben guardare è la vera protagonista del film, e ci restituisce un ritratto attento ma non approfondito, pungente ma non caustico, romantico e a tratti buffo, giocando con la nostalgia e coi ricordi. Tra i film recenti del regista, questo è il peggio riuscito, lo spaccato rurale stracolmo di ricordi palesa problemi e difetti a cominciare dal fatto che non fa mai ridere nemmeno quando vorrebbe o almeno dovrebbe e che esagera con uno script da pornosoft. Storia che si lascia guardare e scivola via senza intoppi, ma fiacca, per niente innovativa, a volte noiosa. Labreve durata e il tono leggero mascherano e aiutano una pellicola poco ironica e decisamente troppo grottesca.
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bertold
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martedì 13 novembre 2012
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novella in forma di film, tra verismo e romanico
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Carlino è uno spirito semplice, analfabeta, figlio maggiore di uno dei dieci mezzadri di Sisto Osti. Questi è un arricchito proprietario terrierlo, puzzolente, che si esprime più con il fucile che con le parole. In un mondo dove i matrimoni combinati, più d'affari che d'amore, sono la regola, Sisto accetta l'iniziativa della moglie di sistemare almeno una delle due figlie legittime, cresciute ed appassite in casa, dandola in moglie a Carlino. Questi è il giovaneseduttore del borgo, le cui fanciulle affascina col profumo del biancospino naturale, che germina nel cespouglio ove ama le sue donne e dove, come narra, lui stesso è stato concepito.
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Carlino è uno spirito semplice, analfabeta, figlio maggiore di uno dei dieci mezzadri di Sisto Osti. Questi è un arricchito proprietario terrierlo, puzzolente, che si esprime più con il fucile che con le parole. In un mondo dove i matrimoni combinati, più d'affari che d'amore, sono la regola, Sisto accetta l'iniziativa della moglie di sistemare almeno una delle due figlie legittime, cresciute ed appassite in casa, dandola in moglie a Carlino. Questi è il giovaneseduttore del borgo, le cui fanciulle affascina col profumo del biancospino naturale, che germina nel cespouglio ove ama le sue donne e dove, come narra, lui stesso è stato concepito. ra tutte, però, il cuore di Carlino batte per l'unica che non può avere, perchè amata da un sedicente cugino del Duce.Il padre convince Carlino ad accettare il matrimonio, con la promessa di una fiammante moto Guzzi per lui e, soprattutto, della mezzadria per dieci anni per tutta la famiglia.Quando Carlino deve scegliere tra le due sorelle, sopraggiunge la figlia "adottiva" segreta di Sisto, cresciuta Roma, bella, istruita e dal parlare romanesco.I due ragazzi si innamorano e, seppur tra contrasti e traversie, si sposano.
Ma proprio la prima notte in viaggio il casuale incontro col primo irrealizzato amore, rischia di rovinare tutto...
I personaggi e la storia sembrano usciti da una novella verista, trasferita in Emilia pochi decenni dopo, durante il ventennio fascista, negli anni della gioventù e dei ricordi del'Autore, che cerca in fondo al cuore grande delle ragazze l'energia vitale di quel mondo di "vinti". Un po' come Carlino, che porta sempre nel cespuglio dove fu concepito ogni suo nuovo amore, incurante del rudere diruto poco più in là..
i personaggi incarnano i ruoli familiari e sociali dell'epoca, con contraddittori rappiorti tra vizi e virtù; uomini che devono dare sicurezza alla famiglia, anche se poi, al momento delle decisioni irreversibili determinante è il ruolo della donna. Il velo di una memoria amara avvolge la storia, tra grevi penombre e scene solari solo per l'amore dei giovani; tra fede e superstizione, riti e tradizioni, analfabetismo e opinabile sapienza popolare, perbenismo ed affarismo. Quest'alone quasi romanico si ritrova anche nei volti, maschere profondamente segnate e butterate, Anche la bellezza del volto di Francesca, sposa bella e innamorata, è marcata sin quasi a farne una maschera.
Fanno eccezione solo i semplici e gli ingenui: Carlino; il suo primo vero amore, sedotta e lasciata dal "cugino del duce"; sua sorella, che ingrassa a letto nella vana attesa della prima mestruazione, il fratello minore, cronista - a suo tempo - della vicenda nel suo diario di terza elementare ed ora voce narrante.
Il film ha buoni spunti, ma non coinvolge. Non è un dramma e non ha l'ironia leggera della retrospettiva disincantata.
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