fabri
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lunedì 11 gennaio 2021
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buon film di genere
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Bella ambientazione, storia accattivante, buoni attori, se vi ha incuriosito guardate la serie, che amplia di molto la traccia.
Nel complesso un buon film, con una buona tensione.
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emanuele 1968
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mercoledì 8 aprile 2020
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manipolazioni genetiche
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Visto ieri in TV
Non ho guardato trailer recensioni ecc. cosi non sapevo cosa mi aspettava, comunque il film pareva subito un mix di rambo e supereroi vari, in sostanza narra un esperimento per creare un soldato migliore, la trama casca a fagiolo perche parla di manipolazioni genetiche, e come non pensare alla triste situazione che stiamo vivendo in questo tempo di covid-19
Mah..... un proverbio dic
e male non fare paura non avere.
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lucia amelio
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mercoledì 11 dicembre 2019
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illogico
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Ma perché l'obbligo di dare un segno di vita via transponder? Non potevano ricostruirsi una vita senza dare all'occhio? E' anche vero che senza questo presupposto non ci sarebbe stato un film...
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m.farulli
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lunedì 11 novembre 2019
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hanna il cappuccetto rosso sangue
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Hanna è uno dei più bei film di azione che abbia visto. Nel film troviamo una bella trama, paesaggi e cultura, uniti ad una serie di inquadrature che nascondono sempre indizi di novelle, sembra un sogno. Certo occorre tempo per metabolizzare e capire la sceneggiatura, anche a causa della velocità e del ritmo, per cui richiede di essere visto almeno due volte. Hanna eccezionale. Musica bellissima. Scene da favola. Azione, amicizia, c'è tutto. Alcune situazioni sono rimaste in sospeso, vedremo. Consiglio vivamente questo film.
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greatsteven
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martedì 13 giugno 2017
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una bambina addestrata come macchina da guerra.
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HANNA (GERM/USA, 2011) diretto da JOE WRIGHT. Interpretato da SAOIRSE RONAN, ERIC BANA, CATE BLANCHETT, OLIVIA WILLIAMS, TOM HOLLANDER, JASON FLEMYNG
Tre personaggi principali: Hanna, sedicenne, cresciuta nelle foreste del Circolo Polare Artico, abituata ad una vita violenta ed essenziale; Erik Heller, olandese, che si spaccia per suo padre e l’ha addestrata all’omicidio e alla sopravvivenza; Marissa Wiegler, tedesca, agente della CIA, in passato compagna di lavoro di Erik, a conoscenza dell’estrema duttilità fisica della ragazza e intenzionata a togliere di mezzo entrambi. Con un bagaglio di informazioni fittizie da tenere con sé, Hanna se ne va dalle lande ghiacciate, viene catturata dagli sgherri di Marissa, riesce a fuggire rocambolescamente, esce da un tombino, si ritrova nel deserto del Marocco e ha la fortuna di aggregarsi ad una famigliola lì in vacanza.
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HANNA (GERM/USA, 2011) diretto da JOE WRIGHT. Interpretato da SAOIRSE RONAN, ERIC BANA, CATE BLANCHETT, OLIVIA WILLIAMS, TOM HOLLANDER, JASON FLEMYNG
Tre personaggi principali: Hanna, sedicenne, cresciuta nelle foreste del Circolo Polare Artico, abituata ad una vita violenta ed essenziale; Erik Heller, olandese, che si spaccia per suo padre e l’ha addestrata all’omicidio e alla sopravvivenza; Marissa Wiegler, tedesca, agente della CIA, in passato compagna di lavoro di Erik, a conoscenza dell’estrema duttilità fisica della ragazza e intenzionata a togliere di mezzo entrambi. Con un bagaglio di informazioni fittizie da tenere con sé, Hanna se ne va dalle lande ghiacciate, viene catturata dagli sgherri di Marissa, riesce a fuggire rocambolescamente, esce da un tombino, si ritrova nel deserto del Marocco e ha la fortuna di aggregarsi ad una famigliola lì in vacanza. Nascostasi nel loro bagagliaio con la complicità della coetanea Sophie, Hanna attraversa lo stretto di Gibilterra, sbarca in Spagna e, dovendo raggiungere Berlino, deve ancora far fuori i predatori che la braccano, ora guidati dal perfido Isaacs, assassino a pagamento reclutato da Marissa. Erik, frattanto, ha lasciato anche lui la capanna nordica, è giunto a nuoto in terra tedesca e, dopo un primo attentato alla sua vita miracolosamente ben gestito, si ricongiunge ad Hanna e le racconta la verità: nata da una donna polacca a nome Johanna, è stato iniettato nel suo embrione un gene che enfatizzò i poteri fisici in modo da creare una bambina-soldato con resistenza, velocità e forza sovrumane, in grado di affrontare pericoli inimmaginabili e sfide di portata formidabile. Triplo epilogo sanguinoso in un parco giochi della capitale germanica. Musicato dalla colonna sonora pomposa e martellante dei Chemichal Brothers, sorretto da un montaggio mozzafiato che lascia poco respiro allo spettatore e sostenuto da una sceneggiatura che zigzaga fra esplosioni di ferocia e pause riflessive che aumentano la tensione, è un thriller fantascientifico che trae a piene mani gli elementi più crudi del dramma, condendoli con una vena horror non troppo calcata e spingendo rispettivamente sul pedale della spietata analisi psicologica nel ritratto di una protagonista non convenzionale, e sulla frizione dell’emotività per cambiare le marce a seconda della cifra narrativa che assume il racconto, passando con ammirevole disinvoltura dal patetico al sentimentale, dall’efferato al sanguinario, dal melanconico al mellifluo. Già con un’esperienza nel cinema fantasy (molto differente da Hanna) avuta col discreto Ember – Il mistero della città di luce (2008), Ronan si mostra assai a suo agio nel ruolo di un’assassina adolescente ammaestrata come il più malvagio degli animali da circo a correre, saltare, maneggiare il coltello, sparare con la pistola, lottare a perdifiato e in generale sopravvivere, qualunque condizione di pericolo se li presenti davanti. La sua protagonista si conferma come carta vincente di un film emozionante che pecca nella ricerca di un finale efficace e nei rallentamenti dovuti all’iniezione di zucchero mieloso nella parte centrale, in cui, con l’incontro con una famiglia legata più dalle convenzioni da società globalizzata che da un sincero affetto fraterno, prevalgono le leziosità in puro stile teen-ager. I risultati migliori, dunque, vengono ottenuti con la rappresentazione della violenza, che, tanto per fare un paragone, si allontana drasticamente da quella degli spaghetti-western per attingere dalla scuola hitchcockiana, puntando su un trionfante accumulo della suspense e sulla crescita interiore dei personaggi (ben avviata, ma poi leggermente ingolfata, il che fa perdere punti alla credibilità dell’intreccio). Due australiani (caso raro) in un ruolo che li contrappone come elementi complementari, non solo sessualmente: Bana è un ex agente votato alla protezione della sua figlioccia, a costo di tollerare il relativo allontanamento e di riaffrontare un doloroso passato che l’ha visto complice nella modificazione genetica del patrimonio di Hanna, mentre Blanchett, sempre poco a suo agio nelle vesti di un’antagonista, riesce comunque a brillare col suo volto algido, la sua espressione serafica e il suo sguardo malizioso mentre ripercorre le tracce della sua odiatissima fuggitiva, mostrando un’ampia conoscenza delle debolezze dell’animo umano e dovendo scontrarsi anche lei con trascorsi ben poco illustri. I pezzi di bravura migliori corrispondono al prologo e alla conclusione: lo sventramento del cervo ucciso a frecciate e l’inseguimento per i binari ferroviari del parco giochi. Ma si distinguono per genialità creativa anche la fuga di Hanna dal bunker sotterraneo irto di telecamere, il dialogo nell’alberghetto polveroso col marocchino, l’amicizia un po’ traballante ma sanguigna con la ragazzina sdolcinata e pretenziosa, le numerose sequenze di combattimento (di forte impatto visivo ed emotivo), le altrettanto innumerevoli corse di Hanna sia nel paesaggio desertico che in quello polare, le acrobazie fra i containers del porto, l’uccisione della nonna che parla solo tedesco e la scioccante rivelazione nel sottofinale. Funzionano anche l’Isaacs di T. Hollander (il Cutler Beckett de I Pirati dei Caraibi, qui non meno perverso), il papà barbuto di J. Flemyng (anche lui spesso impiegato in ruoli squilibrati o comunque fuori dal comune) e il mago del parco ispirato alle fantasiose fiabe dei Grimm. In ultima analisi, Hanna non è una ragazza cattiva, non vuole far del male agli altri benché sia stata allenata proprio per questo obiettivo: nel fondo del suo animo, albergano la pietà, la bontà e la carità, e lei sente di dover ricorrere a mezzi estremi soltanto perché non ne conosce altri per entrare pacificamente in sintonia col mondo. Non a caso uno dei suoi maggiori rimpianti è non aver potuto godere di un’infanzia serena, il che riporta il discorso alla struttura fondamentalmente fiabesca della pellicola e al suo leitmotiv, poco ricorrente ma importantissimo, delle favole dei fratelli Grimm, illustrate in un libro all’inizio e traslate figurativamente più avanti nel film. Una piccola perla densa di tensione a rotta di collo da gustare in sala cinematografica, non certo un caposaldo, ma tuttavia un dignitoso esperimento su ruoli non abituali agli attori che li hanno incarnati.
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nikidis
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mercoledì 6 aprile 2016
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2.5 stelle
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Un paio di incongruenze nella sceneggiatura: la ragazzina che si aggancia al fondo dell'auto in transito (dinamica impossibile) e sempre lei che, nn avendo mai usato né visto un computer, si mette a fare ricerche in internet.
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kondor17
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lunedì 19 gennaio 2015
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una nikita bionica
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Fumettone con un discreto inizio e una buona fotografia. Spero proprio il regista volesse realizzare un film grottesco, ma mi sa che invece vi ci è proprio scivolato di brutto. Troppe le scene lacunose,le task force e gli assedi elusi, ma la scena che mi ha più inorridito è quando Hanna si attacca da sotto un tombino al semiasse di un Hummer in corsa, in pieno deserto sassoso e senza Neanche un graffio. Ma che siamo, dico, tutti deficenti? Alla fine, quando le due predestinate si trovano faccia a faccia nella casetta delle fiabe, Wright ci vuole sorprendere ancora e questa volta virando verso l horror. E basta, non se ne può più.
L'idea non era affatto male, la.
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Fumettone con un discreto inizio e una buona fotografia. Spero proprio il regista volesse realizzare un film grottesco, ma mi sa che invece vi ci è proprio scivolato di brutto. Troppe le scene lacunose,le task force e gli assedi elusi, ma la scena che mi ha più inorridito è quando Hanna si attacca da sotto un tombino al semiasse di un Hummer in corsa, in pieno deserto sassoso e senza Neanche un graffio. Ma che siamo, dico, tutti deficenti? Alla fine, quando le due predestinate si trovano faccia a faccia nella casetta delle fiabe, Wright ci vuole sorprendere ancora e questa volta virando verso l horror. E basta, non se ne può più.
L'idea non era affatto male, la.prima parte neanche e questo gli evita la votazione minima. 4
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contrammiraglio
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martedì 9 dicembre 2014
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sarebbero 2 e 1/2
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Le stelle, sarebbero due e mezzo; se si tralascia ogni parvenza di credibilità (annichilimento di soldati a gogo, aggrappamenti agli alberi dei furgoni etc), ci si godono le ambientazioni inusuali, il ritmo forsennato e la gelidità delle donne ci si diverte!
Da vedersi, comunque.
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inesperto
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martedì 9 dicembre 2014
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un angelo letale dagli occhi di ghiaccio
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Buon film di azione e spionaggio. La Ronan è splendida come sempre (che occhi!) e si rivela ottima nelle scene di combattimento.
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gianleo67
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venerdì 5 dicembre 2014
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l'enfant sauvage...secondo wright
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Figlia di un ex agente CIA da cui è stata allevata nella selvatica cattività di un rigoroso addestramento tra i boschi, per Hanna è finalmente giunto il momento di ritornare alla civiltà per vendicare la morte della madre, uccisa da una ex collega e nemica giurata del padre. Quello che Hanna non tarda a scoprire è in realtà una verità assai più complicata sulle sue origini, sul rapporto con il suo mentore e sulle reali finalità della sua missione. La sua vendetta sarà spietata.
Passando dagli adattamenti cinematografici di melodrammoni in costume ('Orgoglio e pregiudizio ' - 2005 e 'Espiazione' - 2007) all'action thriller spionistico ad alto tasso di adrenalina e di futuribili trame fantapolitiche, il 40enne Joe Wright sembra perdere convinzione e smalto amalgamando in modo abbastanza prevedibile il modello da 'enfant sauvage' di una piccola Nikita di origini teutoniche che parla fluentemente un numero imprecisato di lingue, ha una cultura pressocchè nozionistica (quella che passa il convento), ripete come un mantra le coordinate geografiche e sociali di una sua immaginaria identità civile e soprattutto è una letale arma di distruzione di massa dai capelli biondissimi e dal dolce sorriso lentigginoso.
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Figlia di un ex agente CIA da cui è stata allevata nella selvatica cattività di un rigoroso addestramento tra i boschi, per Hanna è finalmente giunto il momento di ritornare alla civiltà per vendicare la morte della madre, uccisa da una ex collega e nemica giurata del padre. Quello che Hanna non tarda a scoprire è in realtà una verità assai più complicata sulle sue origini, sul rapporto con il suo mentore e sulle reali finalità della sua missione. La sua vendetta sarà spietata.
Passando dagli adattamenti cinematografici di melodrammoni in costume ('Orgoglio e pregiudizio ' - 2005 e 'Espiazione' - 2007) all'action thriller spionistico ad alto tasso di adrenalina e di futuribili trame fantapolitiche, il 40enne Joe Wright sembra perdere convinzione e smalto amalgamando in modo abbastanza prevedibile il modello da 'enfant sauvage' di una piccola Nikita di origini teutoniche che parla fluentemente un numero imprecisato di lingue, ha una cultura pressocchè nozionistica (quella che passa il convento), ripete come un mantra le coordinate geografiche e sociali di una sua immaginaria identità civile e soprattutto è una letale arma di distruzione di massa dai capelli biondissimi e dal dolce sorriso lentigginoso. Non prendendosi troppo sul serio, ma nenche negandosi il repertorio di rocambolesche evasioni, fughe, sparatorie e rese dei conti varie, Wright imbastisce una sorta di narrazione favolistica di una innocenza perduta (o mai posseduta) nel suo disperato tentativo di recuperare il tempo e le palpitazioni adolescenziali lungo un percorso on the road che la porterà nel museo posticcio di un immaginario da fratelli Grimm e dove la solita regina crudele e livorosa (una non troppo credibile e sempre graziosa Kate Blanchett) la attendende per stabilire il suo triste dominio sulla bistrattata infanzia di una cinica manipolazione genetica. Tutto già visto e rivisto ovviamente, con l'aggravante di mantenere inspiegabilmente nebulose e deboli le motivazioni che conducono all'inevitabile tragedia di un crudele rendez-vous familiare e di procedere per accumulazione di luoghi comuni di cui ci saremmo volentieri risparmiata la visione, come pure la faccia monoespressiva di un Bana sortito dall'atelier finto-vintage di una 'cortina di ferro' fuori tempo massimo. Resta l'aggraziata e simpatica flessuosità della efebica e letale Saoirse Ronan pronta a far strage tanto di cattivi neonazi dai capelli ossigenati quanto mettere al tappeto uno sprovveduto e sdolcinato spasimante occasionale nel malinteso slancio di tenere effusioni adolescenziali. Più che le suggestioni di struggenti ricadute degli strascichi mistificatori di una spietata e cinica manipolazione genetica, rimane il senso di un'occasione sprecata per un autore non privo di qualità che, dopo i convincenti esordi di soggetti complicati e ad alto peso specifico, sembra perdersi nel solito bicchiere d'acqua del facile blockbuster americano con ambizioni mainstream (distribuiscono Universal e Sony) che lascia il tempo che trova.
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