Habemus Papam |
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Un film di Nanni Moretti.
Con Michel Piccoli, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Franco Graziosi, Camillo Milli.
continua»
Commedia,
durata 104 min.
- Italia, Francia 2011.
- 01 Distribution
uscita venerdì 15 aprile 2011.
MYMONETRO
Habemus Papam
valutazione media:
3,73
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un ruolo alla Moretti per un film di Morettidi Alessandro Di FioreFeedback: 1305 | altri commenti e recensioni di Alessandro Di Fiore |
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giovedì 23 agosto 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Finalmente è uscito nelle sale l’ultimo attesissimo film di Nanni Moretti. Già il titolo è una conferma delle caratteristiche del suo cinema: “Habemus papam”. Infatti già dal titolo si capisce che a Moretti, uno dei più importanti registi italiani, non difetta certo il coraggio e l’originalità. E’ un film che racconta un vero e proprio panico interiore di un pontefice che, appena eletto, non regge al peso e alla responsabilità della propria missione. Tanto da ricorrere alla psicanalisi e da mimetizzarsi tra i pellegrini. Terminato il lungo periodo di riflessione (che non è una riflessione tutta interiore, anzi trae spunto dal contatto con la gente più comune e più umile), sentirà forse dentro di sé una coscienza più complessa e variegata che però anziché sorreggerlo nell’affrontare il compito affidatogli, ratificherà l’insicurezza propria di chi sente il bisogno in questo mondo di essere accompagnato nel proprio percorso interiore, piuttosto che la presunzione o il dono divino della predisposizione al ruolo di guida spirituale. L’atto di estrema umiltà che conclude il film, e che rappresenta l’inevitabile e coerente capolinea di un personalissimo itinerario, è il passaggio a mio avviso più toccante e convincente del film. Tutto qui? Sì, tutto qui, ed è maledettamente troppo poco per un maestro del cinema italiano. Sfruttando una attrezzatura culturale adeguata, della quale Moretti certamente dispone ma che nel film è incomprensibilmente inespressa, lo spettatore avrebbe avuto l’opportunità di immergersi nel formidabile e affascinante tema del rapporto tra psicanalisi (esercitata per giunta da uno psicanalista ateo, il che rende ancora più stimolante il materiale su cui lavorare) e religione. Invece di quel rapporto si comprende solo l’annuncio di una sconfitta anticipata rispetto al confronto nel merito. Non è la sconfitta della psicanalisi, guarda caso, ma delle gerarchie ecclesiastiche che rimuovono le condizioni perché essa possa essere esercitata: sedute pubbliche anziché private; divieto di porgere domande intime e scabrose se non all’imbarazzante prezzo di imporre al paziente la dismissione fisica e mentale dell’ingombrante abito talare; insomma i mille tabù che vivono nelle mura vaticane varcate le quali si è costretti ad imbattersi e che esaltano l’irriverente sicumera del nostro ateo strizzacervelli. Sicché il Moretti-psicanalista gioca troppo in casa pur giocando in trasferta (Città del Vaticano), la fa da padrone su tutto, insegna pazientemente all’inerte plotone di cardinali le regole basilari della pallavolo, così come, udite udite, i messaggi di umiltà nei passi della Bibbia, l’ideale modulo di gioco nel calcetto così come l’insensatezza della vita insita nel darwinismo. E’ questo il passaggio più detestabile e irritante del film, e avrebbe avuto le potenzialità di essere il più alto: una schiera di cardinali avvezzi a sofisticate disquisizioni teologiche ridotti a cervelli ad elettroencefalogramma piatto da argomentazioni (di un Moretti-psicanalista che in nome del proprio confermato narcisismo non ama essere smentito) che nella loro banalità non avrebbero trovato dignità di menzione nemmeno nei tascabili bignamini.
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