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Faccio un salto all'Avana, commedia leggera ma fuori dai cliché

Il cast del film racconta l'esperienza di girare a Cuba.
di Ilaria Ravarino

Francesco Pannofino (Vittorio) in una scena del film Faccio un salto all'Avana di Dario Baldi.
Francesco Pannofino (65 anni) 14 novembre 1958, Pieve di Teco (Italia) - Scorpione. Interpreta Vittorio nel film di Dario Baldi Faccio un salto all'Avana.

mercoledì 20 aprile 2011 - Incontri

Cuba, nel bene e nel male. A 24 ore esatte dal quinto congresso del Partito comunista cubano, portatore di dolorose riforme economiche e politiche, un film italiano si affaccia quasi per caso sull’isola caraibica, esotico e controverso palcoscenico dell’ultima commedia targata Medusa, Faccio un salto all’Avana, in sala dal 22 aprile. «Siamo stati sull’isola poco tempo e non possiamo arrogarci il diritto di raccontarla – mette le mani avanti in conferenza stampa il regista Dario Baldi, lucida testa da documentarista prestata al cinema d’intrattenimento – Non basterebbe una vita per farlo. Per certe cose abbiamo sofferto, per esempio il caldo e il cibo, ma ci tengo a dire che Cuba è un posto meraviglioso, stupendo, cui sono molto affezionato». Il film, precisano il regista e i suoi interpreti Enrico Brignano, Aurora Cossio e Francesco Pannofino, non pretende di raccontare l’isola: «È una commedia leggera ma fuori dai cliché», dice Baldi, «un film romantico che parla d’amore per un fratello e per una vita diversa», si accoda Brignano. Ma Cuba non è fatta per rimanere sullo sfondo. Si affaccia con tutte le sue luci e ombre nei racconti piccoli dei protagonisti, Brignano che non riesce a girare una scena «perché c’era una fogna a cielo aperto, e la gente del posto neanche ci faceva caso», Pannofino che parla di un paese «strano, fermo nel tempo, con macchine anni ‘50 e gente allegra che ride nonostante la situazione», il regista che ricorda fiero la sua troupe di 80 cubani e 20 italiani, e la Cossio, che dice involontariamente la cosa più illuminante sugli squilibri dell’isola: «Non è vero che abbiamo avuto problemi con il cibo: ogni sera dopo le riprese andavamo a mangiare pesce crudo in un ottimo sushi bar. Era del figlio di Castro, mi pare».

Come avete scelto la location? Perché Cuba?
Baldi: La location era già nella sceneggiatura che mi è stata affidata. A Cuba ero stato solo una volta, ma ho girato molto il Sud America e amo quelle terre. Ho cercato di rappresentare Cuba nel bene e nel male, anche nella sua affascinante povertà.

È stato difficile girare a Cuba?
Baldi: Abbiamo fatto un gran lavoro sulle location e sulle comparse, ho fatto provini a più di 1000 persone. E sono stato lasciato molto libero nelle mie scelte, nonostante fossi un esordiente. Lavorare là non è stato complicato, siamo andati sul posto un po’ di tempo prima e siamo stati sostenuti dall’ICAIC, l’Istituto di Cinematografia del Governo Cubano, di straordinaria professionalità.
Brignano: Non è stato difficile, ma certamente avevamo un’idea diversa del paese che poi abbiamo trovato. La realtà cubana è in pieno cambiamento, oggi addirittura quasi apre all’iniziativa privata. Il turismo sessuale ancora esiste ma non è come una volta. Pensavamo a una situazione più drammatica: il dramma c’è, ma è contenuto.
Cossio: Era la mia prima volta a Cuba e interpretare un personaggio così, per me che sono colombiana e nel contesto di quella situazione socio-politica, non è stato facile. Se non fossi arrivata in anticipo per stabilire un contatto diretto con i cubani non ce l’avrei fatta. I cubani non parlano volentieri di certe cose, è difficile tirargli fuori un commento sulla prostituzione o sulla decadenza del paese. Temono che le informazioni possano venire usate contro di loro.

Che tipo di commedia si deve aspettare il pubblico?
Baldi: Il primo intento era quello di distaccarsi il più possibile dai film vacanzieri e balneari: con tutto il rispetto che gli si deve, per gli incassi che riescono a fare, quei prodotti non sono nelle mie corde. Ho pensato che Brignano e Pannofino potessero costituire una coppia interessante, e poi gli ho affiancato un’attrice che avesse una sua sensualità, senza giocare sul cliché della tipica bellona sudamericana svestita, senza calcare la mano insomma. Ho cercato una commedia leggera, anche con tinte da film di inseguimento, o giallo.
Cossio: Quel che ha fatto Baldi con le sue protagoniste femminili ha dello straordinario. In Italia è raro che le donne siano valorizzate nei film, e gli autori scrivono pochissimi ruoli per loro. Il nostro regista ci ha trattate benissimo.

Com’è nata la complicità fra Pannofino e Brignano?
Brignano: Io Pannofino lo conoscevo già, lo vidi a teatro in "Esercizi di stile". È bravo, eclettico e compagnone. Di lui sapevo che si gode la vita, che beve come una spugna e mangia come un democristiano. È il compagno ideale per andare a Cuba, anche se in effetti là, con l’embargo, non è che si mangi molto oltre a maiale e pollo.
Pannofino: Enrico farebbe ridere pure le pietre. Tra l’altro girare a Cuba e stare là un mese è stata per entrambi un’occasione straordinaria. Cuba è un paese strano. È vero che tutti hanno da mangiare e un’istruzione di base, ma essere bravi là quasi non serve, non c’è spazio per l’iniziativa, i giovani sono come frenati. Vedevamo tutti i giorni i ragazzi ballare sul lungomare, e ci chiedevamo cosa avrebbero fatto il giorno dopo.

Brignano, quanto c’è di lei nel suo personaggio?
Brignano: Può succedere che in certe battute venga fuori qualcosa di mio... L’attore comico ha la responsabilità di fare del suo meglio e io ho chiesto al regista di girare sempre almeno tre inquadrature buone, per poter scegliere dopo.

È un film in cui lei sembra aver avuto più libertà del solito...
Brignano: Sono un attore di teatro che ha avuto la fortuna di diventare un’icona della comicità. Ho fatto una stagione teatrale con due spettacoli, "Rugantino" e un one man show, molto diversi ma entrambi di grande successo. Al cinema è come se stessi ricominciando da capo, sento di avere più spazio e credibilità. A 45 anni posso dire la mia anche sul copione di un film, posso cassare una battuta se debole o volgare. Ma il cinema non è come il teatro, a teatro ho più controllo della situazione, nel cinema il successo dipende da tante cose: dalle copie, dalla pubblicità, dal titolo o dal momento.

A proposito: Pannofino, quanto pesa la ferita dell’insuccesso di Boris - Il film?
Pannofino: Non so perché Boris sia uscito in questa stagione, sono strategie di distribuzione che rinuncio a indagare. Il film era pronto da tempo, ma è uscito tardi. Non ho nessuna ferita, sono contento della prestazione, delle recensioni, del pubblico che incontro e mi fa i complimenti. Non ho nulla da rimproverarmi, in Italia è così: non c’è la cultura del cinema estivo. Il nostro weekend di programmazione ha penalizzato tutti i film, non solo il nostro. E poi ha giocato a sfavore anche la cattiva promozione, quel manifesto con il pesce che richiamava più un cartoon pasquale che un film e nascondeva gli attori. L’onda è lunga e lenta, il film sarà apprezzato prima o poi. Intanto spero che con Faccio un salto all’Avana vada meglio...

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