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Una perla rara, di quelle che arrivano una volta ogni decennio, già alla sequenza iniziale ci possiamo fare un'idea ben precisa di quello che abbiamo di fronte ed ai più navigati non può che sfuggire un sorriso, il presagio è chiaro. La storia di uno stunt-meccanico-pilota prodigio che di notte arrotonda come autista per rapine, taciturno e inespressivo, ricorda un po' Léon nella caraterizzazione del professionista sociopatico. Il nostro asso del volante si innamora della vicina di casa Irene e ne 'adotta' il figlioletto in un quadro familiare perfetto, fin quando il marito di lei tornerà dal carcere. L'ex galeotto è invischiato nel malaffare e rischia grosso, il protagonista decide di salvare capra e cavoli offrendo il suo aiuto ma la svolta è vicina: si passa dai toni pastello al grand guignol, il lato oscuro si palesa dal nulla e il pubblico in sala si aggrappa alla poltrona, è uno spasso.
Regia sopraffina che non esita a shakerare generi agli antipodi con un risultato invidiabile, complici una sceneggiatura azzeccata e un cast decisamente in parte come non se ne vedevano da tempo ma la parte del leone la fa la colonna sonora, magnifico guazzabuglio di beats notturni e sognante synth-pop retrò, dosata da Refn con mano da alchimista; la fotografia annega nel neon con nostalgico compiacimento, senza scadere nell'amarcord. Il premio che fu di Mulholland Drive (nomen omen?) torna in buone mani, pur mancando di quell'aura epocale che contraddistingue il monolite di Lynch. Drive è il film che gli anni 80 hanno sempre inseguito ma non ci hanno mai regalato, intenso e realmente commovente , con buona pace di chi recensisce con il dente avvelenato.
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