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Soderbergh, un paranoico film sulla pandemia

La Mostra applaude Contagion.
di Ilaria Ravarino

In foto il cast di Contagion in occasione del photocall.
Gwyneth Paltrow (51 anni) 27 settembre 1972, Los Angeles (California - USA) - Bilancia. Interpreta Beth Emhoff nel film di Steven Soderbergh Contagion.

domenica 4 settembre 2011 - Incontri

I blog non sono giornali. Sono graffiti con la punteggiatura». Applaudito fuori concorso, il paranoico film di Steven Soderbergh sulla pandemia, Contagion, ha già vinto un primato: quello della battuta più ripetuta, e amata, dall'inizio della Mostra. Al Lido con un gruppo che più che una delegazione pareva una famiglia, al fianco del suo attore feticcio Matt Damon, degli interpreti Gwyneth Paltrow e Laurence Fishburne e dello sceneggiatore, amico e collaboratore di lunga data Scott Z. Burns, Soderbergh ha partecipato a una delle conferenze stampa più inquiete degli ultimi giorni, minata da una sottile e inconfessata paranoia. Perché è bastato un colpo di tosse in sala stampa perché il regista, divertito, affondasse sadico il colpo: «Quanta gente credete che abbia toccato quel microfono? Vi sentite davvero sicuri qua dentro?». E Burns, a rincarare la dose: «Quasi ogni settimana viene scoperto un nuovo virus. Significa che, ogni anno, ci sono 52 proiettili caricati in un fucile e puntati contro la razza umana».

Dal vostro film si direbbe che la solidarietà umana, spontanea in caso di calamità naturali, cessi completamente di fronte alla pandemia. Perché?
Paltrow: Perché paradossalmente durante una calamità naturale è più facile essere eroi. La pandemia invece uccide lo slancio: il virus è contagioso, la gente ha paura di morire, la sopravvivenza di ognuno è a rischio.

Da dove arriva l'idea del film?
Soderbergh: Vorrei che a questa domanda rispondesse Scott.
Burns: Dalla volontà di esplorare i limiti dell'umanità e dalle notizie di cronaca, che parlano di virus diffusi nel mondo attraverso il mercato degli animali vivi.

Vi siete ispirati ad altri film sull'argomento, come Panic in the street?
Burns: No, quel film l'ho voluto vedere solo due settimane fa. Ma era molto diverso, si svolgeva a New Orleans e il virus veniva portato attraverso le navi, come una specie di peste nera.

Quanto siete stati influenzati da serie tv come CSI?
S: Veramente ciò che più ci ha influenzati è stato un film, Tutti gli uomini del Presidente. Cercavo quel tipo di stile pulito per un film dal contenuto realistico.

Vedete in Contagion una metafora della crisi economica mondiale?
S: Se c'è un motivo per cui ho accettato questo film, è che non vuole essere metafora di niente. Il virus è il virus. È una cosa abbastanza nuova per me: un film in cui il protagonista non dice una parola, e tutti gli altri personaggi parlano continuamente di lui. Il protagonista naturalmente è il virus.

Perché avete scelto la città di Hong Kong come focolaio del virus?
S: Scott? B: Uno dei nostri consulenti ha lavorato alla Columbia University alle ricerche sul virus della Sars, ed è stato lui a spiegarci come tutto sia cominciato in quell'area dell'Asia e quanto abbia contato nella propagazione della malattia la presenza di animali vivi nei mercati e la loro commercializzazione. Ci sembrava un setting realistico anche per il nostro film.

La controinformazione e i blog hanno nel vostro film un aspetto negativo: perché?
S: La controinformazione doveva essere presente nel film perché ci serviva un controcanto, una voce contraria che proponesse alternative diverse da quelle suggerite dalle autorità. Ma...
B: ... ma quando succedono cose del genere, la controinformazione può diventare maligna. E diffondersi pericolosamente come un virus.
S: Non è cinismo. Il blogger interpretato da Jude Law è ambiguo, ma è convinto di agire per il bene e non sempre sbaglia.

Gli attori come hanno lavorato sui personaggi?
Fishburne: In fretta, ma per fortuna avevamo una sceneggiatura ottima. Il mio personaggio è un tipo con una grande responsabilità, deve capire cosa sta succedendo, evitare il panico, scegliere le persone cui rivelare la verità.
Damon: Era tutto su carta, io mi sono limitato solo a ingrassare visto che il mio personaggio era disoccupato da un anno e mezzo. Credo che agisca a fin di bene, è un padre e cerca di proteggere la sua famiglia.
Paltrow: Non giudico il mio personaggio per quel che fa, se quelli che hanno tradito il proprio partner dovessero prendersi il virus in questo istante, tutti i presenti in questa sala morirebbero. Siamo esseri fallibili, il mio personaggio è molto umano, si trova semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ci sono molte figure femminili eroiche nel film. Perché?
S: Perché nei centri ricerca lavorano soprattutto donne.

Ci sono stati momenti difficili durante le riprese?
P: Assolutamente no. Era la prima volta che mi trovavo a Hong Kong ed è stata una bellissima esperienza. Quanto al ruolo, mi è piaciuto persino girare la scena in cui mi rotolo per terra con la bava alla bocca. Non è stato male.
D: Con Soderbergh non esistono ruoli difficili e questo è il motivo per cui ho girato con lui sei film. È un regista che non ti mette mai ansia ed è capace di trovare modi onesti, singolari e unici di risolvere le scene più complesse.

Girare con tante star è d'aiuto al film? Come fa a convincerle e partecipare?
S: Certo che aiutano. Soprattutto in un film del genere, in cui gli spettatori hanno bisogno di riconoscere volti cui aggrapparsi e identificarsi. Per convincerli basta avere una buona sceneggiatura.

Questo film ha cambiato la vostra personale percezione del pericolo di contagio?
S: Questo tipo di paura è molto pericolosa, perché è impossibile smettere di pensarci dopo che lo hai fatto la prima volta. Ma se avessi davvero paura allora non prenderei più nemmeno l'aereo, che in questo senso è uno dei mezzi più rischiosi...

È vero che intende ritirarsi dal cinema per dedicarsi alla pittura?
S: Mi prendo solo una pausa, niente di drammatico. Un anno sabbatico di riposo.

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