A Simple Life

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Un film di Ann Hui. Con Andy Lau, Deannie Yip, Wang Fuli, Hailu Qin, Paul Chun.
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Drammatico, durata 117 min. - Hong Kong 2011. - Tucker Film uscita giovedì 8 marzo 2012. MYMONETRO A Simple Life * * * 1/2 - valutazione media: 3,89 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

L'uomo e la tata sfida al cinema a colpi di poesia

di Paolo D'Agostini La Repubblica

Per quanto comunicativi risultino nella loro semplicità poetica la vicenda narrata e i due personaggi principali del film, e per quanto ascoltare le vere voci dei due interpreti, nella versione sottotitolata, possa aiutare ad avvicinarsi alla loro verità umana universale, resta un po’ la frustrante sensazione di non cogliere tutto quello che si potrebbe e dovrebbe. Come del resto accade sempre a uno spettatore europeo e occidentale davanti a un film cinese. Si tratta di A simple life di Ann Hui, la regista di Hong Kong alla cui molto vasta produzione dedicò una retrospettiva completa nel 2009 il Far East Film Festival di Udine, autorevole osservatorio sulle ricchissime realtà creative e produttive asiatiche. Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Deanie Ip alla Mostra diVenezia 2011. Tra le cose che non ci risultano di immediata comprensione (oltre, per esempio, alla maniera di esprimere i sentimenti) c’è anche lo sfondo storico, sociale, di costume. Che, anche per scelta di stile, il film dà per implicito. Tao, la protagonista, incarna una figura molto familiare a quel ceto benestante che la restituzione di Hong Kong alla Repubblica popolare cinese nel 1997 ha disperso nell’emigrazione o comunque modificato. E’ la “amah”, domestica e bambinaia, che le famiglie borghesi prendevano con sé in giovanissima età, magari per badare a bambini pochissimo più piccoli o addirittura coetanei. Dunque parte della famiglia, e senza una famiglia propria. Traendo ispirazione diretta dalla storia familiare di Roger Lee, produttore cinematografico hongkonghese con il quale la Hui aveva collaborato, il film ci racconta gli ultimi momenti di convivenza tra il giovane uomo, Roger appunto (l’attore, una star a Hong Kong e in Cina, è Andy Lau) rimasto da solo dopo che tutto il resto della famiglia Lee si è trasferita negli Stati Uniti, e l’ormai molto anziana Tao che ha servito la famiglia per sessant’anni e da quando ne aveva appena tredici e continua ad accudire Roger dopo averlo cresciuto. E’ la stessa donna, dopo un malore, a decidere di ritirarsi in una casa per anziani. Diciamo subito che colpisce, in questa narrazione, l’ibrido e la sovrapposizione tra una dimensione di vita moderna, competitiva, accelerata, consumista, e la preservata attenzione a stili di vita tradizionale con le loro ritualità e i loro ritmi, al valore irrinunciabile di relazioni che conservano il giusto posto al rispetto, alla gratitudine, alla dignità. La svolta nella vita intensa e indaffarata ma piuttosto povera di affetti di Roger lo induce a dedicare mille attenzioni all’anziana tata, ad avere cura di lei come di una sostituta della figura materna, e lo induce al recupero di tutte le memorie più care collegate alla lunghissima ma silenziosa e mai abbastanza onorata vita comune. Ma praticamente nulla viene mai detto. Quello che alla fine risulta essere un commosso omaggio al sentimento filiale e a quello materno, alla gratitudine per il tanto che si è ricevuto dandolo forse troppo spesso per scontato, al rispetto per la dignità della condizione di chi si avvicina alla fine del percorso di vita, assume un passo da commedia sia pur lirica, melanconica, crepuscolare, e si nutre di una miriade di piccoli passaggi fatti di niente ma soprattutto sprigionanti una specie di affettuoso, ammiccante, saggio umorismo. Che si esercita negli scherzi e nelle battute tra i due, fatti di una confidenza elementare e infantile, ma anche nello sguardo sull’ambiente nel quale Tao si è trasferita, la casa per anziani. L’umanità che la abita, anche se malmessa per salute o per condizione sociale, è osservata con uno spirito e con una verve per niente patetici. Spicca tra i nuovi compagni di Tao l’attempato dongiovanni che non si dà per vinto e chiede continuamente prestiti per poter fare il galante con questa o quella donna o ragazza; e Tao, che certamente non ne considera troppo dignitoso il comportamento, lo giustifica e lo protegge con sorniona comprensione. Certo che un film così rappresenta una sfida ai modelli di intrattenimento più patinato o più mmoroso. Ma dovrebbe essere anche la dimostrazione, dato il suo spessore umano e poetico, che può esserci posto per tutto.
Da La Repubblica, 7 marzo2012


di Paolo D'Agostini, 7 marzo2012

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