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Horror Frames: And Soon the Darkness

La rivisitazione di un piccolo classico.
di Rudy Salvagnini

Odette Yustman e Amber Heard in And Soon the Darkness, remake de Il mostro della strada di campagna firmato da Marcos Efron.
Amber Heard (Amber Laura Heard) (37 anni) 22 aprile 1986, Austin (Texas - USA) - Toro. Interpreta Stephanie nel film di Marcos Efron And Soon the Darkness.

martedì 22 febbraio 2011 - News

Scenografo prima di diventare regista, Robert Fuest ha caratterizzato la sua opera con una eleganza visuale e una raffinatezza inventiva che hanno avuto pochi eguali. Nell’horror e nella fantascienza ha trovato il suo terreno d’elezione, ma, pur apprezzato, non è riuscito a conquistarsi uno spazio duraturo nell’industria cinematografica concludendo anzitempo la sua carriera e venendo relegato a produzioni perlopiù televisive di scarso rilievo. L’inizio era stato promettente: dopo una commedia con il titolo dal sapore dylaniano (Just Like a Woman del 1967) e il brillante coinvolgimento nella serie televisiva Agente speciale (The Avengers, famosa anche da noi, con Patrick Macnee in bombetta e Diana Rigg come sua fascinosa partner), Fuest dirige una discreta versione di Cime tempestose (con un Timothy Dalton pre-James Bond nei panni dell’ombroso Heathcliff) ed entra nell’horror con un piccolo film di poche pretese, ma ricco di spunti: Il mostro della strada di campagna. È l’inizio di un breve flirt con il genere che trova il suo apice di popolarità nel bizzarro dittico con il malefico dottor Phibes come protagonista - L’abominevole Dr. Phibes e Frustrazione - in un tripudio di Art Déco che ancora oggi sorprende per la spavalderia nell’affrontare in modo originale tematiche tipiche dell’horror tradizionale, senza il timore di sminuire la suspense mediante l’uso di massicce dosi di ironia e umorismo.
Sono film che lasciano ampio spazio all’istrionismo di Vincent Price e preparano la strada a quel piccolo capolavoro che è Oscar insanguinato, diretto da Douglas Hickox: se L’abominevole Dr. Phibes è perfettamente compiuto ed equilibrato, Frustrazione segna una direzione più anarchica e bizzarra che avrebbe potuto portare a seguiti ancora più strambi, se la produzione e Price stesso non avessero sollevato riserve. Ma Fuest non se ne dà per inteso e prosegue verso l’eccesso con il fantascientifico Alpha omega - Il principio della fine, tratto da un libro di Michael Moorcock, autore allora molto cool, pienamente inserito nell’allora effervescente clima pop della capitale britannica. Il fallimento del film segna anche la fine dei progetti più personali di Fuest che dopo un horror di medio calibro (Il maligno) ritorna alla televisione riemergendo solo di tanto in tanto, come nel caso dell’erotico Afrodite, non riuscito ma interessante.

Il mostro della strada di campagna, il film più atipico di Fuest
Tra i suoi film, Il mostro della strada di campagna è sempre sembrato un’opera particolare, proprio per l’austera asciuttezza che lo contraddistingue, ben diversa dalla costruita eleganza scenografica dei film più noti di Fuest. Racconta di due ragazze inglesi in vacanza in bicicletta nella provincia francese. L’ambiente è solare e incantevole, ma risulta ostile ed estraneo: le differenze linguistiche e le conseguenti difficoltà di comprensione rendono le ragazze inquiete, incapaci di rapportarsi agli altri. Horror agorafobico, vede le due inglesine attorniate da una realtà che non capiscono, alle prese con un “nemico” che sembra permeare ogni cosa in un’ambiguità globale senza apparente via di scampo. La protagonista è Pamela Franklin, attrice sensibile e intensa, lanciata da bambina in Suspense - mirabile versione del classico di Henry James Giro di vite - e capace di trovare una propria dimensione interpretativa anche da adulta, prima di abbandonare il cinema ancora giovane.

Il remake di Marcos Efron: And Soon the Darkness
La febbre del remake ha colpito anche questo film di ormai quarant’anni fa spingendo l’esordiente Marcos Efron a rifarlo adeguandolo ai nostri tempi. And Soon the Darkness riprende la struttura di base del film di Fuest, ambientando però la storia in Argentina, un luogo che, diversamente dalla Francia, può fare le veci dei luoghi oscuri - come l’Europa dell’Est di Hostel - che tanto piacciono al cinema della crudeltà di oggi.
Due giovani turiste inglesi - Stephanie ed Ellie - sono in vacanza in bicicletta in Argentina: hanno lasciato per qualche giorno la comitiva cui sono aggregate per godersi in santa pace le incantevoli e solitarie strade che permettono un contatto diretto con la incontaminata natura del luogo. Non sanno, però, che in quei posti appena tre mesi prima è scomparsa Camila, una giovane ragazza. Le due sono caratterialmente diverse, ma la loro amicizia sembra solida: Ellie è più disinibita ed esuberante, Stephanie è più introversa e rimugina ancora sul suo ex fidanzato. Per la notte si fermano in un villaggio solitario ed Ellie - in cerca di avventure - ne approfitta per fare conquiste tra i giovani del luogo. La conseguenza è che il mattino dopo le due perdono il bus con cui avrebbero dovuto tornare in città e ricongiungersi con gli altri della comitiva. Sono perciò costrette a rimanere nel villaggio, in attesa di trovare un mezzo con cui andarsene. Stephanie è seccata, ma Ellie la convince ad approfittarne per visitare i suggestivi paraggi. Le tensioni però emergono e le ragazze litigano: Stephanie, seccata, se ne va lasciando l’insofferente amica a prendere il sole in un luogo solitario. Dopo un po’ Stephanie si pente e torna, ma l’amica è scomparsa: qualcuno l’ha portata via. Stephanie si ritrova da sola in un paese straniero, disperatamente impegnata a ritrovare Ellie, tra poliziotti inerti che non le credono e persone che si dichiarano amiche, ma forse non lo sono.<

Un remake riuscito solo a metà
Efron recupera gli elementi principali del film di Fuest, mantenendo il ruolo fondamentale dell’ambientazione straniera come luogo ignoto e inospitale. Però non riesce a replicare la semplice efficacia della narrazione di Fuest, capace di superare con uno stile attento e minimale le banalità della trama vera e propria. Dove Fuest agiva per sottrazione, spogliando dell’inutile e del ridondante le sequenze per far emergere la loro forza drammatica, Efron si adagia sugli schematismi dell’horror più ovvio. Anche le caratterizzazioni psicologiche delle protagoniste, che erano uno dei punti di forza del film originale, sono banali, poco approfondite: la ragazza facile che vuole divertirsi e quella più sensibile che invece si tira indietro. Niente di più. In questo modo la narrazione perde di sostanza e diminuisce l’interesse per le sorti delle ragazze. Se nella prima parte il film segue abbastanza da vicino la storia del film di Fuest, nella seconda presenta novità e variazioni che lo rendono autonomo. Purtroppo però, così facendo, il film non trova di meglio che entrare nel territorio ormai ampiamente battuto di quel cinema feroce e sadico che ormai ha fatto il suo tempo, ma che negli anni recenti ha caratterizzato l’horror. Efron riesce a generare un po’ di tensione, ma la sceneggiatura - nella parte finale soprattutto - non evita quelle scorciatoie e banalità che riducono la credibilità e l’impatto della storia, gestendo con poca abilità il confronto tra vittime e carnefici. Resta comunque una discreta prima parte, che faceva sperare in qualcosa di meglio.
La scelta di Amber Heard come protagonista sembrava ispirata: le prove dell’attrice nell’horror sono state tutte di buon livello, a partire da Mandy Lane. Alla resa dei conti, però, la Heard non riesce a reggere il confronto con Pamela Franklin: il suo personaggio non emerge con una sottigliezza paragonabile e resta quello, piuttosto piatto, della classica eroina in pericolo. Se la cava meglio César Vianco, nel ruolo di un poliziotto ambiguo e poco volenteroso.

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