Standing ovation e un applauso lunghissimo oggi per salutare Al Pacino, insignito al Lido di un premio alla carriera e fuori concorso con il suo Wilde Salomé: a nulla sono serviti i richiami della sicurezza per sedare la platea esaltata dalla presenza dell’attore. Lui, abbronzato ed elegante, ha ringraziato con un piccolo inchino, ha regalato molti sorrisi, e per un istante, molto breve e colto solo dalle prime file, ha dato quasi l’impressione di essere emozionato per davvero. Una piccola esitazione di fronte al microfono, l’incertezza negli occhi davanti alla platea che non smetteva di applaudire, un «Grazie» sussurrato qualche secondo prima dell’ingresso in sala stampa del Direttore Marco Müller e della bellissima attrice scelta da Pacino per il suo film, Jessica Chastain. «Gli artisti hanno sempre bisogno di sperimentarsi in altri campi – ha aperto l’incontro Müller - e per questo siamo orgogliosi di avere al Lido l’opera più ambiziosa e complessa mai realizzata dal grande Pacino».

La considera anche lei la sua impresa più ambiziosa?
Sì, perché davvero non sapevo dove sarei arrivato: avevo una visione, diciamo, ma non una storia. Io lo chiamo “documentario” perché Wilde Salomé non è un film, ma ad esser sinceri non è nemmeno un documentario. Sono un po’ confuso sull’etichetta da dargli: volevo fare una specie di collage, riflettere sul personaggio di Oscar Wilde e allo stesso senso dare una visione d’insieme su Salomè. Ma sapete qual è la verità? Il vero motivo per cui ho fatto questo film è stata Jessica: l’ho vista e l’ho voluta io per primo, prima che il mondo del cinema se la prenda per trasformarla nella prossima star del cinema. È stata cortese a dirmi di sì.

Cosa c’è di lei in questo film?
Tantissimo, come sempre accade quando prepari a lungo un film. Nel caso di Riccardo III la mia pulsione era quella di avvicinare il pubblico americano a Shakespeare, troppo spesso considerato un autore lontano, esclusivamente europeo. Nel caso di Salomè ho cercato di esprimere attraverso questo film la sensazione che avevo provato la prima volta che vidi la rappresentazione a teatro, oltre alla malinconia per un genio scomparso prematuramente.... ma potrei continuare a parlarne per quattro giorni, di questo argomento. Non vorrei annoiarvi.

Che valore ha il teatro per un attore come lei, star del cinema mondiale?
Il teatro è la benzina. Quando si fa teatro si crea un legame speciale con i colleghi, è una cosa che capita sempre naturalmente. A volte possono nascere delle difficoltà: io, all’inizio di un lavoro, non sono un tipo molto aperto. Ma dopo un paio di giorni sul palco capisci che si sta tutti sulla stessa barca, capisci che gli attori dipendono gli uni dagli altri come trapezisti, e se molla uno cadono tutti.

Perché ha impiegato tanti anni per realizzare questo progetto? È da molto che ne parlava... Ogni documentario richiede tempi lunghi, e poi ho dovuto recitare in altri film... alla fine avevo deciso di mollare, ho detto al produttore che per 5 mesi non avrei più pensato a Salomè. Quando ho ripreso il progetto in mano, ho avuto un’illuminazione. È un po’come dipingere, devi allontanarti dal quadro per vederlo meglio. Come avete fatto a girarlo in una settimana? Chastain: Non è stato difficile, io non mi accorgevo nemmeno della cinepresa. Abbiamo girato per giornate intere, conoscevamo benissimo il viaggio dei personaggi perché l’avevamo già provato a teatro, e per questo siamo riusciti a girare il film velocemente. Come ha coinvolto nel progetto Bono Vox? Bono è stato così gentile da regalarci una canzone che ha scritto quando aveva 12 anni. Bono è irlandese ed è un fan di Wilde, è stato un piacere averlo nel film. L'unico problema è stato capire in che punto avrei potuto inserire la sua canzone.