Uomini di Dio |
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Un film di Xavier Beauvois.
Con Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Philippe Laudenbach, Jacques Herlin.
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Titolo originale Des hommes et des dieux.
Drammatico,
durata 120 min.
- Francia 2010.
- Lucky Red
uscita venerdì 22 ottobre 2010.
MYMONETRO
Uomini di Dio
valutazione media:
3,35
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Tremendo e profondissimo esercizio di stiledi ablueboyFeedback: 644 | altri commenti e recensioni di ablueboy |
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domenica 31 ottobre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il registra dimostra tutta la sua maestria nel narrare una storia nota fin dall'inizio, in un contesto che ben si presterebbe alle più ripetute banalità stilistiche e contenutistiche del cinema contemporaneo a sfondo sociale, oltre che a facili esaltazioni religiose a sfondo cristiano. Come altri han detto, il vero titolo del film sarebbe "Degli Uomini e Degli Dei". Conseguentemente, la rappresentazione dello stile di vita monacale non è come sarebbe facilmente potuta essere una semplice esaltazione del credo cristiano e della semplicità del credo monastico. L'operazione filmica proposta è quella di uno sguardo inizialmente molto distaccato e quasi antropologico sulle abitudini dei monaci, per intenderci non un'enfasi beatificante alla Zeffirelli. Il meccanismo di identificazione verso i monaci è indotto non tanto in virtù della loro cristianità, quanto in ragione del loro timore per la morte e del modo umanissimo in cui si aggrappano alla loro fede in risposta al timore. In questo, il messaggio non è quello che potrebbe sembrare un'assolutizzazione evangelizzante del credo cristiano, ma una rappresentazione universale del rapporto fra l'uomo e (una) fede, in cui il credo dei monaci è solo strumento stilistico finalizzato a rappresentare appunto verità che sono "Degli Uomini, e Degli Dei", e non possedute da "Uomini di Dio". Detto questo, il film riesce ad essere sorprendente nel ritmo pur essendo la trama del tutto nota fin dall'inizio. In alcuni momenti, la rappresentazione dell'uomo passa dallo stile minimale documentaristico a ben altri strumenti stilistici, che evitano comunque tutti i cliché di certa produzione filmica a sfondo religioso. Il messaggio cristiano è quindi esaltato, ma la maestria del regista è quella di usarlo per rivelare verità molto più universali, evitando non solo un fastidioso ( e facile) distico fra moderazione monacale cristiana e integralismo islamico, ma anche indigeribili rappresentazioni del buon missionario alle prese con beaux sauvages.
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