adriano1
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giovedì 6 gennaio 2011
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una favola tra valori e nostalgia
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Basilicata, anni Sessanta. Salvatore, un bambino di dodici anni, ha una grande passione per il cinema, ma deve affrontare quotidianamente l’ostilità di suo padre, un contadino egoista e manesco, che vede come fumo negli occhi la passione del figlio. Un giorno, l’annuncio della vendita di un vecchio proiettore fà nascere in Salvatore l’idea di creare un piccolo cinema. Però mancano i soldi. Salvatore non si perde d’animo e acquista il proiettore rubando dalle casse della locale sezione del Partito comunista i soldi raccolti tra i militanti per inviare una delegazione ai funerali di Togliatti.... Ma il furto viene scoperto e Salvatore finisce in riformatorio… Il film, sceneggiato da Giuseppe Papasso e Mimmo Rafele, è ben diretto dallo stesso Papasso.
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Basilicata, anni Sessanta. Salvatore, un bambino di dodici anni, ha una grande passione per il cinema, ma deve affrontare quotidianamente l’ostilità di suo padre, un contadino egoista e manesco, che vede come fumo negli occhi la passione del figlio. Un giorno, l’annuncio della vendita di un vecchio proiettore fà nascere in Salvatore l’idea di creare un piccolo cinema. Però mancano i soldi. Salvatore non si perde d’animo e acquista il proiettore rubando dalle casse della locale sezione del Partito comunista i soldi raccolti tra i militanti per inviare una delegazione ai funerali di Togliatti.... Ma il furto viene scoperto e Salvatore finisce in riformatorio… Il film, sceneggiato da Giuseppe Papasso e Mimmo Rafele, è ben diretto dallo stesso Papasso. I bambini sono bravi e spigliati. Una Cucinotta che fa con efficacia la parte di una moglie vittima di un marito ignorante ed egoista (il bravo Pascal Zullino), un Alessandro Haber nella parte di un piccolo giornalista e un Mahieux che tratteggia con sicurezza la figura di un sacerdote di provincia. A poco a poco ci si affeziona ai personaggi, e sul finale ci si commuove. Un omaggio dichiarato a Guareschi e Tornatore. Aiutato da una buona fotografia e dalla colonna sonora, Un giorno della vita è un film grazioso; nel suo sottosuolo fermentano umori teneri e malinconici che ben si addicono ad una favola. La sceneggiatura è abbastanza convincente. Film da vedere!
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carletto
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venerdì 7 gennaio 2011
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bello avvincente ed emozionante
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Bel film, godibilissimo, parte un po lentamente ed è forse un po troppo nostalgico, ma la trama si dispiega velocemente, il ritmo si alza in maniera graduale ma veloce, ed alla fine e si resta affascinati dalla storia, di per se semplice come una favola, ma ricca di emozioni e contenuto. fotografia ottima, paesaggi dai colori di quadri impressionisti sono lo sfondo a questa ricostruzione degli anni 60' vivace e colorata...
non sono "un'addetto ai lavori" e sicuramente il film avrà i suoi difetti, ma tutti lievi nei confronti dell'ottima "sostanza" : bella la storia , ottima la recitazione a dir poco sorprendente dei giovani protagonisti, fotografia degna dei grandi nomi del cinema italiano di qualità.
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Bel film, godibilissimo, parte un po lentamente ed è forse un po troppo nostalgico, ma la trama si dispiega velocemente, il ritmo si alza in maniera graduale ma veloce, ed alla fine e si resta affascinati dalla storia, di per se semplice come una favola, ma ricca di emozioni e contenuto. fotografia ottima, paesaggi dai colori di quadri impressionisti sono lo sfondo a questa ricostruzione degli anni 60' vivace e colorata...
non sono "un'addetto ai lavori" e sicuramente il film avrà i suoi difetti, ma tutti lievi nei confronti dell'ottima "sostanza" : bella la storia , ottima la recitazione a dir poco sorprendente dei giovani protagonisti, fotografia degna dei grandi nomi del cinema italiano di qualità.
DA VEDERE se si è appassionati di cinema vero e di qualità !
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paola di giuseppe
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domenica 9 gennaio 2011
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riformatorio per i cinefili !
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Salvatore è un ragazzino di 12 anni con una passione divorante e colpevole per il cinema, la condivide con due amichetti e appena possono fanno cinque km in bici per correre di nascosto nel paese vicino dove danno l’ultimo di Maciste.
I soldi del biglietto sono sempre un problema, la madre (una Cucinotta senza infamia e senza lode, ma almeno senza trucco) borbotta, ce ne sono pochi nel ’64 in Basilicata, e se il padre se ne accorge sono guai!
L’uomo è un contadino di provata fede comunista, nella locale sezione si fanno discorsi edificanti sul sol dell’avvenire, e mettere 5000 lire nella raccolta organizzata per inviare una delegazione di militanti ai funerali di Togliatti è cosa buona e giusta.
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Salvatore è un ragazzino di 12 anni con una passione divorante e colpevole per il cinema, la condivide con due amichetti e appena possono fanno cinque km in bici per correre di nascosto nel paese vicino dove danno l’ultimo di Maciste.
I soldi del biglietto sono sempre un problema, la madre (una Cucinotta senza infamia e senza lode, ma almeno senza trucco) borbotta, ce ne sono pochi nel ’64 in Basilicata, e se il padre se ne accorge sono guai!
L’uomo è un contadino di provata fede comunista, nella locale sezione si fanno discorsi edificanti sul sol dell’avvenire, e mettere 5000 lire nella raccolta organizzata per inviare una delegazione di militanti ai funerali di Togliatti è cosa buona e giusta.
Salvatore è lì che segue col suo faccione rotondo che spunta dal tavolo, il padre gli consegna fiero la tessera del partito, ma lui pensa solo a quel proiettore 16mm di seconda mano in vendita, e al suo sogno proibito che sta per avverarsi: un cinema parrocchiale in paese.
Il piano è machiavellico, rubare i soldi nottetempo e appoggiare il proiettore dal parroco che fornirà i film, curando la vendita dei biglietti in sacrestia e dispensando dalla recita domenicale del rosario pure le vecchiette, bisogna fare il pieno in sala.
Naturalmente Salvatore e gli altri dovranno tesserarsi all’Azione Cattolica e andare a messa la domenica, poco male, la doppia tessera non è un problema e il fine giustifica i mezzi.
Naturalmente le cose s’ingarbugliano e chi paga è Salvatore, il padre ne fa una “questione morale”.
Questa è la storia di un piccolo pioniere di un mondo perduto e di un’Italia molto diversa, e la racconta lui stesso, Salvatore, al giornalista scrittore (Alessandro Haber) che è andato a trovarlo in riformatorio dove è rinchiuso da mesi per punizione dal padre.
L’inchiesta che sta svolgendo sulle carceri minorili l’ha portato fino a lui, la scarsa ortodossia del caso e la durezza della pena l’hanno incuriosito e ne nascerà un dossier dal titolo “Un giorno della vita”.
E’ una storia semplice, quest’opera prima di Papasso, costruita con poche pennellate e pochi mezzi, ha molto alle spalle, da Truffaut a Tornatore, i ragazzi presi dalla strada e la location a Melfi e dintorni ricordano Salvatores, la macchietta del parroco che scambia battute al vetriolo con i “compagni” al bar in piazza fa pensare a Guareschi, eppure ha una sua originalità, una fisionomia garbata e attenta al dettaglio e coglie aspetti del costume con ironica leggerezza.
Totò, Charlot o Maciste non fanno differenza per questi piccoli cinefili in erba chiusi nelle sale fumose dai sedili di legno, dove una volta si entrava anche a metà film e si restava pure per due proiezioni.
Peccato che proprio quell’anno il “compagno Ercoli” se ne sia andato e alla interminabile sfilata di bandiere rosse siano mancate proprio quelle della sezione del paese.
Imperdonabile! Riformatorio duro a chi preferisce il cinema.
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angelo umana
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venerdì 7 gennaio 2011
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magnifici anni 60 che sarebbero tramontati
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E’ meglio impiegare 150.000 lire per l’acquisto di un proiettore e la creazione di un piccolo cinema oppure per un viaggio a Roma dei “compagni” di una sezione lucana del PCI ai funerali di Togliatti? Per Salvatore, 12enne innamorato del cinema, non ci sono dubbi: perciò giunge a rubare quella somma dai cassetti della sezione, impedendo così ai “compagni” – tra cui il suo severo papà Pietro (Pascal Zullino, credibilissimo nel ruolo) – di compiere quel viaggio.
Nemmeno per il giornalista Lombardi (l’ottimo Alessandro Haber) devono esserci dubbi, e forse nemmeno per i cinefili di mymovies: “vado al cinema tutte le domeniche, per fantasticare, per sognare …”, così risponde il giornalista al bambino che va a trovare in riformatorio, per scriverne un articolo; è finito lì per la probità del padre che ne denuncia il furto: la “questione morale” era ancora di là da venire anche per i “compagni”.
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E’ meglio impiegare 150.000 lire per l’acquisto di un proiettore e la creazione di un piccolo cinema oppure per un viaggio a Roma dei “compagni” di una sezione lucana del PCI ai funerali di Togliatti? Per Salvatore, 12enne innamorato del cinema, non ci sono dubbi: perciò giunge a rubare quella somma dai cassetti della sezione, impedendo così ai “compagni” – tra cui il suo severo papà Pietro (Pascal Zullino, credibilissimo nel ruolo) – di compiere quel viaggio.
Nemmeno per il giornalista Lombardi (l’ottimo Alessandro Haber) devono esserci dubbi, e forse nemmeno per i cinefili di mymovies: “vado al cinema tutte le domeniche, per fantasticare, per sognare …”, così risponde il giornalista al bambino che va a trovare in riformatorio, per scriverne un articolo; è finito lì per la probità del padre che ne denuncia il furto: la “questione morale” era ancora di là da venire anche per i “compagni”. Il cinema – siamo nel 1964 – sembrava veicolo di peccato, una vecchietta del film dice a sua figlia “tante cose storte vi mettete in testa” a causa del cinema; Salvatore di sua madre (Maria Grazia Cucinotta) pensa che “per lei è un mondo lontanissimo come quello delle favole”. Papà Pietro, rude ma con la fede nel comunismo, regala la tessera del PCI al figlio e crede che la passione del ragazzo sia una perdita di tempo o portatrice di fandonie improduttive.
E’ una piacevole storiella il film, anche se naif e didascalico, sicuramente un tributo al cinema ma un po’ amarcord fuori tempo massimo, anche se è sempre tempo di onorare il cinema . Scorrono scene de La dolce vita (con la mitica Anitona,“Marcello come here, hurry up!”), dei tanti Maciste, di Ieri oggi e domani e Matrimonio all’italiana, di Charlot, oltre alle varie locandine dell’epoca, anche quella di In ginocchio da te. Forti i richiami a Splendor di Scola, con Troisi e Mastroianni, e a Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore.
Onesto e lieve – forse è qui il maggior merito del regista Giuseppe Papasso - ci racconta quell’epoca e quel sud in modo molto più naturale di quanto fece Baarìa: il ruolo del capofamiglia con “Che capisci tu ca sì femmina!”, il bulletto in canottiera che all’uscita dal cinema confronta i suoi muscoletti con quelli di Maciste, le canzoni di Peppino Di Capri, l’apparecchio radiofonico ancora prima che “video killed the radio stars”. Ed ancora: le dispute tra i Don Camillo e Peppone dell’epoca (per il cinema della parrocchia erano necessarie la tessera dell’Azione Cattolica e la presenza alla Santa Messa, così Salvatore si vede suo malgrado in una doppia vita di tesserato, AC e PCI), i vestiti castigati delle donne, le 5 e le 600 con l’altoparlante sul tetto per le campagne elettorali, le cinturate di papà e, tipico segno dei tempi, la pubblica riprovazione ma privato e segreto corteggiamento per Virginia, la bellissima Mia Benedetta, ritenuta donna perduta per essersi concessa ad un giovane carino durante le lunghe assenze del marito emigrato, marito per soli 15 giorni all’anno.
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renato volpone
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domenica 16 gennaio 2011
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una bella favola
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I tre bambini protagonisti di questo film ci accompagnano in una bella favola pulita, dove tutto sembra armonioso, magnifici i paesaggi, bella la musica, vividi i personaggi, ma è lontano molto dalla realtà e dal realismo, quasi un sogno impossibile.
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reservoir dogs
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venerdì 7 gennaio 2011
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In un piccolo paesino della Basilicata il giovane Salvatore (Basso) sogna il cinema; un padre despota (Zullino) ed una madre succube ma non indifferente (Cucinotta) non lo supportano certo in questo suo sogno "troppo costoso".
Il giovane passa i suoi fine settimana assieme a Maciste, Totò e Chaplin e l'occasione di poter avere un proiettore tenta talmente tanto Salvatore da indurlo ad rubare dalle casse della locale sezione del Partito Comunista dove il padre è iscritto.
L'evento porterà ai conseguenti equivoci, alla mancata presenza della sezione al funerale di Togliatti ed al riformatorio per il ragazzo.
In uno spaccato di vita mediterranea Papasso strizza l'occhio a Tornatore rimandandoci al suo cinema (Malèna, Nuovo Cinema Paradiso), mostrandoci qualcosa che avevamo visto già con un intensità maggiore; forse troppo scarno, puerile.
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In un piccolo paesino della Basilicata il giovane Salvatore (Basso) sogna il cinema; un padre despota (Zullino) ed una madre succube ma non indifferente (Cucinotta) non lo supportano certo in questo suo sogno "troppo costoso".
Il giovane passa i suoi fine settimana assieme a Maciste, Totò e Chaplin e l'occasione di poter avere un proiettore tenta talmente tanto Salvatore da indurlo ad rubare dalle casse della locale sezione del Partito Comunista dove il padre è iscritto.
L'evento porterà ai conseguenti equivoci, alla mancata presenza della sezione al funerale di Togliatti ed al riformatorio per il ragazzo.
In uno spaccato di vita mediterranea Papasso strizza l'occhio a Tornatore rimandandoci al suo cinema (Malèna, Nuovo Cinema Paradiso), mostrandoci qualcosa che avevamo visto già con un intensità maggiore; forse troppo scarno, puerile.
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algernon
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venerdì 7 gennaio 2011
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una piccola storia improbabile
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il film è gradevole e ben diretto. racconta una storia un po' inverosimile di un ragazzo del sud, nella Basilicata degli anni '60, buono e docile, ma affascinato dal cinema al punto tale di rubare dei soldi dalla sezione del PCI della quale suo padre era un attivo miltante, e così riuscire a comprare il proiettore dei suoi sogni. al ragazzo non passa neanche per la testa che così verrà incolpato qualcun altro, che quei soldi non sono suoi e servono alla sezione per recarsi a Roma ai funerali di Togliatti, e che suo padre, per quanto severo e burbero, è certamente uno che i soldi se li è sudati e che gli ha sempre dato esempi di onestà e rettitudine.
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il film è gradevole e ben diretto. racconta una storia un po' inverosimile di un ragazzo del sud, nella Basilicata degli anni '60, buono e docile, ma affascinato dal cinema al punto tale di rubare dei soldi dalla sezione del PCI della quale suo padre era un attivo miltante, e così riuscire a comprare il proiettore dei suoi sogni. al ragazzo non passa neanche per la testa che così verrà incolpato qualcun altro, che quei soldi non sono suoi e servono alla sezione per recarsi a Roma ai funerali di Togliatti, e che suo padre, per quanto severo e burbero, è certamente uno che i soldi se li è sudati e che gli ha sempre dato esempi di onestà e rettitudine. e così il ragazzo finisce in riformatorio: certo, è giusto perché ha rubato. ma ci disturba perché il ragazzo appare buono e gentile. e infatti così dovrebbe essere, date le premesse. quello che non va è che abbia poi commesso questo furto, che non ci azzecca.
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[+] w i film senza parolacce.
(di ince-asi)
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