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Se il vicino di casa è uno zombie...

Andrew Lincoln presenta The Walking Dead.
di Nicoletta Dose

Uno zombie sta uscendo da una macchina

giovedì 28 ottobre 2010 - Televisione

Abbandonate l'idea di un risveglio sereno, sotto calde coperte invernali e con il profumo del caffè pronto per colazione. Quando lo sceriffo Rick Grimes riprende coscienza, dopo una ferita che lo aveva portato in ospedale, trova un mondo totalmente nuovo. Apre gli occhi e scopre di essere solo (o quasi), tra edifici malconci e cimiteri di defunti abbandonati. Lo scenario post-apocalittico è angosciante e il protagonista non sa che fare ma poco male, non avrà tempo di pensare quando farà conoscenza dei nuovi inquietanti abitanti della zona. Frotte e frotte di zombie, antipatici, ostili e affamati di carne umana lo inseguiranno senza tregua. Un bel guaio per un tutore della legge. Quali saranno le nuove regole di giustizia a cui affidarsi?
Tratto dall'omonimo successo editoriale di Robert Kirkman, la serie televisiva The Walking Dead si appresta a diventare un fenomeno di culto. In America verrà trasmessa sul canale AMC (lo stesso che ha lanciato Mad Men) nella serata di Halloween. In Italia il pilot arriverà 24 ore dopo - il 1 novembre - su Fox. A dirigerlo, Frank Darabont, conosciuto per Le ali della libertà e Il miglio verde, regista coraggioso che, portando una miniserie di zombie sul piccolo schermo, tenta di sorprendere la critica e di accontentare il pubblico più giovane. I fan del fumetto scovano indizi sulla serie già da tempo; c'è chi ha inventato un teaser personalizzato, chi ha segnato i luoghi della storia su Google Maps. Ma ormai è arrivato il momento del countdown. E di scoprire qualcosa di più grazie alle parole dell'attore protagonista Andrew Lincoln.
Qual è la storia di The Walking Dead? Come ti sei preparato per il personaggio dello sceriffo Rick Grimes?
Mi sono preparato in diversi modi. Ho letto la sceneggiatura, ho lavorato molto sulle emozioni che avrei dovuto esprimere e ho letto molta letteratura dedicata ai giovani. In fondo è quella la fetta di pubblico a cui si rivolge il prodotto. Poi ho letto e riletto i dialoghi, mi sono concentrato sul progetto, lavorando a fianco del regista e con gli altri attori. Un lavoro intenso fatto sempre a stretto contatto con il resto del cast.
Il regista della serie, Frank Darabont, è conosciuto per film come The Mist o Il miglio verde, avvolti in atmosfere oscure e misteriose. Pensi abbia utilizzato lo stesso tono stilistico nella realizzazione di The Walking Dead?
Secondo me la produzione ha scelto il regista perfetto. Perché l'horror è legato all'esperienza cinematografica di Darabont. La qualità dei suoi lavori precedenti rivive in The Walking Dead, dove è viva la cifra stilistica dell'autore, attratto da sempre da ciò che è buio e indecifrabile.
Com'è stato lavorare con Frank Darabont?
Oh, è stato eccezionale. È un uomo capace di affrontare generi cinematografici diversi. E dal punto di vista umano è un uomo molto rispettoso delle persone. Per questo sono molto contento di aver lavorato con lui. Ha risposto alle mie aspettative e devo dire che le mie aspettative erano alte. Poter recitare in una sua opera è stato per me un dono. Discutere insieme sul modo migliore di affrontare e far vivere il mio personaggio, così come le osservazioni sui costumi, hanno contribuito a rendere la mia esperienza formativa molto importante. È un grande regista e spero di poter lavorare con lui in futuro.
La serie è tratta dai fumetti di Robert Kirkman. Pensi che la trasposizione sullo schermo abbia seguito precisamente la storia originale? O trovi ci siano molte differenze?
Mi piace molto il lavoro di Kirkman e credo che la sua graphic novel racconti una storia molto avvincente. Non c'è una corrispondenza precisa tra pagina scritta e immagine sullo schermo. La scelta della produzione è stata quella di sorprendere lo spettatore con nuove sperimentazioni visive che non fossero una riproduzione troppo rigida del fumetto originale. L'attenzione si è concentrata sulla storia che, già da sola, non rappresenta un racconto classico.
Molti dei tuoi ruoli televisivi del passato (Afterlife e Strike Back) sono legati al genere thriller. C'è qualcosa di quel tipo di narrazione che ti attira particolarmente?
È il thriller che mi ha scelto. La fortuna e il caso hanno deciso di coinvolgermi in questi progetti. Ma sai, il lavoro che mi piace è quello duro, in cui metti in gioco tutto te stesso, e prima d'ora non mi era mai capitato di lavorare per la televisione e interpretare un ruolo così difficile come quello dello sceriffo Grimes. Gli spettatori valuteranno da soli ciò che ho fatto ma devo ammettere che lavorare per The Walking Dead è stata un'esperienza molto intensa, completamente nuova.
Ti piacciono i film horror?
Oh sì, è uno dei miei generi preferiti! Gli horror che riescono a trasmettere emozioni forti di paura e sgomento sono incredibili. Ero già un fan di quel cinema ancora prima di cominciare a recitare.
Tra i registi del passato, ricordi qualche esperienza più interessante di altre? Con chi vorresti lavorare in futuro?
Quando ti capita di lavorare con un regista famoso, sai benissimo che ce ne sono tanti altri al mondo, di metodo e stile diversi, con i quali vorresti lavorare. Ma penso che, in fondo, la cosa migliore sia cogliere le occasioni che il destino ti riserva. In The Walking Dead ho lavorato con un cast molto giovane. Ho amato la collaborazione con loro perché è stato grandioso il clima di solidarietà che si era creato. E questo è il metodo di lavoro che mi piacerebbe portare avanti nel tempo, al di là del regista in questione.

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