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Le seconde generazioni stanno bene

In I ragazzi stanno bene, la famiglia americana fra tradizione e progresso.
di Edoardo Becattini

Nic (Annette Bening) e Jules (Julianne Moore) sono in I ragazzi stanno bene un'affiatata coppia lesbica con due figli adolescenti.
Annette Bening (65 anni) 29 maggio 1958, Topeka (Kansas - USA) - Gemelli. Interpreta Nic nel film di Lisa Cholodenko I ragazzi stanno bene.

giovedì 10 marzo 2011 - Approfondimenti

Guardare dentro le abitudini familiari è un modo piuttosto efficace per conoscere se stessi. Lo sa bene il cinema, che da sempre racconta di nuclei familiari aureolati o dissociati per esibire le sue stesse glorie e disgrazie. Da La famiglia Brady a I Tenenbaum, le mura di casa sono sempre lo spazio ideale per misurare le vibrazioni della sensibilità e delle abitudini contemporanee. In questo senso, gran parte del successo de I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko può essere letto come un tentativo riuscito di tastare il polso alla cultura moderna attraverso un'ironia semplice e una luce leggera. Anche se la formula sentenziosa del titolo pare affermare il contrario, il fulcro del film non sta tanto nel tentativo partigiano di dimostrare come una coppia omosessuale sia in grado di crescere serenamente dei figli avuti con l'inseminazione artificiale, quanto nel desiderio di raccontare in modo naturale un nucleo familiare coi suoi ordinari problemi e i propri, piccoli o grandi, incidenti di percorso.
Ancora non troppi anni fa, una famiglia in cui i genitori fossero due mamme lesbiche otteneva perlopiù presenze marginali tese a potenziare l'anima progressista della storia (chi ricorda la prima moglie di Ross nel serial Friends?). Oppure, all'opposto, diventava la tesi urgente da sviscerare all'interno di una logica da reportage. Oggi invece, seppur all'interno di una cinematografia programmaticamente controcorrente come quella indie americana, si costituisce come elemento di primo piano e non problematico all'interno di una commedia romantica brillantemente tradizionale. Qualcosa è cambiato.
Per capire che cosa, proviamo a condurre lo stesso gioco di leggerezza, ironia e semplificazione messo in atto da I ragazzi stanno bene all'interno dell'intero sistema di film contemporanei e riduciamo l'attuale estetica del cinema americano a due principali correnti, identificabili con due luoghi geografici: due spazi simbolici che aiutano a connotare altrettanti forme e stili differenti. Da una parte, ça va sans dire, Hollywood, dove le lunghe carreggiate, gli ampi spazi collinari, la grande periferia, il sole perenne del Golden State, identificano geografia e filosofia post-fordista: il grosso giro di affari degli studios, l'ampiezza e la precisione della filiera produttiva, la tendenza aurea e spettacolare. Dall'altra parte, Park City, fredda cittadina immersa fra le montagne dello Utah, nonché sede di quel Sundance Film Festival che da circa un ventennio porta a far conoscere al resto del mondo i giovani registi più talentuosi formati al di fuori delle scuole di cinema. In questo caso, la piccola città immersa nella neve per la maggior parte dei mesi dell'anno pare la location ideale di molti di quegli stessi film che ha visto passare in anteprima anno dopo anno e trova più di un elemento in comune con la poetica dei registi che ha contribuito a scoprire, dai Coen a Tarantino, da Jarmusch a Soderbergh.

Cinema in provetta
I due luoghi dettano le estremità del paesaggio e delle estetiche del Nord America. Non è un caso che molta della cinematografia gay sia partita proprio dal Sundance, con registi considerati di nicchia come Gus Van Sant, Gregg Araki, Todd Haynes o John Cameron Mitchell a determinare un elemento di rottura, nella forma come nei contenuti, rispetto allo sguardo eterosessuale della dominante hollywoodiana. I ragazzi stanno bene, come è stato d'altronde qualche anno fa per I segreti di Brokeback Mountain, appartiene invece a un tipo di film desiderosi di sovrapporre i confini fra i due luoghi simbolici e le loro relative caratteristiche. Ogni tanto succede in effetti che la neve cada anche sulla pianura losangelina e che il sole californiano muova i ghiacci dello Utah, così che alcuni “ragazzi” del cinema indipendente stanno bene anche in un ambiente non familiare: alcuni mutando pelle continuamente ad ogni cambio climatico (Soderbergh), altri lavorando su un registro capace di conquistare tanto i tappeti rossi dei festival europei che quello della notte degli Oscar (Tarantino e Aronofsky).
Per quanto le peculiarità dello stile di Lisa Cholodenko non siano tali da giustificare una diretta parentela con nessuno dei due rami delle famiglie, I ragazzi stanno bene delinea perfettamente il profilo di un cinema di “seconda generazione” in cui il modello alternativo del Sundance è ben felice di sposare la tradizione, o meglio, l'immaginario hollywoodiano. Nell'era in cui Obama dichiara incostituzionali le leggi contro i matrimoni gay e in cui perfino il governator Schwarzenegger si è schierato a favore delle unioni omosessuali, la prima sintesi è dunque il film “in provetta”: inseminazione naturale fra commedia progressista e impostazione tradizionalista.

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