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sabato 3 aprile 2021
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assurdità
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Della totale assurdità della trama non si fa alcun cenno? Perché e come - tanto per dirne una - Jack può costruire (o quantomeno modificare e perfezionare) un sofisticatissimo fucile mitragliatore in un paesino abruzzese dove evidentemente non dovrebbe possedere alcuna attrezzatura? Ma si potrebbe continuare ...
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"joss"
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domenica 26 agosto 2018
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george, violante e una...tempra
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Non è un capolavoro, su questo purtroppo con ci sono dubbi, anzi... Come dire, un'occasione sprecata. C'erano gli attori, belli e interessanti, anche una storia forse già vista ma in fin dei conti non banale, eppure la trama si sviluppa su binari sbagliati, come se il regista ad un certo punto, o forse a essere cattivi già dall'inizio, prendesse il treno che va dalla parte opposta. D'accordo che il protagonista Jack, killer dalle ottime referenze, voglia "eclissarsi" per un periodo dopo la perdita tragica della donna amata, ma il piccolo paese scelto per la storia è davvero troppo... poco per chiunque. La locanda dove Jack si ferma a volte a pranzare è di uno squallore devastante, gli arredamenti interni sono fermi agli anni '60.
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Non è un capolavoro, su questo purtroppo con ci sono dubbi, anzi... Come dire, un'occasione sprecata. C'erano gli attori, belli e interessanti, anche una storia forse già vista ma in fin dei conti non banale, eppure la trama si sviluppa su binari sbagliati, come se il regista ad un certo punto, o forse a essere cattivi già dall'inizio, prendesse il treno che va dalla parte opposta. D'accordo che il protagonista Jack, killer dalle ottime referenze, voglia "eclissarsi" per un periodo dopo la perdita tragica della donna amata, ma il piccolo paese scelto per la storia è davvero troppo... poco per chiunque. La locanda dove Jack si ferma a volte a pranzare è di uno squallore devastante, gli arredamenti interni sono fermi agli anni '60... Per fortuna il gestore apprezza i film western di Sergio Leone, almeno quello... George Clooney centra il suo personaggio, così come la splendida Violante Placido e anche la brava Thekla Reuten (che ha recitato nel film "In Bruges", con Colin Farrell) è piuttosto convincente nel ruolo di donna-killer. Ma è proprio lo sviluppo della storia ad essere di una pesantezza imbarazzante e poi, la colonna sonora, esiste? Un altro particolare sbagliato in pieno è la vettura personale di Jack: una vecchia Fiat Tempra scura, talmente anonima e dimenticata che risulta, al contrario, troppo appariscente! Persino una Lamborghini gialla si noterebbe di meno... Le uniche scene appetibili sono quelle che vedono Jack, il killer in incognito, intento alla costruzione dell'arma che gli viene commissionata: si rivela un professionista davvero capace e meticoloso. Riesce a realizzare pezzi particolari persino prendendo alcuni rottami da vetture demolite dal meccanico del paese. Dice anche alla splendida acquirente che l'arma verrà riposta in una valigetta Samsonite adattata per l'occasione, tanto che chiede se c'è una combinazione preferita da inserire. Ma, al momento della consegna, pare che al posto della Samsonite ci sia una valigetta piuttosto dozzinale che chiunque può acquisatare con 20 euro... Un'altra svista? Da non dimenticare comunque che Jack, dall'alto della sua esperienza, "sente" che c'è qualcosa di strano in quell'arma che gli è stata commissionata. Allora la modifica, manomettendola, in modo che resterà ucciso colui, o meglio colei, che la userà, e non il bersaglio prescelto. Probabilmente nella mente di Jack si è insinuato un dubbio, magari lo stesso che in "Ronin" di John Frankenheimer, il mercenario Sam (De Niro) dice a Vincent (Jean Reno): "Quando hai il minimo dubbio, non c'è alcun dubbio!". Il finale poi è una conseguenza di tutto il film, e lo si accetta perchè non fa male più di tanto. Nel senso che, anche se Clara e Jack fossero fuggiti insieme felici per mete lontane, ciò non sarebbe bastato a "raddrizzare" una pellicola pesante, noiosa, dove i particolari sbagliati creano un alone di tristezza soprattutto se si pensa alla buona occasione buttata al vento. Il film però si può vedere e valutare, magari con un litro di caffè a disposizione vicino al divano. - di "Joss" -
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no_data
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lunedì 16 novembre 2015
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caffè americano o espresso?
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Non ho letto il rromanzo, ma escludo che posa essere peggioore del film, improbabile e mediocre nella regia e nella recitazione. Forse è servito al buon George per apprezzare il caffè italiano, visto che ha fatto pubblicità all'espresso. What as?
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panzy
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lunedì 2 novembre 2015
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inutile spreco di stupendi paesaggi e belle forme
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Film decisamente sciapo come un filone di pane abruzzese. Pieno di stucchevoli ed urtanti stereotipi tipici di un'italietta rurale pre boom.
Unoscript scontato pieno di soluzioni di continuità, incongruenze ed anacronismi, fiacco e senza nessun attimo di vera tensione. Anche lo scavo psicologico dei personaggi, se questa voleva essere la cifra interpretativa,risulta un coacervo di banalità da B movie o, peggio,da romanzo di Dan Brown.
Non si capisce che senso abbia far telefonare da un'obsoleta cabina a gettoni ( ormai scomparse da lustri) uno spietato killer che, come MOntalbano viaggia su una fatiscente Fiat anni90 che tutto fa tranne che non dare nell'occhio per la sua plateale obsolescenza;mettere come sottofondo musicale canzonette anni 50 e 60 (mambo Iatliano, la bambola) come se l'italia fosse ancora quella di Pane, Amore e Fantasia; far ordinare reiteratamente con l'aria seccata alla Placido in un ristorante "trendy" di Sulmona "Montepulciano d'Abruzzo" ( e di dove, sennò? Sarebbe come raccomandarsi a Pienza che il Chianti sia Toscano oppure a Treviso che il prosecco sia veneto) per poi dire al bel George "eh, bisogna susare è gente di paese" (paese Sulmona, splendida città d'arte, patria di Publio Ovidio Nasone?) come se un ristorante rinomato fosse una trattoriola per camionisti; il parroco che sa tutto di tutti come se fosse un parrino siciliano all'epoca del gattopardo.
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Film decisamente sciapo come un filone di pane abruzzese. Pieno di stucchevoli ed urtanti stereotipi tipici di un'italietta rurale pre boom.
Unoscript scontato pieno di soluzioni di continuità, incongruenze ed anacronismi, fiacco e senza nessun attimo di vera tensione. Anche lo scavo psicologico dei personaggi, se questa voleva essere la cifra interpretativa,risulta un coacervo di banalità da B movie o, peggio,da romanzo di Dan Brown.
Non si capisce che senso abbia far telefonare da un'obsoleta cabina a gettoni ( ormai scomparse da lustri) uno spietato killer che, come MOntalbano viaggia su una fatiscente Fiat anni90 che tutto fa tranne che non dare nell'occhio per la sua plateale obsolescenza;mettere come sottofondo musicale canzonette anni 50 e 60 (mambo Iatliano, la bambola) come se l'italia fosse ancora quella di Pane, Amore e Fantasia; far ordinare reiteratamente con l'aria seccata alla Placido in un ristorante "trendy" di Sulmona "Montepulciano d'Abruzzo" ( e di dove, sennò? Sarebbe come raccomandarsi a Pienza che il Chianti sia Toscano oppure a Treviso che il prosecco sia veneto) per poi dire al bel George "eh, bisogna susare è gente di paese" (paese Sulmona, splendida città d'arte, patria di Publio Ovidio Nasone?) come se un ristorante rinomato fosse una trattoriola per camionisti; il parroco che sa tutto di tutti come se fosse un parrino siciliano all'epoca del gattopardo..beh, se doveva essere un film fatto in Abruzzo per sensibilizzare l'audience sulla recente tragedia del terremoto direi che l'effetto esattamente l'opposto. Anzi, lo definirei beceramente offensivo.
Non riscatta la pellicola la notevole valenza icastica dei paesaggi abruzzesi, che sembrano quasi soffocati dalla caligine della vicenda, e del fondo schiena della Placido ostentato con generosa gratuità: la vicenda pesca a piene mani da un Dejà vu collettivo fatto di film analoghi che parlano dell'impossibile riscatto in vita di chi ha rinunciato per una vita all'amore, lo scopre tardivamente e può emendarsi solo morendo.
Clooney appare decisamente fuori parte indeciso tra la splendida inespressività dell' Alain Delon di Tony Arzenta e l'ironia sottesa di un Jean Reno di Leon. Decisamente la sua interpretazione peggiore degli ultimi anni distante anni luce, ahimé, anche da quella dagli spot Nespresso.
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lucap96
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martedì 8 settembre 2015
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il nulla
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Nessun dialogo, scene assolutamente inutili, e un Clooney stranamente inespressivo. Da evitare assolutamente.
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great steven
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martedì 20 gennaio 2015
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un thriller fuori dagli schemi di zelo innegabile.
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THE AMERICAN (USA, 2010) diretto da ANTON CORBIJN. Interpretato da GEORGE CLOONEY, THELKA REUTEN, VIOLANTE PLACIDO, PAOLO BONACELLI, BRUCE ALTMAN, IRINA BJORKLUND, FILIPPO TIMI
Clooney produce e interpreta nel ruolo predominante questo thriller anomalo che trae le sue origini da un racconto di Martin Booth, intitolato A Very Private Gentleman e che vede alla regia l’ex fotografo olandese Corbijn, autore a Londra di premiati video musicali. Rowan Joffe ha scritto la sceneggiatura per un action movie la cui logica narrativa non sta effettivamente in piedi, per colpa di un ritmo cupamente monotono e di un andamento lasco che consente uno spazio forse esagerato alla contemplazione e alla distensione.
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THE AMERICAN (USA, 2010) diretto da ANTON CORBIJN. Interpretato da GEORGE CLOONEY, THELKA REUTEN, VIOLANTE PLACIDO, PAOLO BONACELLI, BRUCE ALTMAN, IRINA BJORKLUND, FILIPPO TIMI
Clooney produce e interpreta nel ruolo predominante questo thriller anomalo che trae le sue origini da un racconto di Martin Booth, intitolato A Very Private Gentleman e che vede alla regia l’ex fotografo olandese Corbijn, autore a Londra di premiati video musicali. Rowan Joffe ha scritto la sceneggiatura per un action movie la cui logica narrativa non sta effettivamente in piedi, per colpa di un ritmo cupamente monotono e di un andamento lasco che consente uno spazio forse esagerato alla contemplazione e alla distensione. C’è un killer professionista al centro della vicenda, ma l’identità di chi lo paga e il motivo per cui lo paga è sconosciuta. Si ignora anche l’organizzazione di cui fa parte e dei suoi nemici (svedesi). Ciò che invece appare lampante e tangibile è il suo rifugiarsi in Italia, precisamente in Abruzzo (a Castel Del Monte, vicino a Sulmona), dopo una missione fallita nella penisola scandinava, in cui è stato costretto a un duplice omicidio. Durante la permanenza sul suolo italico, costruisce in gran segreto un enorme e articolato fucile a precisione con elevata gittata, si allena regolarmente con flessioni e sollevamenti e fa amicizia con un anziano e saggio prete e una prostituta che si innamora di lui. Il primo ha un figlio illegittimo in un meccanico che ripara automobili d’epoca (un F. Timi che fa solo una fugace apparizione), mentre la seconda fa parte di una casa di tolleranza dove operano altre meretrici e, dopo essersi invaghita del sicario, progetta una vita insieme a lui. Clooney, che rivela una prodigiosa manualità meccanica, sa certamente ritrarre con intensità un protagonista che è anche antagonista, soprattutto di sé stesso, una sorta di spiccato e spavaldo antieroe roso da dubbi interiori e combattuto fra il desiderio di ricominciare una vita retta e onesta e il dovere di attenersi alle sue responsabilità di esperto in uccisioni. Corbijn vale più come regista che come sceneggiatore, e la sua idea di riprendere spesso Clooney di spalle, di nuca, e di farlo recitare con gli occhi in allarme risulta brillante ed efficace allo scopo di dipingere l’ansietà di una pellicola che mescola con un’abilità bizzarra ma a suo modo originale i dogmi del cinema avventuroso con le sacrosante oscurità del dramma psicologico più ermetico e intimista. Il film appare un po’ discontinuo, ma almeno due sequenze sono azzeccate: l’inizio tra i ghiacci della Svezia e il finale, con la processione che attraversa i saliscendi del paesello abruzzese (i paesaggi dell’Appennino sono descritti con fascino e animosità) e la morte sia di Mathilde, la committente che ha incaricato il protagonista della costruzione dell’arma da tiro sia di Pavel, il suo misterioso e sanguinario mandante. Appaiono assai lodevoli e carismatici i contributi italiani della Placido, prostituta nuda anche nel giorno libero, e di Bonacelli, pacato parroco che ama il cognac. Quanto al montaggio e alla scenografia (su cui si è molto risparmiato, grazie alle bellezze naturali), entrambi concorrono a consacrare la violenza di una spy-story che per il resto non sembra in regola, almeno per quanto riguarda la tensione narrativa (tesa come la corda di un funambolo) e la distribuzione del movimento (concentrata nella scena mozzafiato dell’inseguimento in motorino dell’assassino biondo).
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niko68
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giovedì 5 giugno 2014
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anche i divi sbagliano
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Film veramente inconcludente, senza capo ne coda, privo di una benchè minima sceneggiatura degna di destare l'attenzione dello spettatore.
Unica risicata soddisfazione vedere il plurimilionario Hollywoodiano Clooney dimenarsi alla guida di una Fiat Tempra......
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umberto
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martedì 3 giugno 2014
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noiosissimo e vuoto.
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Talmente noioso da far passare dallo sbadigliare all'addormentarsi.Ci si chiede che senso abbia realizzare un film in questo modo. Già la storia è stupida di suo.Il bel paesaggio delle montagne abruzzesi (già reso magistralmente da altri registi,come i fratelli Taviani)è qui banalizzato,reso anonimo e quindi sprecato).La regitazione di George Clooney è piatta.Conclusione:pessimo.Due ore sprecate.
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bobwizard
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mercoledì 30 aprile 2014
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un killer normale
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mi è piaciuto per la semplicità della storia..perchè ci sono pochi effetti speciali..un film con una storia credibile comprensibile...potrebbe accadere veramente...e poi basta Clooney
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dario
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martedì 29 aprile 2014
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insapore
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L'unica attrazione è Violante Placido, ma è merito della Natura, non certo del regista. Film senza capo ne coda, molto presuntuoso, orfano di sceneggiatura, con un Clooney fuori parte (Meglio sarebbe stato un Mel Gibson) e tanta noia. Per i più sensibili, anche un po' di nausea, garantita.
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