Shutter Island

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Un film di Martin Scorsese. Con Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Patricia Clarkson.
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Drammatico, durata 138 min. - USA 2010. - Medusa uscita venerdì 5 marzo 2010. - VM 14 - MYMONETRO Shutter Island * * * - - valutazione media: 3,21 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La discesa nell'inferno delle buie indecisioni. Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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domenica 15 luglio 2018

SHUTTER ISLAND (USA, 2010) di MARTIN SCORSESE. Con LEONARDO DICAPRIO, MARK RUFFALO, BEN KINGSLEY, MICHELLE WILLIAMS, EMILY MORTIMER, PATRICIA CLARKSON, MAX VON SYDOW, JACKIE EARLE HALEY, TED DEVINE, JOHN CARROLL LYNCH, ELIAS KOTEAS, ROBIN BARBETT, CHRISTOPHER DENHAM
L’agente federale Edward "Teddy" Daniels, coadiuvato dal nuovo aiutante Chuck Aule, nel 1954 sbarca sull’isola di Shutter, sede di un manicomio criminale unico al mondo, perché, almeno a detta del suo primario, il dottor John Cawley, ospita esclusivamente delinquenti psicopatici che perlopiù han commesso omicidi e vengono curati non con interventi chirurgici cerebrali invasivi, ma coi rivoluzionari psicofarmaci e la terapia relazionale, allora entrambi in fase di sperimentazione clinica. Cawley fornisce a Teddy le informazioni che gli occorrono per il caso di cui è stato incaricato: indagare su una paziente di nome Rachel Solando, rea di aver annegato i tre figli, e convinta che siano ancora vivi e che tutto il personale e i pazienti dell’Ashecliff Hospital siano lattai, postini e fattorini. Essendo l’isola circondata da perigliose scogliere ed essendo Rachel fuggita a piedi nudi dalla sua impenetrabile camera blindata, Daniels chiede se per caso si sia rifugiata nell’adiacente faro, ottenendo risposta negativa. Dopo aver trovato un foglio misterioso con la grafia di Rachel su cui è scritto La legge del quattro. Chi è il 67?, l’agente chiede di intervistare staff e pazienti, e viene accontentato, ma la sua richiesta viene respinta quando domanda i fascicoli dell’ospedale. Inoltre lui e Chuck vengono a scoprire che il dottor Sheenan, il medico che aveva in cura Rachel, è misteriosamente partito per le ferie poco prima della fuga della sua paziente. Quella stessa notte, Teddy fa un incubo sulla moglie morta, Dolores Chanal, perita in un incendio cinque anni prima nel loro appartamento, e gli dice nella fase onirica che Andrew Laeddis, il piromane che ha appiccato l’incendio, si trova anche lui a Shutter Island, insieme a Rachel, probabilmente ancora viva. A un certo punto Teddy spiega a Chuck il vero motivo per cui ha voluto essere spedito a risolvere un caso sull’isola: Laeddis, dopo esser stato trasferito all’Ashecliff, scomparve. Un ex paziente dice ai due agenti, d’altronde, che sull’isola vengono pure condotti esperimenti su esseri umani. All’improvviso Rachel viene trovata vicino al faro, senza un graffio, ma non disposta a collaborare. Dopo una sua reazione violenta, viene imprigionata nel padiglione C (ex forte militare dove stanno i detenuti più pericolosi), dove trova George Noyce, l’uomo che aveva avvisato Teddy degli esperimenti: l’uomo lo accusa di averlo percosso a sangue, manifesta la sua paura di essere portato al faro e sprona l’agente ad accettare la dipartita della consorte. Teddy va vicino al faro in compagnia di Chuck, ma quando ne esce, scopre che il partner non c’è più. In una grotta Teddy trova casualmente la vera Rachel Solando, che gli rivela essere un medico in organico all’Ashecliff che è stata poi ricoverata come paziente una volta scoperto che l’ospedale adoperava metodi illegali per trattare i pazienti, ricorrendo all’impiego di potenti psicofarmaci atti a creare la gestione del controllo mentale per trasformare i pazienti in spie da infiltrare nel corso della guerra fredda. Lo informa che, con molte probabilità, lo hanno già drogato con cibo, bevande, sigarette e due aspirine non appena giunto sull’isola. Teddy, riportato in ospedale dal direttore, scappa con un diversivo e ritorna al faro, dove disarma la guardia di stanza e ne raggiunge la cima, dove però trova, con suo enorme stupore, Cawley che lo stava attendendo. A questo punto si scopre tutta la verità: Teddy è in realtà Andrew Laeddis (Edward Daniels ne è infatti un anagramma), e che il messaggio che riportava il numero 67 si riferisce proprio a lui. Cawley gli rivela che fu proprio lui a sparare alla moglie, maniaca depressiva, dopo l’annegamento dei loro tre figli. In seguito, oppresso dai sensi di colpa, Laeddis si travestì da agente dell’FBI e inventò la figura di Rachel Solando per coprire il ricordo e il dolore di quanto aveva commesso. Il dottor Sheenan (ossia colui che nella sua realtà immaginaria interpretava la sua spalla Chuck) lo aveva in cura già da un biennio, e lui e Cawley dicono che avevano tentato di effettuare un esperimento/gioco di ruolo, permettendo ad Andrew di uscire dalle sue fantasie autolesive, creando la storia e i personaggi e assecondandolo per ricondurlo a recuperare il senso di realtà. Viene incentivato ad accettare questa realtà, perché altrimenti la conseguenza consisterebbe nella lobotomia, praticata nel faro. Andrew fatica ad accondiscendere a questa realtà, ma poi vi riesce ed è sopraffatto dai ricordi. Tornata la memoria, Sheenan e Cawley interrogano il protagonista, che ricorda alla perfezione come si svolsero gli eventi due anni prima e accetta la vicenda del faro. Il mattino seguente, tuttavia, ad una domanda di Sheenan (Chuck), Andrew sembra ripiombare nella sua artefatta realtà alternativa. Sheenan volge uno sguardo al lontano Cawley e scuote il capo. Prima che Cawley, il dott. Naehring e gli assistenti si avvicinino ad Andrew per portarlo nella struttura per l’esecuzione della lobotomia, lui chiede a Sheenan se sia meglio morire da persone perbene o vivere da mostri, lasciando il dubbio se la sua sia davvero una ricaduta o se invece egli stia sottoponendosi consapevolmente alla lobotomia, simulando la ricomparsa della psicosi affinché possa avvicinarsi alla morte senza nessuna memoria del suo assassinio. La struttura a spirale è la carta vincente di questa gothic novel, tratta dall’omonimo romanzo best-seller di Dennis Lehane (edito nel 2003), basata su un accumulo di paranoie, risentimenti, fobie e pentimenti che esplora a fondo, menandolo alle estreme conseguenze, il limite della follia umana in merito agli eventi traumatici che possono convertire un sant’uomo in un pluriomicida neanche poi conscio dei propri reati. L’ospedale-manicomio è il topos letterario e in seguito, perciò, anche cinematografico in cui allestire una baraonda di momenti crudi che si arrampicano e camminando sul filo funambolico che sta continuamente sospeso in bilico fra la sanità e la malattia mentale, senza però formulare giudizi perentori a favore di un comportamento positivo finalizzato a frenare un passato sanguinario o di un comportamento negativo messo in atto per lavarsi il sangue dalle mani e passare a peggior vita con la coscienza pulita. Scorsese prosegue il suo sodalizio con DiCaprio differenziandolo sempre più da quello antecedente con De Niro, permettendo all’attore 35enne, ormai consolidato e valido per qualsiasi interpretazione, di regalare al pubblico un personaggio tostamente tormentato che si ritrova a fare i conti con ciò che, al tempo stesso, è la cagione del suo malessere interiore maledettamente divorante e anche il punto debole del film: l’esperienza bellica nel campo di concentramento nazista di Dachau. Vale bene come leitmotiv nei sogni a ritroso del falso agente Edward Daniels, ma vacilla come giustificazione dei biasimevoli esperimenti aventi come oggetto cavie umane da intrufolare come delatrici e delatori contro l’Unione Sovietica, e nemmeno una certa dose di violenza necessaria basta a rendere credibile questo stratagemma. DiCaprio si fa dirigere con savoir-faire impeccabile e un’autoconsapevolezza assai matura, e Scorsese tira fuori del suo meglio anche con Ruffalo (agente dell’FBI sotto copertura e vero medico che finisce per confermare la psicosi di colui che fino a pochi giorni prima era il suo fittizio comandante e poi si ritrasforma nel suo paziente), Kingsley (primario talmente sicuro di sé da apparire demoniaco nel suo perseguimento di metodi terapeutici alienanti ancor più di catene e ceppi), Von Sydow (collega del primario Cawley che fa con humour nero e tagliente trascendenza lo psichiatra di origine germanica) e Williams (moglie vittima dello squilibrio indotto del marito che sanguina quando lui la abbraccia da dietro e gli suggerisce, nelle farneticazioni cerebrali, quali mosse debba compiere per assolvere il suo non facile e certamente cruento destino). Riesce ad impaurire ma funge anche da mezzo efficace di riflessione su tematiche importanti, aiutato da un’edificazione molto ben curata della scenografia, del montaggio e di una disturbante colonna sonora che inietta suspense in provvidenziali razioni.   

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