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Angiolini-Battiston, strana coppia in cerca d'autore

I due attori ed Emidio Greco raccontano Notizie degli scavi.
di Ilaria Ravarino

Ambra Angiolini, protagonista femminile di Notizie degli Scavi di Emidio Greco, in una scena del film.
Ambra Angiolini (46 anni) 22 aprile 1977, Roma (Italia) - Toro. Interpreta La marchesa nel film di Emidio Greco Notizie degli scavi.

lunedì 18 aprile 2011 - Incontri

Sfatiamo un mito: i film d’autore non sono per forza delle robe pesanti, fantozziane, da prendersi a martellate. Magari non tirano giù il cinema, ma anche i film così portano il pubblico in sala». Recuperata la barbuta criniera, sacrificata al ruolo durante le riprese, Giuseppe Battiston ha difeso il suo Notizie degli scavi come un piccolo leone: «Sono molto colpito dal risultato finale – ha detto a Roma, in conferenza stampa - Trovo questo film profondo e poetico, mi emoziona persino parlarne. Non mi capita spesso di avere ruoli da protagonista e per me è stato molto importante avere finalmente la possibilità di gestire fino in fondo la responsabilità di un personaggio». Tratto dall’omonimo romanzo di Franco Lucentini, pubblicato nel 1964 e portato al cinema da Emidio Greco a partire dal 29 aprile, Notizie degli scavi ha il merito di scommettere su un’inedita coppia di protagonisti, incredibilmente ben assortita nonostante gli insidiosi pregiudizi: un attore come Battiston, la cui massiccia corporatura ha sempre relegato a ruoli ingenerosamente marginali, a fianco di una non attrice come Ambra Angiolini, dietro al cui bel corpo da showgirl si è per anni nascosto un talento in cerca d’espressione. «Anche a me il cinema d’autore piace – ha fatto eco la Angiolini al collega attore – semmai sono io che non piaccio agli autori».



EMIDIO GRECO, cinema d'autore

Ha immaginato subito Battiston e Angiolini come protagonisti?
Emidio Greco: Veramente no, anche perché la prima volta che ho pensato di fare Notizie degli scavi era 47 anni fa. Lessi il romanzo appena uscito, nel ’64, e scrissi immediatamente la sceneggiatura: fu con quella che ottenni l’ammissione al Centro Sperimentale. Ho aspettato parecchio, ma sono felice di aver fatto il film adesso: all’inizio avevo in mente di farlo interpretare a Leopoldo Trieste, ma avrei sbagliato. Battiston e la Angiolini sono attori magnifici di cui sono completamente innamorato.

Cosa la ha fatta innamorare? Il loro talento? La fisicità?
Greco: La professionalità e la generosità: ci sono attori, anche bravissimi, che non riescono a far passare il personaggio, non coinvolgono lo spettatore, sono freddi. In una parola, reticenti. Ambra e Giuseppe si sono fidati completamente di me, anche nei momenti più difficili. Giravamo a giugno, con un caldo incredibile, ma loro restavano accanto a me sul set, concentrati e dedicati al lavoro.

Sono attori molto amati dal pubblico: questo film l’ha fatto per il pubblico o per se stesso?
Greco: Io non penso mai allo spettatore. Fin dal mio esordio faccio solo i film che voglio fare, con le tante difficoltà del caso ma nella più assoluta libertà. Gli sforzi che faccio cercando di mettere insieme i finanziamenti sono completamente ripagati dalla libertà di realizzare ciò che voglio: nel bene o nel male, il responsabile del risultato sono io. Questo è cinema d’autore, e per me il cinema o è d’autore, o non è. Vale per l’Europa, per l’Italia, e anche per Hollywood: tutto passa, quel che resta a galla sono gli autori come Eastwood, i Coen o Allen.

Ritiene che la sua impostazione teatrale sia un segno di autorialità?
Greco: Non so se si possa definire tale. Di certo la mia non è un’impostazione istericamente cinematografica. Mettere dei pezzetti di film uno accanto all’altro, con l’ansia del ritmo e il terrore che il pubblico si annoi, è una cosa che non mi interessa. Preferisco dare spazio agli attori e costruire il ritmo in montaggio: quel che conta, per me, non è l’assurda pretesa di riprodurre il reale. Io cerco il verosimile, e forse questo tipo di atteggiamento può ricordare l’impostazione teatrale.

Perché ha ambientato la storia al giorno d’oggi?
Greco: Perché sono convinto che il tema di fondo sia molto attuale. Il rischio non era nella modernizzazione dell’ambientazione, ma nel tentativo di conservare lo stesso linguaggio usato dal libro. La casa di appuntamenti, che ha un ruolo importante nel romanzo, c’è anche nel film: in fondo è verosimile, visto che in Italia c’è una legge che vieta di esercitare la professione in strada. E poi il malessere che attanaglia il personaggio del professore a mio avviso ha più a che fare con l’oggi che con gli anni ’60: nell’epoca del boom il professore pareva un tipo un po’ strano, oggi invece di persone così ce ne sono tante. Molta gente ormai sente il bisogno di mettere tra sé e la realtà una sorta di schermo protettivo.


AMBRA ANGIOLINI, GIUSEPPE BATTISTON: cinema d'attore

Come vi siete preparati al ruolo?
Angiolini: Abbiamo fatto molta memoria, il lavoro più difficile è stato non tanto sul percorso di sofferenza del mio personaggio, quanto sulla lingua. Ero terrorizzata dall’idea di sbagliare qualcuno di quei bellissimi dialoghi. Battiston: Sì, il linguaggio era necessario per raccontare i personaggi, ma molto ostico da affrontare. E la qualità dei silenzi, e degli sguardi, era altrettanto importante. Sinceramente la cosa più noiosa è stato dovermi radere tutti i giorni.

C’è qualcosa di vostro nei personaggi che avete interpretato?
Angiolini: La marchesa è una donna che abita nel dolore, non lo fugge, e in questo mi ci rivedo. Nel mio carattere potenza e fragilità sono bilanciate malissimo: in genere mi si attribuisce una forza che nell’intimo non possiedo. Sono brava a recuperare al dolore, questo sì.

A prima vista lei non sembra una donna sofferente.
Angiolini: E invece sono abbastanza incline alla sofferenza. A volte per entrare in certi personaggi basta l’onestà di liberare quel che nascondi nell’intimo, aspetti del tuo carattere che ti sforzi di rendere invisibili e che invece alcuni registi sono in grado di vedere. Recitare è anche un modo per esorcizzarlo, il dolore. Per questo rivedermi qui mi piace, il personaggio mi appartiene, mi ha aiutato a capire meglio me stessa.

Come vi siete trovati a interagire sullo stesso set?
Angiolini: Era da tanto che volevo lavorare con Giuseppe, all’inizio ero un po’ agitata, temevo di fare brutta figura. Sono più timida di quel che sembri. Lui invece è stato fantastico, mi ha aiutata a liberarmi di tutte le mie paranoie e mi ha fatto portare a casa il più bel personaggio della mia carriera.
Battiston: Con Ambra c’è stata un’intesa forte e immediata, come mi capita con tutti gli attori molto generosi. Ci siamo sopportati, e supportati, felicemente.

Avete mai pensato di dedicarvi alla regia?
Battiston: Sì, ci penso spesso e a volte lo faccio in teatro. Ma quando lavoro con registi come Greco, mi viene il dubbio che sia troppo presto per me e che forse, in fondo, non sia quello del regista il mio mestiere. Magari non sarei nemmeno in grado di fare cinema d’autore: raccontare per immagini non è cosa per tutti, mi affascina e proverò a farlo, ma non credo che sia così semplice, fattibile o scontato.
Angiolini: Io col tempo ho capito che ci sono cose che non devo fare per forza. La politica, per esempio. La regia. O il canto: dopo "T'appartengo" credo di aver già dato abbastanza al mondo della musica. Va bene così, suppongo.

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