Noi credevamo |
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Un film di Mario Martone.
Con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Andrea Bosca, Edoardo Natoli.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 170 min.
- Italia, Francia 2010.
- 01 Distribution
uscita venerdì 12 novembre 2010.
MYMONETRO
Noi credevamo
valutazione media:
3,23
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Insurrezioni, speranze e passioni patriottiche.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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giovedì 23 gennaio 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
NOI CREDEVAMO (IT/FR, 2010) diretto da QUENTIN TARANTINO. Interpretato da LUIGI LO CASCIO, VALERIO BINASCO, FRANCESCA INAUDI, RENATO CARPENTIERI, TONI SERVILLO, LUCA BARBARESCHI, LUCA ZINGARETTI, GUIDO CAPRINO, ANNA BONAIUTO, ANDREA BOSCA, EDOARDO NATOLI, LUIGI PISANI, FIONA SHAW, ANDREA RENZI, STEFANO CASSETTI, FRANCO RAVERA, MICHELE RIONDINO, ROBERTO DE FRANCESCO, ALFONSO SANTAGATA, PEPPINO MAZZOTTA
L’unico autentico capolavoro uscito dalla Mostra di Venezia 2010. Uno dei più bei film italiani di sempre. Un potente e travolgente affresco del Risorgimento che non si vedeva dai tempi de Il Gattopardo. Il migliore film storico italiano (con un titolo quanto mai azzeccato) degli anni 2010. I moti rivoluzionari del 1828 vengono repressi nel sangue dalle truppe borboniche: animati da uno spirito combattivo, tre giovani del Cilento partono per il Nord e si affiliano alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, riponendo immensa fiducia nel patriota genovese e chiedendo subito aiuti e finanziamenti all’influente principessa esule Cristina di Belgiojoso. Quattro episodi – “Le scelte (1828-32); “Domenico (1852-55)”; “Angelo (1856-58)”; “L’alba della nazione (1862-68)” – corrispondono a momenti oscuri del Risorgimento, narrando le tribolazioni esistenziali dei tre protagonisti e i loro drammi di cospiratori e rivoluzionari, fra dignità morale e spirito di sacrificio, ansie ideali e disillusioni politiche, conflitti tra Nord e Sud, dalla Campania a Parigi, da Ginevra a Londra e ritorno, passando naturalmente per Torino. Scritto da Martone con Giancarlo De Cataldo, mostra la sua dimensione di ampio respiro nell’affrontare dal di dentro il più rocambolesco evento storico del nostro Paese, al quale fu impedito, da forze intestine, di rivoluzionare davvero il contesto di partenza con tutte le sue ataviche magagne. Ricco di incongrui e fin troppo sottili riferimenti all’Italia del ‘900 (ma anche del giorno d’oggi), rivela una linea meridionalistica-repubblicana evidente che abbraccia in senso trasversale e idealistico il pensiero di Gramsci e quello di Salvemini. Ispirato al libro omonimo (1969) di Anna Banti e liberamente rielaborato dalle esperienze reali di tre patrioti veramente vissuti, è un’ulteriore prova, quasi viscontiana, della sapiente compenetrazione fra teatro e cinema tipica del repertorio del napoletano Martone, palese anche nell’utilizzo della musica di Verdi (Macbeth, Attila, Otello) e nel tema del tradimento: riguardo quest’ultimo punto, appaiono esemplificativi non solo gli atti di voltafaccia dei Savoia e della sinistra di Crispi, ma anche la recrudescenza con cui Salvatore Tambasco abbandona tradendoli i compagni di lotta Domenico e Angelo, facendosi assassinare da quest’ultimo. La congiunzione tra la scena teatrale e quella della macchina da presa trova un suo dispiego espressivo anche nel settarismo utopistico e tormentato di Mazzini. In questa affascinante e terribile vicenda di sconfitta storica, di classe e di speranza non manca la lezione di Rossellini su un cinema didattico ma realistico, che rievochi la Storia per mostrare la strada da percorrere, lezione che trasuda dalla visita al Parlamento subalpino o nei canti delle camicie rosse garibaldine da accostare a quelli dei partigiani della Resistenza. Ottima la scelta di affidare le gesta dei grandi del Risorgimento italico a volti noti del cinema nostrano: Inaudi interpreta con fulgore Cristina di Belgiojoso e Bonaiuto le fa da controparte per la versione anziana; Zingaretti è un efficace Francesco Crispi; Servillo instilla nel suo Mazzini la sua abituale mistura di sobrietà e recitazione sotto le righe; Caprino si cala con fervida galanteria nei panni di Orsini; un occhio di riguardo a Barbareschi e al suo Antonio Gallenga perfetto nella ricostruzione dei suoi torbidi trascorsi; e la faccia sofferta di Carpentieri rende eccezionale la sua performance nei panni del barone Carlo Poerio. Una riflessione profonda e arguta sulle motivazioni che ancora oggi non smettono di dividere le correnti di pensiero in una nazione che stenta sempre più a recuperare dalle origini un’identità unitaria. Fotografia: Renato Berta. Scene: Emita Frigato. Costumi: Ursula Patzak. Premiato con un Nastro d’Argento a Martone.
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