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L'uomo nell'ombra: Lo scrittore che sapeva troppo

Presentato alla Berlinale il nuovo thriller politico di Roman Polanski.
di Edoardo Becattini

Ghosts of Berlin
Ewan McGregor (Ewan Gordon McGregor) (53 anni) 31 marzo 1971, Crieff (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta The Ghost nel film di Roman Polanski L'uomo nell'ombra.

domenica 14 febbraio 2010 - Incontri

Ghosts of Berlin
Con la discrezione richiesta dalle circostanze insolite, la Berlinale presenta uno dei titoli di punta, L'uomo nell'ombra di Roman Polanski. Il regista polacco, da qualche mese agli arresti domiciliari in Svizzera per un abuso sessuale commesso negli Stati Uniti più di trent'anni fa, è la presenza-assenza più evidente di questi primissimi giorni di festival. Un corpo fantasma che dal domicilio coatto manda in concorso un thriller politico che parla degli "scrittori-fantasma", biografi e specialisti che agiscono all'ombra dei più importanti politici e ne determinano concretamente la popolarità e la credibilità retorica. Dopo due parentesi più accademiche, Il pianista e Oliver Twist, Polanski torna così al suo antico amore per i misteri e la suspense e, con la complicità dello scrittore Robert Harris, rivolge il suo sguardo alla politica estera contemporanea e agli effetti più illeciti della guerra al terrorismo delle potenze occidentali.

Come siete riusciti a finire il film con l'assenza forzata di Roman Polanski?
Robert Benmussa (produttore): Abbiamo finito di girare il film verso la fine di febbraio dello scorso anno e, durante la fase delle riprese, i vari daily venivano supervisionati da Roman e dal suo montatore quotidianamente. Poi, da maggio ad agosto, i due hanno lavorato assieme al montaggio notte e giorno dal momento che avevamo già in programma di presentare il film qua a Berlino a febbraio. Alla fine di agosto avevamo in mano un rough cut che qualsiasi altro regista potrebbe già tranquillamente definire un final cut, considerando che Roman è di una precisione incredibile. Poi, quando Roman è stato arrestato dalle autorità svizzere verso la fine settembre, nonostante il film fosse già quasi finito e la sua situazione si fosse incredibilmente complicata, ha continuato a lavorare sul materiale che gli veniva passato in carcere dal suo avvocato svizzero. Oltre alla grande determinazione di Roman, se oggi possiamo vedere il film completo è grazie allo straordinario impegno degli assistenti al montaggio, dei tecnici degli effetti speciali e del compositore Alexandre Desplat.

Come definireste il Polanski regista?
Pierce Brosnan: Intenso, molto intenso. È una persona che ha vissuto una vita davvero molto intensa ed è sempre un onore poter lavorare con lui. È davvero un grande professionista ma anche una persona esilarante ed un instancabile lavoratore. Durante la lavorazione, le luci rosse del set non si sono praticamente mai spente e vedere una tale creatività sempre all'opera è uno stimolo per essere sempre al massimo delle proprie capacità.
Ewan McGregor: Roman è un regista che fa molte pressioni sul cast e sulla troupe. Una ragione in più per sostenere che è davvero un peccato che non sia qui è il fatto che tutto il risultato è davvero merito suo. L'uomo nell'ombra è a tutti gli effetti un suo film. La prima cosa che colpisce sul set è che riesce ad essere contemporaneamente tutti i ruoli: è il regista, lo scenografo, gli attori, il cameraman... Riesce a porre la sua impronta su tutto, su ogni inquadratura. È un vero maestro della precisione e del dettaglio. E, almeno per quanto mi riguarda, lo ritengo responsabile della mia performance almeno quanto lo sono io. Non credo che sarei mai stato capace di interpretare questo ruolo senza un grande regista: sentivo come se le sue mani plasmassero il mio carattere inquadratura dopo inquadratura. Un altro aspetto che mi ha molto colpito è il modo con cui Polanski utilizza il paesaggio come se fosse un vero e proprio personaggio. Abbiamo girato il film in pieno inverno ed il freddo delle location nella visione di Roman è diventato un'entità che opprime i personaggi e preme sul loro destino.
Olivia Williams: C'è qualcosa di molto affascinante nel suo modo di dirigere: la sensibilità nel dirigere gli attori e la forza con cui conduce tutto il gioco lascia esterrefatti. Roman è il primo regista con il quale lavoro che se stai sbagliando una battuta è capace di fermare tutta la troupe urlando. Il che può risultare scioccante all'inizio, ma ben presto capisci che ha già una visione completa del film e che quella visione è perfetta.

Il tuo personaggio è realmente ispirato a Tony Blair?
Pierce Brosnan: La prima volta che ho incontrato Roman, a Parigi, e ho letto la sceneggiatura, la prima domanda che mi venne in mente fu: "Come potrei fare un personaggio del genere?" - credendo di dover fare una sorta di caricatura di Tony Blair. Ma lui mi rassicurò subito dicendomi che avrei dovuto farlo a modo mio, libero da qualunque schema o personaggio di riferimento. Ciò fu molto liberatorio e anche molto intrigante, perché significava confrontarmi con un grande personaggio. Un uomo di potere, quasi un carattere shakespeariano, eppure allo stesso tempo un uomo vuoto, un attore che recita la parte di un politico.
Come è passato dal romanzo alla sceneggiatura per il film?
Robert Harris: Quando ho scritto il romanzo non pensavo realmente che avrebbe percorso tutta questa strada. Roman, dopo Il pianista e Oliver Twist, mi aveva confidato il desiderio di voler tornare ad un vero thriller e che gli sarebbe piaciuto avermi a fianco per la stesura. Proporgli delle sceneggiature sulle rovine degli antichi romani o i moti dei vulcani non mi sembrava particolarmente adatto allo scopo, così gli sottoposi l'idea di L'uomo nell'ombra. All'inizio non parve molto entusiasta, ma poi, quando lesse il manoscritto si entusiasmò, paragonandolo ad un romanzo di Chandler, e decise subito che sarebbe stato il suo prossimo film. Penso che un buon thriller debba essere un giusto mix di tensione, intelligenza e spirito brillante, ecco perché adoro i film di Hitchcock. L'intreccio di tensione e humour di film come La finestra sul cortile o Intrigo internazionale credo sia una cosa che riesca solo ai grandi registi.

Cosa le interessa di più nella figura del ghostwriter?
Robert Harris: Mi aveva sempre appassionato l'idea di approfondire una figura come il ghostwriter. Non che voglia diventarne uno, ma trovo molto interessante un personaggio che ha potere sui discorsi e sul prestigio politico di un altro uomo. Soprattutto mi incuriosiva focalizzarmi su quell'ipotetico momento in cui si rompe il patto di fiducia fra chi si espone in pubblico e chi agisce per lui nell'ombra. Ritenevo insomma il ghostwriter un ottimo supporto drammaturgico, avevo solo bisogno di quel contesto necessario a determinare una storia forte che solo le ultime circostanze mi hanno fornito. Ho concepito il libro nel 2006 e molti l'hanno pensato come un'accusa a Tony Blair, alla sua politica estera e al suo appoggio al governo Bush. Ma quel che mi interessava in realtà era rendere appassionante una storia che coinvolgesse un "uomo nell'ombra" in un momento delicato come un'accusa per crimini di guerra, anche se devo ammettere che gli eventi degli ultimi tre anni, soprattutto quelli emersi dopo la conclusione del mio romanzo, paiono rendere il film più come un documentario che come un racconto di fantasia.
Come ha lavorato per le musiche del film?
Alexandre Desplat: Avendo di fronte a me il regista di un capolavoro come Chinatown, sapevo che la relazione fra la musica e le immagini sarebbe stata fondamentale, che i due elementi avrebbero dovuto crescere e muoversi assieme. Lavorare con Roman cambia radicalmente il proprio modo di pensare. C'è una grande energia in lui, una forza che da molta ispirazione e che porta a mettere alla prova continuamente le proprie capacità.

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