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L'uomo nell'ombra: Delitto per delitto

Eroi di Hitchcock e Polanski a confronto.
di Edoardo Becattini

Un erede nell'ombra?
Ewan McGregor (Ewan Gordon McGregor) (53 anni) 31 marzo 1971, Crieff (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta The Ghost nel film di Roman Polanski L'uomo nell'ombra.

mercoledì 7 aprile 2010 - Approfondimenti

Un erede nell'ombra?
Di "intrighi internazionali", "congiure degli innocenti" e "psycho" è piena la filmografia di Roman Polanski. D'altronde, per quanto sia fuori da ogni dubbio che sia Alfred Hitchcock il vero iniziatore di un "cinema del sospetto" e di un'architettura della suspense, Polanski si è in più occasioni dimostrato un erede più che degno, soprattutto per quanto riguarda il piacere di farsi avvincente narratore, artista capace di articolare la drammaturgia più attraverso le immagini e le potenzialità tecniche del cinema che contando sulle sole potenzialità dell'attore o della sceneggiatura. A volte in modo sottile come il suo humour britannico, altre volte più concretamente come la sua corpulenta presenza che compare in ogni film, la celebre silhouette di Alfred si affaccia in tutta la sua corpulente vivacità nell'ultimo lavoro di Polanski: L'uomo nell'ombra. Nel film, Ewan McGregor interpreta un anonimo scrittore che vorrebbe sapere troppo, un uomo ordinario senza legami e senza biografia che si muove nelle ombre del più recente passato britannico, districandosi fra un primo ministro che paga le conseguenze delle violazioni dei diritti umani perpetrate nel nome di una caccia bellicosa alle armi di distruzione di massa e un entourage di suoi collaboratori che paiono sapere più di quanto affermano. Su questo intreccio di letteratura, politica e spionaggio si articolano le musiche di Alexandre Desplat, che aggiorna le frenetiche partiture per archi di Bernard Herrmann alla musica contemporanea, mantenendo fede all'originale senso di tensione e di indeterminatezza del compositore statunitense.
Possibile quindi, alla luce di tutto questo, che Polanski voglia sostituirsi completamente ad Hitchcock?

La finestra su Hitchcock
Certamente la chiave per comprendere ciò che avvicina e distanzia il modo di concepire il thriller per i due autori sta nel ruolo del protagonista. Il punto di partenza è per entrambi l'uomo comune, base per l'identificazione dello spettatore e per il coinvolgimento emotivo puro che il genere reclama. Ma se i protagonisti di Hitchcock vivono come una sfida l'incomprensibilità del mondo e si agitano per ottenere giustizia e per recuperare le certezze perdute, in Polanski i ruoli centrali sono invece figure molto meno definite, instabili e soprattutto inaffidabili nel loro modo di percepire il mondo. Che siano "giovani e innocenti" o "ricchi e strani", i personaggi di Hitchcock sono fuori posto solo per caso (da cui la famosa caratteristica dei "personaggi ordinari in contesti straordinari"), e da lì, dal famigerato "posto sbagliato al momento sbagliato", rimangono coinvolti in un'intelaiatura di inganni e di trappole continue, di situazioni anomale senza spiegazioni. Ma in questa posizione di svantaggio rimangono solo finché non arrivano a comprendere il principio di relazione che li coinvolge nella loro avventura. Una volta compresi tutti i doppi giochi, le false piste (i celebri MacGuffin del cineasta inglese) e le finalità, cominciano a modificare il percorso a loro piacimento e in base ai loro desideri. Il noto cinismo di Hitchcock è infatti relativo più alla percezione dei rapporti di coppia e al futuro dei suoi protagonisti "fuori campo", una volta posta la parola "fine", piuttosto che al presente che dispiega davanti al nostro sguardo, dove i suoi eroi hanno capacità (se non motorie, almeno scopiche, come in La finestra sul cortile) di modificare il mondo davanti a sé. L'universo di relazioni è così già prestabilito da Hitchcock, il quale gioca sia con lo spettatore che con il suo personaggio affinché seguano la pista da lui tracciata e arrivino ad affermare la loro individualità e la loro identità attraverso la soddisfazione del desiderio o il più semplice piacere del racconto.

I fantasmi di Polanski
P olanski, al contrario, si confronta con un mondo nel quale non pone alcune condizione di certezza. Nei suoi film, c'è quasi sempre una totale identificazione con il punto di vista dell'eroe (tant'è che viene a volte interpretato da lui stesso, come in Per favore, non mordermi sul collo o L'inquilino del terzo piano) e molta della fascinazione nasce proprio da questa parzialità dello sguardo, dall'ambiguità fra la percezione reale e soggettiva dei misteri e dall'avvicendarsi della trama. Il mondo è nemico, in balia della guerra, delle pulsioni o degli agenti atmosferici (tutto intorno è immerso dall'acqua, come in Cul-de-Sac, oppure dal vento, come nel paesaggio burrascoso di Martha's Vineyard in L'uomo nell'ombra). E il male spesso si nasconde proprio nelle presenze più vicine, trasformando i normali inquilini di un condominio in presenze inquietanti e malvagie. A fronte di questo tipo di circostanze, l'eroe polanskiano anziché acquisire consapevolezza nelle sue peregrinazioni e nella sua scoperta del mondo, perde certezze sulla propria identità, sui propri desideri e sulle finalità del proprio percorso. Anche se crede continuamente di essere in grado di poter condurre il gioco, in Polanski il protagonista viene sempre guidato nel suo fare esperienza.
Delle numerose presenze inquietanti, metafisiche e tormentate di cui Roman Polanski si è occupato in vita sua, il ghost writer di Ewan McGregor può essere letto come l'ennesimo fantasma. Non certamente uno spettro come quelli che abitano le case infestate, ma un corpo inesistente, capace di relazionarsi con altre persone ma impotente nell'esercitare un'azione concreta, un cambiamento effettivo sulle oscure maglie di una trama già prestabilita da altri. Per questo forse, Polanski riesce, al contrario di Hitchcock, a misurarsi con la politica e con la Storia. Perché legge la paura come il sentimento dell'uomo comune, smarrito sia di fronte alle grandi questioni della religione o della superstizione, che di fronte all'incomprensibilità della macchina dello Stato (come nel nazional-socialismo de Il pianista) e agli oscuri organi che guidano la politica internazionale (e, ad esempio, le torture di Guantanamo Bay). Se è vero che la verità sta nei libri di Storia, spesso è dentro le pagine della narrativa più appassionante che può celarsi la realtà delle cose.

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