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Venezia 67: La versione di Barney di Richard J. Lewis

Trasposizione cinematografica del best-seller di Mordecai Richler.
di Luca Volpe

Il caso letterario
Paul Giamatti (Paul Edward Valentine Giamatti) (56 anni) 6 giugno 1967, New Haven (Connecticut - USA) - Gemelli. Interpreta Barney Panofsky nel film di Richard J. Lewis La versione di Barney.

venerdì 10 settembre 2010 - Approfondimenti

Il caso letterario
Dopo La solitudine dei numeri primi, presentato ieri in conferenza stampa, è oggi la volta di un altro film tratto da un romanzo-culto, capace di vendere in Italia qualcosa come 100.000 copie. La versione di Barney, diretto da Richard J. Lewis, è la trasposizione cinematografica dell'omonima opera letteraria di Mordecai Richler, compianto autore canadese in grado di ironizzare su un'intera comunità – quella ebraica – rimarcandone vizi e stranezze, punti deboli e caratteristiche meno evidenti. Un'abilità e un coraggio, quelli di Richler, e contenuti, quelli del suo romanzo, che hanno creato a Lewis non poche difficoltà nel lavoro di trasposizione: "Mi ha fatto un po' paura perché è un libro molto amato" ha commentato il regista in apertura di conferenza "Ecco perché dal mio punto di vista avevo molta pressione. Volevo essere sicuro di riuscire a tradurre sullo schermo l'essenza piena della storia. Ho fatto in modo che la personalità di Barney rimanesse più o meno la stessa del libro. Mi sono sentito sotto pressione giorno dopo giorno".

Una lunga gestazione
La versione di Barney è però anche un film con una storia particolare alle spalle. Sono serviti infatti più di dieci anni (il romanzo è del 1997) per concretizzare l'idea di Robert Lantos – produttore del film insieme a Domenico Procacci – di trasporre in pellicola il lavoro di Richler. Un tempo fin troppo lungo che lo stesso Lantos spiega con queste parole: "Qualsiasi film che non è indirizzato ai quindicenni diventa una corsa ad ostacoli, soprattutto nel mondo anglosassone. La sceneggiatura doveva essere scritta dall'autore del romanzo, ma poi si è ammalato e ci ha lasciati. Ho pensato che quello fosse quasi un segno ed infatti le difficoltà non sono mancate. Il primo, il secondo ed il terzo scrittore a cui mi sono rivolto per scrivere la sceneggiatura non hanno saputo realizzare ciò che io chiedevo. Sono trascorsi diversi anni finché io e Richard non abbiamo trovato Michael Konyves, che è riuscito a raccontare questa storia lasciando intatta l'impronta letteraria, aiutandoci a risolvere il problema della voce fuori campo che a noi non piaceva e riuscendo a comprimere il libro per fare un film di due ore".

Paul Giamatti è Barney Panofsky
Pochi dubbi, invece, su chi avrebbe interpretato il ruolo di protagonista. Il personaggio di Barney Panofsky è sembrato fin da subito adattarsi perfettamente alle caratteristiche e alla personalità di Paul Giamatti, poliedrico attore americano (ma di origini italiane) che in conferenza stampa si auto-definisce, proprio come Barney, un "tipaccio amabile". Giamatti parla del suo personaggio come se lo stesse ancora impersonando, e a chi in sala gli chiede se abbia mai fatto qualcuna delle azioni "politically incorrect" che lo caratterizzano, risponde sardonico: "C'ho pensato, quando interpretavo Barney nelle situazioni folli in cui si andava a cacciare, ma non ce l'ho fatta. Ho interpretato questo personaggio proprio perché fa delle cose che io non sono mai riuscito a fare. Ho pensato molte volte di scappare con la cameriera e non ci sono mai riuscito. Ma forse un giorno lo farò". Nonostante questo, Giamatti racconta di non aver avuto grandi problemi a calarsi nel ruolo, tranne forse quando si è trovato ad interpretare il Barney giovane: "Quello è un periodo che se n'è ormai andato da me. Io mi vedo sempre più vecchio e per questo il Barney anziano mi ha dato più libertà. Da giovane era più un tipo chiuso e non sapevo come farlo. Certo, essere giovani è più divertente ma io ho dimenticato come ci si sente in quegli anni".

Un politically incorrect più morbido
Sembra però palese, nella trasposizione filmica dell'opera letteraria, un certo ammorbidimento delle posizioni politicamente scorrette del personaggio, dal suo parere sul femminismo a quello sugli intellettuali di sinistra. Un'operazione, questa, che – come sottolineano regista e produttore – non dipende dalla volontà di evitare le critiche da parte di pubblico ed addetti ai lavori, bensì dal fatto che le tendenze politiche non sono state considerate pertinenti con il film: "È l'esperienza umana che ci è sembrata importante per il film" ha commentato Lewis "Sono le emozioni e non l'agire politico. Quello che mi piace delle performance degli attori è che ci hanno messo il cuore dentro. Mi interessava più questo piuttosto che la natura politica del libro". "La decisione di non includere le problematiche politiche" gli ha poi fatto eco Lantos "È stata presa direttamente da Mordecai prima di ammalarsi. Quelle posizioni avevano a che fare con lui ma non con la vita di Panofsky, su cui il film si è invece voluto incentrare. Non è stata una decisione presa per rendere il film più fruibile al pubblico ma è stata una scelta dell'autore".

La partecipazione di Dustin Hoffman
A margine dell'incontro c'è tempo per un commento sulla partecipazione di Dustin Hoffman nell'insolita veste del padre di Barney: "Dustin sul set fa un lavoro molto divertente" ha affermato ironico Giamatti "Crede forse che sia parte del suo lavoro raccontare barzellette sporche tutto il tempo". "Trent'anni fa avrebbe interpretato il mio ruolo molto meglio di come l'ho fatto io" ha poi continuato l'attore "È stupefacente lavorare con lui. Se ha bisogno di entrare meglio nella scena diventa pazzo, come un quadro di Picasso, mette nella recitazione tutta la sua eccentricità. È divertente, trascinante e molto generoso. Non c'è nessuno di meglio rispetto a lui".

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