Commedia,
durata 104 min.
- Italia 2010.
- Cinecittà Luce
uscita venerdì 11febbraio 2011.
MYMONETROInto Paradiso
valutazione media:
3,12
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Napoli come crocevia delle diversità: onesta e delinquenza, disoccupazione e raccomandazioni, italianità e multiculturalità. La regista vuole realizzare una commedia dura e umana al tempo stesso, nella quale un italiano e un cingalese condividono il destino: con una certa delicatezza evidente e un buonismo smisurato vorrebbe mettere assieme luoghi comuni nostrani e tipicità straniere alla ricerca di un forzatissimo e sincero sorriso. Vorrebbe gettare una luce diversa, tutta nuova ed eccentrica per illuminare Napoli di una chiarezza brillante. Dico vorrebbe, perchè magari gli intenti sono nobili, i risultati però latitano. Ne esce un racconto ingenuo, stereotipato, alla ricerca continua della riscossa civile di un territorio oppresso dalla malavita, interpretato in maniera discutibile e dall'impianto narrativo che comunque scorre via fluido, stravagante e surreale seppur piuttosto noioso, impersonale e mai veramente brillante.
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Napoli come crocevia delle diversità: onesta e delinquenza, disoccupazione e raccomandazioni, italianità e multiculturalità. La regista vuole realizzare una commedia dura e umana al tempo stesso, nella quale un italiano e un cingalese condividono il destino: con una certa delicatezza evidente e un buonismo smisurato vorrebbe mettere assieme luoghi comuni nostrani e tipicità straniere alla ricerca di un forzatissimo e sincero sorriso. Vorrebbe gettare una luce diversa, tutta nuova ed eccentrica per illuminare Napoli di una chiarezza brillante. Dico vorrebbe, perchè magari gli intenti sono nobili, i risultati però latitano. Ne esce un racconto ingenuo, stereotipato, alla ricerca continua della riscossa civile di un territorio oppresso dalla malavita, interpretato in maniera discutibile e dall'impianto narrativo che comunque scorre via fluido, stravagante e surreale seppur piuttosto noioso, impersonale e mai veramente brillante. Arguta Paola Randi, questo film è una risata beffarda alla faccia della spazzatura che opprime il capoluogo campano e dimostra che comunque una risata si può fare anche su temi seri e importanti. La regista è all'esordio assoluto, la base è buona, segue le orme di DiGregorio, ed entrambi con un budget ridottissimo, una solida e sarcastica sceneggiattura e tanta fantasia confezionano la loro opera prima, un film vero. Si sorride, la stoffa probabilmente c'è, ora la aspettiamo alla prossima occasione perchè c'è molto da lavorare e il risultato per ora non convince.
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Napoli, tempo di elezioni amministrative. Alfonso D’Onofrio (Gianfelice Imparato) si definisce “uno scienziato precario disoccupato”. Ha appena perduto il posto di lavoro e, mal consigliato, crede bene di rivolgersi al consigliere comunale Vincenzo Cacace (un ottimo Peppe Servillo) per una raccomandazione. Ma quest’ultimo è in mano a un boss malavitoso che gli impone un favore: fare il postino per la consegna di una pistola. Cacace decide di servirsi dell’ignaro Alfonso, ma per una serie di disguidi, l’operazione non va in porto, e il politico ora deve non solo recuperare l’arma, ma anche uccidere Alfonso. Le vicende di quest’ultimo s’intrecciano subito con quelle di Gayan (Saman Anthony), ex campione di cricket cingalese appena arrivato in città, ma ben presto desideroso di ritornarsene al suo Paese.
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Napoli, tempo di elezioni amministrative. Alfonso D’Onofrio (Gianfelice Imparato) si definisce “uno scienziato precario disoccupato”. Ha appena perduto il posto di lavoro e, mal consigliato, crede bene di rivolgersi al consigliere comunale Vincenzo Cacace (un ottimo Peppe Servillo) per una raccomandazione. Ma quest’ultimo è in mano a un boss malavitoso che gli impone un favore: fare il postino per la consegna di una pistola. Cacace decide di servirsi dell’ignaro Alfonso, ma per una serie di disguidi, l’operazione non va in porto, e il politico ora deve non solo recuperare l’arma, ma anche uccidere Alfonso. Le vicende di quest’ultimo s’intrecciano subito con quelle di Gayan (Saman Anthony), ex campione di cricket cingalese appena arrivato in città, ma ben presto desideroso di ritornarsene al suo Paese. I due – in compagnia di un Cacace legato e imbavagliato - si ritrovano a condividere lo stesso tugurio collocato sui tetti di una Napoli fatiscente popolata di parenti e connazionali dello stesso Gayan, mentre sia Alfonso che Cacace vengono ricercati dai camorristi sguinzagliati dal boss don Fefè dalla voce fessa. Il messaggio del film si può condensare in una parola: solidarietà. Solidarietà tra diseredati, tra emarginati, tra esseri umani di diversa estrazione e cultura ma accomunati dalla medesima sorte, quella di escogitare un qualche escamotage per sopravvivere. Alfonso aiuta Gayan e questi gli salva la vita in un crescendo di colpi di scena che si concludono in un comico finale in stile “amici in fuga” verso la libertà. Pellicola assai originale girata a basso costo, coronata da simpatici titoli di coda. Merita il prezzo del biglietto.
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Alfonso D'Onofrio è un timido, impacciato e ancora mammone (benché la madre sia morta) ricercatore precario ormai cinquantenne. Un giorno riceve una lettera di licenziamento e un amico, il quale gestisce un cinema a luci rosse, gli consiglia di recarsi da un amico in comune, politico in ascesa, già consigliere comunale e in campagna elettorale: Vincenzo Cacace. Quest'ultimo a sua volta deve un favore ad un Boss: consegnare una pistola a dei precari. Così, coglie la palla al balzo per far compiere l'ardita missione all'ignaro Alfonso. Ma qualcosa va storto e così i due sono costretti a trovare riparo presso una comunità srilankese sita nel quartiere Materdei, chiamata appunto Into Paradiso.
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Alfonso D'Onofrio è un timido, impacciato e ancora mammone (benché la madre sia morta) ricercatore precario ormai cinquantenne. Un giorno riceve una lettera di licenziamento e un amico, il quale gestisce un cinema a luci rosse, gli consiglia di recarsi da un amico in comune, politico in ascesa, già consigliere comunale e in campagna elettorale: Vincenzo Cacace. Quest'ultimo a sua volta deve un favore ad un Boss: consegnare una pistola a dei precari. Così, coglie la palla al balzo per far compiere l'ardita missione all'ignaro Alfonso. Ma qualcosa va storto e così i due sono costretti a trovare riparo presso una comunità srilankese sita nel quartiere Materdei, chiamata appunto Into Paradiso. Qui entrano in contatto con Gayan, ex campione di criket nel campionato inglese, giunto in Italia con la speranza di fare una vita di lusso. I guai dei tre finiranno dunque inevitabilmente per incrociarsi.
Primo film per Paola Randi, seminarista nientepopodimenoche di Werner Herzog, del quale pare aver assimilato un pò di astrattività e surrealismo. Into Paradiso è per lei un esordio di tutto rispetto, poiché la regista non si limita al "compitino" della semplice commedia sulle ormai note amarezze di Napoli (tornate spesso in auge al Cinema negli ultimi anni), ma cerca di andare oltre, con sequenze che si gongolano sulla fantasia, il surrealismo, una prospettiva anche visionaria. Ne sono un esempio i vari sogni di Alfonso (Gianfelice Imparato) che messosi i tappi nelle orecchie, si estranea della realtà costruendola a proprio piacimento. Qualche "buco" di tanto in tanto nella sceneggiatura e qualche rallentamento, sono pecche che le si possono perdonare.
La Randi, che napoletana non è, affronta molte piaghe di Napoli e dell'Italia in generale: la politica immischiata con la camorra, la precarietà dei ricercatori, i sogni infranti degli immigrati, la solitudine. Gradevoli i protagonisti, Gianfelice Imparato e Peppe Servillo, conosciuto ai più come musicista degli Avion Travel. Servillo, un cognome, una garanzia. [-]
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Gradevilissima commedia dark (forse non è l’aggettivo più appropriato, ma non me ne viene in mente uno migliore) a tinte rosa, dove ironia e dramma si fondono magnificamente in un tutto ben equilibrato, dove si ride ma senza dimenticare il quadro di violenza che fa da sfondo; violenza che è abilmente stemperata dalla connotazione caricaturale dei camorristi, dipinti più come balordi impacciati e rimbambiti che come implacabili soldati della più solida e produttiva associazione di malaffare italiana.
Sono molte le componenti che si rifanno all’attualità: il politico opportunista e succube dei poteri forti (quelli illegali, naturalmente), il disoccupato un po’ imbranato che cerca soluzioni “collaterali” e si trova impantanato in situazioni più grandi di lui da cui riesce ad uscire con grinta e furbizia , il potere ipnotizzante della televisione più becera, cioè quella delle telenovelas, la dimensione della multietnicità e la dinamica interculturale, e via dicendo.
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INTO PARADISO
Gradevilissima commedia dark (forse non è l’aggettivo più appropriato, ma non me ne viene in mente uno migliore) a tinte rosa, dove ironia e dramma si fondono magnificamente in un tutto ben equilibrato, dove si ride ma senza dimenticare il quadro di violenza che fa da sfondo; violenza che è abilmente stemperata dalla connotazione caricaturale dei camorristi, dipinti più come balordi impacciati e rimbambiti che come implacabili soldati della più solida e produttiva associazione di malaffare italiana.
Sono molte le componenti che si rifanno all’attualità: il politico opportunista e succube dei poteri forti (quelli illegali, naturalmente), il disoccupato un po’ imbranato che cerca soluzioni “collaterali” e si trova impantanato in situazioni più grandi di lui da cui riesce ad uscire con grinta e furbizia , il potere ipnotizzante della televisione più becera, cioè quella delle telenovelas, la dimensione della multietnicità e la dinamica interculturale, e via dicendo.
Il tutto si svolge nella periferia scalcinata ma viva e simpatica di Napoli, che ricorda un po’ quella di “Passione”, ed in particolare in una “Napoli nella Napoli”: un fondaco abbandonato ed occupato da una comunità srilankese, apparentemente diversa ma non poi tanto dai napoletani veraci, almeno quanto a colori e temperamento. Ed è proprio l’arrivo di un ex campione di cricket cingalese squattrinato che in qualche modo sbroglia l’intricata matassa in cui si erano inviluppati il politicante Vincenzo e lo scienziato senza lavoro Alfonso a causa del solito ricatto della camorra. Da una situazione senza sbocco i nostri usciranno sfoderando astuzia, mutuo soccorso e tanta, tanta fortuna, in mezzo ad un turbinio di pallottole sibilanti.
Il film si articola perlopiù in siparietti, alcuni piuttosto esilaranti (Servillo legato e narcotizzato davanti ad un televisore acceso, la festa variopinta nel fondaco, il duetto cerebrale tra il cingalese-badante e la nobildonna arrogante, la grande fuga in mezzo all’inferno chi con le proprie gambe chi su una sedia a rotelle…).
Gli stacchi con scene di animazione dànno divertente risalto ai pensieri onirici e sublimano l’atmosfera di riflessiva ironia che si respira dall’inizio alla fine.
Il segnale edificante che si riceve è che in una grande città dove sono marcate le diversità a stretto contatto solo lo spirito di attiva collaborazione tra realtà autoctone e componenti di derivazione esterna consente di massimizzare la pacifica convivenza ed il raggiungimento di interessi comuni: solo il confronto e la solidarietà fra diversi può avere la meglio sul bieco opportunismo e la cieca forza.
Brava la regista e sceneggiatrice Paola Randi, credo alla prima prova cinematografica, a miscelare e dosare al meglio così tanti ingredienti, assicurando in ogni scena, anche le più forti, un gradevole tocco di leggerezza; bravo Gianfelice Imparato, qui nel ruolo di protagonista, che già avevamo apprezzato in Gomorra; bravo (ma lo sapevamo) l’altro Servillo a dare corpo al cialtrone di turno, che, per quanto miserabile, non riesce ad essere antipatico; bravo il cingalese-badante, tirato a lucido come un attore holliwoodiano, che sa sprizzare umorismo a iosa dalle sue occhiate stralunate e furbesche e dai tentativi prima maldestri poi rassegnati di adattarsi alla nuova movimentata realtà sociale, da cui trarrà comunque un’importante lezione di vita.
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Into Paradiso è un ormai raro esempio di originale, nuova, autentica e fresca arte del cinema italiano.Può nascere una stella, Paola Randi, che esordisce al cinema con un film veramente meritevole per soggetto, sceneggiatura e regia. Speriamo che la Randi continui così. Imparato e Servillo mostrano una recitazione di altissimo livello e in alcuni tratti geniale. I temi attuali della disoccupazione, dell'immigrazione, della criminalità vengono trattati con piacevole ironia, ma pur sempre in un modo che fa riflettere.
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Into Paradiso è un ormai raro esempio di originale, nuova, autentica e fresca arte del cinema italiano.Può nascere una stella, Paola Randi, che esordisce al cinema con un film veramente meritevole per soggetto, sceneggiatura e regia. Speriamo che la Randi continui così. Imparato e Servillo mostrano una recitazione di altissimo livello e in alcuni tratti geniale. I temi attuali della disoccupazione, dell'immigrazione, della criminalità vengono trattati con piacevole ironia, ma pur sempre in un modo che fa riflettere. Into Paradiso è un film da vedere; consiglio appassionato e disinteressato. Buona visione a tutti!
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Napoli ci regala di nuovo un bel film. Si tratta di una favola urbana nella quale Il protagonista viene licenziato e, affidandosi al consiglio di un amico, cerca una raccomandazione, così facendo si ritrova invischiato in un affare di camorra. Fuggendo ad un agguato finesce "into paradiso" un angolo di Napoli abitato da immigrti dallo Sri Lanka. Con un susseguirdi di gag comiche, immagini oniriche e un ritmo musicale incalzante si sviluppa una stora divertente, dai toni delicati e poetici.
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Era da tanto tempo che non mi capitava di uscire dal cinema con un grande senso di soddisfazione! Into Paradiso è un bel film italiano, capace di intrattenere e divertire, mai banale, montato egregiamente, con un bravissimo Gianfelice Imparato (nella parte del professore precario tontolone), un altrettanto bravo Peppe Servillo e una serie di ottimi comprimari. Le scene in cui la fantasia e le elucubrazioni del protagonista entrano (fisicamente) nella realtà sono veri e propri colpi di genio (specie quella in cui Alfonso decide di "parlare con" la polizia: simpatica anche la soluzione degli attori che entrano portando con sé la scenografia). I colori predominanti qui sono il giallo, l'arancione e il rosso della bandiera cingalese, ma anche quelli del tramonto napolitano con il Vesuvio in lontananza o dei vicoli stretti e popolati del centro.
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