Il discorso del re |
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Un film di Tom Hooper.
Con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Jennifer Ehle.
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Titolo originale The King's Speech.
Storico,
durata 111 min.
- Gran Bretagna, Australia 2010.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 28 gennaio 2011.
MYMONETRO
Il discorso del re
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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E' IL FILM DI UN INCONTROdi PaideiaFeedback: 100 |
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lunedì 7 febbraio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Candidato 12 volte all’Oscar, non so - non ho parametri in materia - confermare o meno la plausibilità di quella candidatura: alcuni personaggi mi sembrano poco caratterizzati, a tratti lo trovo lento e approssimativo, vere e proprie cadute di ritmo, di certo il film in questione ha il grande merito di dirottare, quasi disarcionare, lo spettatore, da quel contesto storico così pregno di tragicità qual era l’approssimarsi della seconda guerra mondiale, ad un ambito preciso e non meno tragico, nascosto tra le pieghe di una menomazione: la balbuzie. Il racconto, nella svolgersi di una trama tessuta con maestria dai due protagonisti, Colin Firth e Geoffrey Rush, si snoda intorno un incontro e all’instaurarsi di un rapporto umano. Umano perché reale, umano perché frutto di un incontro, umano perché dialogico e relazionale: se è vero che un rapporto nasce sempre da un incontro, è anche vero che ‘incontro’ ingloba la parola ‘contro’: ogni confronto ha, e deve avere, i suoi momenti di scontro per crescere e raggiungere una sua solidità. E’ quello che succede nel film. L’incontro è tra re Giorgio VI il balbuziente e il suo logopedista, falso dottore ma esperto psicanalista, laureatosi all’università del dolore, quello che ha attraversato la sua terra con la Grande guerra; lui sa dove e quali corde toccare per spingere fino al suo fondo un’anima, e poi farla risalire, ma consapevole, dall’abisso in cui era rimasta impigliata. L’incontro è tra la nobiltà, quella blasonata (e l’alterigia che le fa da alone) e la ‘nobiltà altra’, tutta squisitamente interiore, rigorosamente umile e disinteressata e, perciò, impertinente, di fondo illetterata eppure così erudita nei rapporti umani perché li ha vissuti sulla propria pelle, capace di conoscere e proiettarsi verso un orizzonte lontano, lontano da mondanità, apparenze, pregiudizi, opportunismi, lì dove si trova l’essenza dell’uomo. L’incontro è tra la ricchezza e la povertà, frizione ineludibile da cui sgorga sempre un insegnamento, oggi più che mai, inutile moralismo, di quelli che, se pagano, pagano molto tardi secondo i “furbi di ogni tempo e stagione”. Per costoro l’uomo, non solo ha una sua valutazione economica, ma può ben essere ricondotto, nella sua essenza, esclusivamente ad essa. Un insegnamento di oggi e di sempre, la cui sintesi amara affido alla mano esperta del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen “Il denaro può comperare la buccia di molte cose. Può darvi il cibo ma non l’appetito, la medicina ma non la salute, i conoscenti ma non gli amici, i servitori ma non la fedeltà, giorni di gioia ma non la felicità e la pace” Il discorso del re, insomma, è un film su un preciso incontro, uno di quelli fortunati, capaci non tanto di farti cambiare vita, ma di fartela finalmente incontrare.
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