Il cammino per Santiago

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Un film di Emilio Estevez. Con Martin Sheen, Emilio Estevez, Deborah Kara Unger, Yorick van Wageningen, James Nesbitt.
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Titolo originale The Way. Azione, durata 94 min. - USA 2010. - 01 Distribution uscita mercoledì 27 giugno 2012. MYMONETRO Il cammino per Santiago * * * - - valutazione media: 3,20 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

È pieno di pericoli quel cammino dell'autocoscienza

di Paolo D'Agostini La Repubblica

È veramente molto difficile che un nordamericano riesca a parlare in modo plausibile di cose e luoghi che non appartengono al suo orizzonte di vita, cultura, esperienza, nella stragrande maggioranza dei casi limitato a casa propria identificata come centro dell’universo. Non è senza dispiacere che si dice questo anche a proposito del film Il cammino per Santiago in cui, malgrado l'esito banale e turistico, si percepisce un sincero afflato, uno sforzo di adesione e comprensione. In effetti, a quanto pare, l'’mpresa condivisa da Martin Sheen protagonista con il figlio Emilio Estevez regista (ma anche presente come interprete), affonda nel reale interesse del celebre attore che tutti ricordiamo come capitano Willard in Apocalypse now, per il significato e il valore spirituale del famoso pellegrinaggio che dai Pirenei francesi conduce al maestoso e severissimo santuario che in Galizia, estremo lembo della Spagna nord occidentale, è intitolato all'apostolo Giacomo. Cammino che è diventato oltremodo cool percorrere, o dire di voler percorrere - certo non è da tutti percorrerlo davvero tutto (800 km e passa) e davvero a piedi - e si suppone affollato come il raccordo anulare. Martin Sheen è un posato oculista californiano vedovo e con un figlio quarantenne che vuole girare il mondo e stare alla larga da lui. Un giorno questo figlio si congeda, alla volta del Cammino, sentenziando chea lui della carriera non gliene frega niente e che invece vuole conoscere il mondo, che «non si sceglie la propria vita ma la si vive». Di lì a poco l’oculista viene raggiunto al cellulare mentre si sta beatamente godendo una partita a golf con gli amici del circolo. È un poliziotto francese, del paesino di montagna da cui inizia il Cammino, il quale manco a dirlo in perfetto inglese (non è l'unico, padroneggia la lingua anche un gitano di Burgos) gli comunica che suo figlio è deceduto, probabilmente a causa di un'imprudenza, appena iniziato il pellegrinaggio lungo il tratto di montagna. Lo sgomento dell'oculista lascia rapidamente il posto alla determinazione (una volta sul posto per riconoscere il figlio e sbrigare le pratiche necessarie) di fare e condurre a termine lui l'impresa iniziata dal figlio. Di qui si snoda, sul filo di una sceneggiatura che avrebbe potuto scrivere un principiante scarsamente dotato, un’implacabile catena di ovvietà tra l'una e l'altra delle quali infiniti "raccordi", ogni minuta faccenda quotidiana in tempo praticamente reale, cercano affannosamente di guadagnare la durata convenzionale di un film. Di più, anzi, perché è un film abbastanza lungo. Non c'è risparmio nel mettere a forza il nostro oculista, che non vorrebbe familiarizzare proprio con nessuno e marciare da solo fermandosi ogni tanto a versare un pugno della cenere raccolta nell’urna che porta attaccata allo zaino, a confronto con la fatalità degli incontri. Che sono tre. Un simpaticone olandese che sembra più che altro alle prese con un viaggio enogastronomico. Un insopportabile sedicente scrittore irlandese che in realtà deve solo compilare una guida. Un'ancora più insopportabile donna canadese che fuma come un turco e ce l'ha con tutto e tutti. Siccome la morale è che importante è il percorsoe non l'obiettivo (mica è una gara esplode sfiatata la canadese indigesta quando non ce la fa più a tenere il ritmo dell'oculista, il più attempato ma anche il più salutista) finiscono per diventare amiconi e, di certo anche se non si vedranno mai più, per serbare in cuore il ricordo di quest'indimenticabile parentesi.
Da La Repubblica, 29 giugno 2012


di Paolo D'Agostini, 29 giugno 2012

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