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Horror Frames: Il bosco dell'orrore e l'horror silvestre

Alberi e oscurità nell'ultimo lavoro dei Butcher Brothers.
di Rudy Salvagnini

Una foto di scena del film Il bosco dell'orrore di Phil Flores e Michael Altieri, i Butcher Brothers.

martedì 26 luglio 2011 - Approfondimenti

Il bosco, lungi dal rappresentare un ridente contenitore di cerbiatti, scoiattoli e animaletti vari, è per l’horror uno dei luoghi tipici in cui ambientare vicende sanguinarie. Nell’intrico oscuro della vegetazione, albergano, soprattutto di notte, esseri mostruosi o semplicemente efferati che trovano riparo tra le fronde misteriose degli alberi incombenti. Molti film dichiarano questa loro appartenenza silvestre sin dal titolo: Il bosco fuori, Il bosco 1, Il mistero del bosco o In fondo al bosco, solo per nominarne alcuni. Ma anche senza figurare nel titolo, il bosco è protagonista di innumerevoli horror. Non serve infatti ricordare che è tra gli alberi vicino a Crystal Lake che si compie la maggior parte dei delitti di Jason Voorhees, il demente super uomo serial killer della saga di Venerdì 13. Anche La casa di Sam Raimi si trova in un bosco e lo popola di creature mostruose e soprannaturali in un tripudio di liquami organici e deformazioni varie. E sempre nei boschi albergano prevalentemente licantropi di ogni natura iniziando naturalmente dal lupo cattivo di Cappuccetto Rosso - a dimostrazione del consistente tasso orrorifico delle fiabe di una volta - e da quello classico interpretato da Lon Chaney jr da L'uomo lupo di George Waggner in poi.

Il bosco dell’orrore, la trama
Con un titolo che più programmatico non si potrebbe, Il bosco dell'orrore - da poco uscito anche da noi in dvd - riprende questi temi e li affianca ad altri in una trama che si evolve rapidamente in più direzioni.
Oakland, California. Q, Cody ed Elroy compongono un trio di spavaldi teppisti: la violenza è parte integrante della loro vita. Insieme, vanno alla festa per il cinquantesimo compleanno della madre di Cody, che si tiene nella casa di famiglia in mezzo al bosco. La festa è popolata da bikers di ogni età, ma ci sono anche l’avvenente Shade, sorella di Cody, e la fascinosa Michelle, ex di Cody e ora felicemente accompagnata a un altro. In compenso, Cody stringe i rapporti con Megan, la sorellina di Michelle. Varie ragazze si esibiscono nella lap dance, la birra scorre a fiumi e i motori rombano: insomma, tutto quanto solitamente avviene durante le feste delle mamme cinquantenni. Poi gli ospiti si diradano e anche la mamma se ne va. Megan, sgomenta, si rende conto che Michelle se n’è andata senza di lei e non sa come tornare in città. Q e Cody discutono di problemi familiari quando vedono tornare, sconvolta e sanguinante, Michelle. La ragazza è gravemente ferita e nella sua auto c’è il cadavere sfigurato del suo accompagnatore. Qualcosa di mostruoso sta per accadere: il primo segno è che la moribonda Michelle si rianima all’improvviso e attacca Elroy.

Una discreta originalità e una simpatica brillantezza...
L’inizio è promettente per il vivace ritratto di una situazione familiare anticonformistica e un’ambientazione da thriller urbano che sebbene non nuova in ambito horror dà comunque una certa energia alla vicenda, assieme a un tratteggio simpatico dei personaggi. Ma il film ci mette poco a entrare in atmosfere più propriamente horror. Con la consueta piccola comunità litigiosa - sul più bello Q e Cody non trovano di meglio che fare una bella scazzottata per stabilire chi dei due sia un vigliacco - alle prese con un’entità misteriosa, attraverso situazioni che talvolta richiamano proprio il vecchio e glorioso La casa di Sam Raimi, ma senza gli spavaldi eccessi e l’inventiva di quello. I Butcher Brothers (Phil Flores e Michael Altieri), registi e sceneggiatori, hanno però dalla loro una discreta originalità e una simpatica brillantezza nel racconto che già si notava nelle loro opere precedenti, in particolare in The Hamiltons, contrassegnato da un’analoga intermittente vivacità espressiva (meglio non parlare, invece, del successivo Scherzo letale, poco ispirato remake di un non-classico come Pesce d’aprile). La loro predilezione per le svolte narrative incongrue riserva qua e là delle sorprese spesso di stampo sub-tarantiniano, ma allo stesso tempo spezza il ritmo della storia in modo fin troppo marcato e cambia il tono del racconto più di quanto non sia un bene dal punto di vista narrativo.

...ma una storia già vista mille volte
Nel complesso, l’intrattenimento non manca e molti sono i momenti interessanti. Però, alla fine, se si va a sfrondare la storia dalle stranezze e dalle idiosincrasie, si arriva a una trama per nulla innovativa, che racconta qualcosa che abbiamo già visto mille volte (ma non vi rovino la sorpresa e il piacere di indovinarlo a mezza strada) Come già in The Hamiltons, si vedono perciò segni positivi che non riescono a trasformarsi compiutamente in un bel film per difetti di esuberanza e di equilibrio: quando i Butcher Brothers riusciranno a eliminarli saranno pronti a stupirci.
La recitazione segue gli schemi narrativi del film e non mancano quindi esempi di bizzarro overacting, nel quale si segnala in particolare Joe Egender nel ruolo di Vernon. In termini più sobri si fa invece notare Cory Knauf che dà una sofferta intensità - anche se fin troppo imbambolata - al ruolo del protagonista. C’è anche, nel reparto femminile, la specialista Tiffany Shepis.

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