matteo
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lunedì 30 novembre 2020
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quello che resta
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Un crogiolo di personaggi nella metropoli catalana che vivono alla meno peggio tra espedienti e solidarietà tipica dei quartieri popolari. Uxbai in questo ambiente che gli appartiene affronterà il suo tragico destino. Un film sulla morte, che arriva inevitabile e sulla voglia di rimettere a posto le cose più importanti come lascito alle persone che si ama. Una corsa contro il tempo e il dolore, col rimpianto di non riuscire a fare abbastanza. Ma Innaritu ci racconta anche della figura femminile così fragile come la moglie di Uxbal ma anche così forte come la ragazza senegalese che sceglie la strada della solidarietà. Un racconto in cui il protagonista emerge in tutte le sue contraddizioni tra sfruttamento degli immigrati e atti di generosità esercitando il suo dono per il lutto degli altri.
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Un crogiolo di personaggi nella metropoli catalana che vivono alla meno peggio tra espedienti e solidarietà tipica dei quartieri popolari. Uxbai in questo ambiente che gli appartiene affronterà il suo tragico destino. Un film sulla morte, che arriva inevitabile e sulla voglia di rimettere a posto le cose più importanti come lascito alle persone che si ama. Una corsa contro il tempo e il dolore, col rimpianto di non riuscire a fare abbastanza. Ma Innaritu ci racconta anche della figura femminile così fragile come la moglie di Uxbal ma anche così forte come la ragazza senegalese che sceglie la strada della solidarietà. Un racconto in cui il protagonista emerge in tutte le sue contraddizioni tra sfruttamento degli immigrati e atti di generosità esercitando il suo dono per il lutto degli altri. C'è poi la cronaca familiare del padre mai conosciuto e morto giovane e la tristezza sognata di un incontro in un quadro bianco. Non è un film facile, anzi alla fine ti rimane un po' l'amaro in bocca in questo specchio che ha il volto tragico di un bravo Bardem.
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gingersnaps
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domenica 4 novembre 2018
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biutiful dalle atmosfere macabre
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Un film che aiuta a riflettere sui temi che riguardano l'immigrazione e lo sfruttamento del Lavoro clandestino certo per tutto il film si respira un clima angosciante è l'attore protagonista davvero superlativo riesce a trasmettere tutta la sua disperazione per la lotta contro la morte
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no_data
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venerdì 3 agosto 2018
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grande film di un grande regista.
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Sono completamente d'accordo con la recensione soprattutto per gli aspetti che toccano il tema della paternità.
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mareincrespato70
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sabato 26 settembre 2015
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l'universo-mondo così com'è...
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L’universo-mondo e e l’esistenza da emarginati: Uxbal e suoi due figli Ana e Mateo, sua moglie Marambra, personaggi indimenticabili e protagonisti ai margini dell’Europa moderna, più attenta alle dinamiche finanziarie che alle persone.
Alejandro González Iñárritu. ci ha regalato quest’altro film capolavoro, che per molti aspetti mi piace paragonare al suo film d’esordio: Amores Perros.
Biutiful: memorabile racconto di quello che sembra un viaggio all’inferno di sola andata; semplicemente, invece, efficacissimo, straordinario affresco della vita per chi non naviga nell’oro, per chi vive tra i diseredati e deve con-vivere con il disagio quotidiano.
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L’universo-mondo e e l’esistenza da emarginati: Uxbal e suoi due figli Ana e Mateo, sua moglie Marambra, personaggi indimenticabili e protagonisti ai margini dell’Europa moderna, più attenta alle dinamiche finanziarie che alle persone.
Alejandro González Iñárritu. ci ha regalato quest’altro film capolavoro, che per molti aspetti mi piace paragonare al suo film d’esordio: Amores Perros.
Biutiful: memorabile racconto di quello che sembra un viaggio all’inferno di sola andata; semplicemente, invece, efficacissimo, straordinario affresco della vita per chi non naviga nell’oro, per chi vive tra i diseredati e deve con-vivere con il disagio quotidiano. Resistenza umana ed esistenza così come è: brutta, sporca e cattiva, ma non priva di qualche gioia (soprattutto genitoriale), con il mondo che ti scorre veloce davanti agli occhi e ti usa come merce.
Eppure non siamo in uno slum del Sudafrica moderno, nè in qualche barrio dell’America Latina nè in qualche periferia di grande città africana: tutto si svolge nella contemporanea, cosmopolita, moderna Barcellona, simbolo non solo industriale, ma anche post-moderno e architettonico della ricca Europa.
Film indimenticabile nella sua ruvida bellezza, girato nel 2010 dal grande Alejandro Gonzàlez Iñárritu che mostra tutto il suo talento registico, visionario eppure impeccabile nel suo crudo realismo, nella profondità di analisi che fanno di questa pellicola un manifesto di questi anni di enorme trasformazioni delle nostre abitudini di vita; c’è l’immigrazione con tutte le sue contraddizioni, c’è la latente povertà di una parte del mondo, ricco solo per pochi, c’è l’inquietudine che dovrebbe assalire che vive in maniera normale, ma che ha comunque un piatto a tavola assicurato: ricchezza per chi abita in molti latitutidini del nostro Pianeta nel secolo ventunesimo.
Straordinaria prova di tutti gli attori, giganteggia con il suo enorme talento Javiem Bardem, intensissimo nel suo ruolo di padre e marito disperato. Citazione per la bravura di Maricel Álvarez, donna e moglie combattuta che cerca di prendere a pugni il disagio, che smania per non arrendersi mai.
Un film anche sui legami, quelli tra i popoli e quelli della famiglia, acuta e struggente riflessione sulla paternità, sull’essere genitori e figli, sulla responsabilità di essere-al-mondo. Sull’immigrazione che incombe, ci minaccia, ma anche, inevitabilmente, ci abbraccia. Sul dramma dello sfruttamento e sulla continua trasfigurazione reciproca dei ruoli di vittime e carnefici: tutto funzionale al turbo-capitalismo moderno.
Chi ama il cinema non può non ammirare la bravura di Bardem (premiato a Cannes 2010 proprio per questo film). Per non parlare dell’immensa maestria registica di Iñárritu, qui ancora una volta, anche sceneggiatore, che mi ricorda certe straordinaire perle narrative dei fratelli belgi Dardenne.
Film indimenticabile nella sua sofferta bellezza, narrativa e d’immagini, splendidamente diretto e virtuosamente fotografato. Racconto non per tutti, come, in fondo, per tutte le cose per cui vale veramente vivere ed emozionarsi. Di Biutiful, come per il piccolo Mateo, c’è solo la speranza (“storpiata” come l’aggettivo inglese), o forse un semplice viaggio ai Pirenei con mamma e papà: chiunque essi siano, o proprio per quello.
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fabry68
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sabato 15 agosto 2015
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la società dei consumi
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Ho voluto citare il titolo di un testo di Zygmunt Bauman perché il film è uno spaccato della nostra società postmoderna, o come la definirebbe lo stesso Bauman, liquida.
Il film infatti ambientato in una Barcellona "presa a pugni" dall'effetto globalizzazione, narra la storia di un Javier Barden che sfruttando i "rufiuti umani" della società postmoderna cerca di sbarcare il lunario per poter sopravvivere in un contesto algido e apocalittico.
In questo film la mercificazione delle esistenze e l'omologazione planetaria è spietata e senza via di uscita, ecco che Barcellona diviene un non-lieu, citando l'antropologo Augé, privata della sua identità, delle relazioni umane e della sua storia, ecco che il consumismo e l'effetto omologazione diventa il principale dispositivo di produzione di "vite di scarto", ecco che la morte assolve il triste compito di lenire il dolore della quotidianità.
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Ho voluto citare il titolo di un testo di Zygmunt Bauman perché il film è uno spaccato della nostra società postmoderna, o come la definirebbe lo stesso Bauman, liquida.
Il film infatti ambientato in una Barcellona "presa a pugni" dall'effetto globalizzazione, narra la storia di un Javier Barden che sfruttando i "rufiuti umani" della società postmoderna cerca di sbarcare il lunario per poter sopravvivere in un contesto algido e apocalittico.
In questo film la mercificazione delle esistenze e l'omologazione planetaria è spietata e senza via di uscita, ecco che Barcellona diviene un non-lieu, citando l'antropologo Augé, privata della sua identità, delle relazioni umane e della sua storia, ecco che il consumismo e l'effetto omologazione diventa il principale dispositivo di produzione di "vite di scarto", ecco che la morte assolve il triste compito di lenire il dolore della quotidianità.
Innaritu racconta con freddezza e lucidità la sofferenza umana risvegliando, con meccanismi psichedelici, lo spettatore dal torpore anestetizzante indotto dal "feticismo della merce" incline a far apparire bisogni reale ciò che invece sono bisogni fittizi.
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sergio dal maso
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domenica 28 giugno 2015
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una goccia di umanità
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“ .. per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità …. “ Smisurata preghiera (Fabrizio De André)
Tra i film definiti capolavori alcuni sono diretti, immediati, trovano fin da subito l’approvazione incondizionata della critica e l’entusiasmo del pubblico. Altri invece “disturbano” lo spettatore, sono complessi e difficili da metabolizzare, a volte vengono prima snobbati dai critici per poi essere rivalutati molto tempo dopo.
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“ .. per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità …. “ Smisurata preghiera (Fabrizio De André)
Tra i film definiti capolavori alcuni sono diretti, immediati, trovano fin da subito l’approvazione incondizionata della critica e l’entusiasmo del pubblico. Altri invece “disturbano” lo spettatore, sono complessi e difficili da metabolizzare, a volte vengono prima snobbati dai critici per poi essere rivalutati molto tempo dopo. Nei primi i protagonisti sono quasi sempre eroi positivi, incarnano valori universali e seducono il pubblico che si identifica nei personaggi. Negli altri chi guarda deve mettersi in discussione, immedesimarsi e confrontarsi con le scelte e le emozioni dei protagonisti.
Biutiful fa parte senza dubbio del secondo gruppo. E’ un film tanto duro quanto stupendo, doloroso e profondo, devastante da stordire. Il protagonista Uxbal, interpretato da un immenso Javier Bardem, è un delinquente miserabile, malato terminale, ma è anche un uomo generoso e altruista, abietto e meschino ma con una umanità commovente. Trascina lo spettatore nel suo ultimo viaggio alla ricerca della redenzione e della riconciliazione con gli amatissimi figli in una passione laica piena di sofferenza e di umanità. E’ una presenza straziante, resta attaccato alla pelle di chi guarda, costringe lo spettatore a confrontarsi con il suo dolore e con la disperata dignità con cui affronta il destino e la morte.
Uxbal vive nel degradato quartiere multietnico di Santa Coloma a Barcellona con i due splendidi figli Ana e Mateo, è in perenne conflitto con la moglie Maramba, tossicodipendente e affetta da una forma di schizofrenia. Traffica nell’illegalità come intermediario di clandestini cinesi e corrompe la polizia per far lavorare i venditori di strada africani, si muove come un animale in una giungla moderna. Accompagna il suo declino fisico alla decadenza della società occidentale, spesso dominata da sfruttamento e corruzione. Non c’è nulla di beautiful nella vita di Uxbal e neanche nella Barcellona in cui vive, assai lontana dalla patinata città delle Ramblas e di Gaudì, le guglie della Sagrada Familia si vedono solo dalla finestra dell’ospedale. Proprio l’altra Barcellona è il secondo personaggio del film. Con gli occhi di Uxbal si scopre una città/civiltà malata; come un moderno Virgilio ci accompagna in un girone dantesco metropolitano, ci costringe a guardare gli angoli sporchi, i bassifondi, i vicoli nascosti.
Ma ci fa conoscere anche una moltitudine di microstorie, di persone vere che soffrono e vivono con solidarietà e grande dignità, come per esempio l’immigrata somala Ige che riscatterà il suo dolore prendendosi cura dei suoi bambini. Nell’estrema sofferenza di Uxbal, però, non c’è una spettacolarizzazione del dolore, Biutiful non specula sui sentimenti cercando una facile commozione, può forse essere accusato di essere eccessivamente ambizioso o pretenzioso, di certo non manca di sincerità e di coraggio. Il calvario di Uxbal termina con la consapevolezza di essersi riconciliato con i figli, con la speranza data dall’aiuto dell’amica africana Ige e con il passaggio dell’anello di suo padre alla figlia in una scena di una intensità struggente. Uxbal prima di morire incontra in sogno il padre che non aveva mai conosciuto e chiude il cerchio che lo lega al padre e che lega i suoi figli a lui. Per il regista Alejandro Inarritu, infatti, oltre ad essere un film sul dolore e sulla morte (e quindi sul senso della vita), “Biutiful è soprattutto un film sulla paternità, sulla paura di perdere un padre, di essere padre e su quel momento in cui cominci a diventare il tuo proprio padre e i tuoi figli cominciano a diventare te”.
Al suo primo lavoro dopo la separazione dallo sceneggiatore Guillermo Arriaga il regista messicano rinuncia alla costruzione ad incastro spazio-temporale che aveva reso film di culto i precedenti capolavori come Amores Perros, 21 Grammi e Babel. La sceneggiatura di Biutiful è invece lineare, fortemente focalizzata sulle vicende di Uxbal che compare in quasi tutte le inquadrature. Dello strepitoso Bardem parliamo a parte, non resta che evidenziare che Biutiful è anche un film di un regista dotato di una tecnica straordinaria e capace di immagini e scene di grandissimo cinema. Ricordiamo solo la spettacolare retata della polizia contro i venditori ambulanti o il piano sequenza di Uxbal che attraversa malinconicamente un ponte della città. Immagini e personaggi che non si dimenticano.
Una storia durissima e intensa, quindi, capace di farci pensare per giorni e riflettere su cosa rende veramente beautiful la vita.
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gianleo67
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giovedì 21 maggio 2015
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l'epica testamentaria del 'new deal' ispanico
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Uxbal vive a Barcellona e si muove sul filo della legalità, procurando manodopera clandestina, corrompendo la polizia e cercando di accumulare quanto più denaro possibile per far fronte all'educazione ed alla crescita dei due figli ancora piccoli che vivivono insieme a lui dopo la separazione da una moglie inaffidabile e psichicamente instabile. Quando gli viene diagnosticato un tumore ormai in fase terminale, la sua prospettiva muta radicalmente e cerca di utilizzare il tempo che gli resta per sistemare i suoi conti col mondo e lasciare un ricordo di sè che non sparisca insieme alla sua fallace esperienza terrena.
Ideato, scritto e diretto dall'acclamato maestro messicano e quarto di una pentalogia di lungometraggi che gli hanno conferito una fama più che meritata e l'interesse indiscusso degli apparati produttivi hollywoodiani, questo dramma esistenziale a sfondo sociale rientra a pieno titolo nel New Deal di un cinema ispanico (producono oltre allo stesso autore anche Guillermo del Toro ed Alfonso Cuarón) in grado di contaminare con straordinaria competenza tecnica l'impegno civile di tematiche forti e controverse (lo sfruttamento degli ultimi della terra, i traffici di morte, le devastazioni dei conflitti bellici, il relativismo etico delle cosidette società democratiche) con le istanze di uno spiritualismo laico che conferisca al vuoto di valori che affligge la modernità il senso più profondo legato alla straordinaria complessità della natura umana.
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Uxbal vive a Barcellona e si muove sul filo della legalità, procurando manodopera clandestina, corrompendo la polizia e cercando di accumulare quanto più denaro possibile per far fronte all'educazione ed alla crescita dei due figli ancora piccoli che vivivono insieme a lui dopo la separazione da una moglie inaffidabile e psichicamente instabile. Quando gli viene diagnosticato un tumore ormai in fase terminale, la sua prospettiva muta radicalmente e cerca di utilizzare il tempo che gli resta per sistemare i suoi conti col mondo e lasciare un ricordo di sè che non sparisca insieme alla sua fallace esperienza terrena.
Ideato, scritto e diretto dall'acclamato maestro messicano e quarto di una pentalogia di lungometraggi che gli hanno conferito una fama più che meritata e l'interesse indiscusso degli apparati produttivi hollywoodiani, questo dramma esistenziale a sfondo sociale rientra a pieno titolo nel New Deal di un cinema ispanico (producono oltre allo stesso autore anche Guillermo del Toro ed Alfonso Cuarón) in grado di contaminare con straordinaria competenza tecnica l'impegno civile di tematiche forti e controverse (lo sfruttamento degli ultimi della terra, i traffici di morte, le devastazioni dei conflitti bellici, il relativismo etico delle cosidette società democratiche) con le istanze di uno spiritualismo laico che conferisca al vuoto di valori che affligge la modernità il senso più profondo legato alla straordinaria complessità della natura umana. Non fa difetto questo ennesimo capitolo di una deriva esistenziale che precipita il suo protagonista nel livore plumbeo di una Barcellona tetra e maledetta, vero e proprio girone dantesco di un inferno in terra dove sembrano convivere la prosaica materialità di un laido attaccamento al denaro ed al possesso con la (insostenibile) pesantezza dell'essere di una spiritualità che traguarda un confine altro, il triste orizzonte di oltra-Stige cui si affacciano le anime disperate di chi abbandona suo malgrado le spoglie mortali ed approda in una dimensione remota e dolorosa, separandosi a forza dagli indissolubili legami che li avvincono ad i loro affetti ed alle loro passioni terrene. Attraversato dal triste presagio di morte che si materializza nel dormiveglia di una dimensione incerta tra il sogno e la realtà (il dialogo col nonno morto, il ripugnante nugolo di falene che infesta il soffitto, il talento vero o presunto di una spiritualità medianica che gli consenta di comunicare a pagamento con le nolenti anime dei defunti, le irrevocabile sentenza di una afflizione mortale), il film di Inarritu si muove smarrito e sgomento tra lo squallore di una vita miserabile fatta di sfruttamento e corruzione (quella del protagonista come quella di chi gli gira intorno) e l'inutile tentativo di una redenzione terrena fatta di buone azioni senza speranza (la cura per la famiglia di un immigrato arrestato, le stufe acquistate per gli operai cinesi che si trasformano per ironia della sorte in tragici strumenti di morte, l'ambigutà etica di un talento medianico a fini di lucro) e responsabili cure familiari, lungo il tragitto di un'epica testamentaria che si interroga dall'inizio alla fine (con tanto di dedica al padre del regista) sul rapporto di continuità tra le generazioni e sul grido di dolore dell'uomo solo posto di fronte all'irrevocabilità della propria esistenza, consapevole che lasciare una traccia di sè sia l'unico modo di dare un senso al travagliato cammino della propria esperienza umana. Pur negli elementi di un cinema autoriale che forza la mano sul versante di un simbolismo talora obbligato e programmatico (da qualche parte bisogna pur iniziare), è un film intenso e vibrante che sa sfruttare al meglio gli espedienti di un'estetica dell'eccesso a fin di bene e la sua vocazione al racconto allegorico che si faccia corpo e voce del dolore e della struggente bellezza del mondo. Attori eccezzionali tra cui giganteggia per bravura e partecipazione la maschera compassionevole e dolente di un superlativo Javier Bardem che si becca giustamente una sfilza di nomination (Oscar, BAFTA e Globe) e due premi più che prestigiosi (Goya e Cannes). Consacrazione.
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iankenobi
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lunedì 4 novembre 2013
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film durissimo
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Uno dei film piu' duri e spietati che abbia mai visto eppure innegabilmente uno sguardo sincero su vite che esistono e vanno raccontate.
E' il viggio di un padre,malato terminale di cancro,nei meandri di una barcellona fatta di outsider,di poveracci,di immigrati,di gente che sbarca il lunario,cercando di andare avanti per donare ai figli almeno una speranza,un piccolo lumicino da inseguire in giorni sempre piu' bui.
Non e' la barcellona della rambla,ma quella della periferia,dove la vita umana non vale piu' quasi niente,dove non c'e' piu' gentilezza e conforto,solo un inutile e amaro procedere.
javier Bardem sublime........................
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Uno dei film piu' duri e spietati che abbia mai visto eppure innegabilmente uno sguardo sincero su vite che esistono e vanno raccontate.
E' il viggio di un padre,malato terminale di cancro,nei meandri di una barcellona fatta di outsider,di poveracci,di immigrati,di gente che sbarca il lunario,cercando di andare avanti per donare ai figli almeno una speranza,un piccolo lumicino da inseguire in giorni sempre piu' bui.
Non e' la barcellona della rambla,ma quella della periferia,dove la vita umana non vale piu' quasi niente,dove non c'e' piu' gentilezza e conforto,solo un inutile e amaro procedere.
javier Bardem sublime..........................
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lisa casotti
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lunedì 9 settembre 2013
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non è biutiful come amores perros
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Forse è semplicemente perché quando l’ho visto mio zio stava morendo di tumore che non mi è piaciuto Biutiful di Alejandro González Iñárritue e ho trovato quasi offensiva la scelta di calare la piaga del cancro in un contesto “alternativo”, e di trattarlo come fosse un cammino di redenzione. Mi è parso di cattivo gusto visto che, direttamente o indirettamente, è un’esperienza che ha toccato tutti noi; e mi è sembrata poco realistica la descrizione della malattia, con lui che ci mette tre mesi per farsi un controllo. Patetica la chicca della moglie affetta da disturbo bipolare (e chi più ne ha più ne metta!).
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Forse è semplicemente perché quando l’ho visto mio zio stava morendo di tumore che non mi è piaciuto Biutiful di Alejandro González Iñárritue e ho trovato quasi offensiva la scelta di calare la piaga del cancro in un contesto “alternativo”, e di trattarlo come fosse un cammino di redenzione. Mi è parso di cattivo gusto visto che, direttamente o indirettamente, è un’esperienza che ha toccato tutti noi; e mi è sembrata poco realistica la descrizione della malattia, con lui che ci mette tre mesi per farsi un controllo. Patetica la chicca della moglie affetta da disturbo bipolare (e chi più ne ha più ne metta!). Lasciatemi dire che sul tema “malato terminale che cerca di sistemare la sua vita prima di andarsene” nulla ancora uguaglia quella meraviglia che fu, nel 2003, La mia vita senza me di Isabel Coixet. Ma probabilmente non era giornata, visto che ho trovato poco coinvolgente anche l’interpretazione di Javier Bardem (Palma d’oro al Festival di Cannes 2010 e nomination agli Oscar), che ho preferito in Mare dentro. Del resto doveva essere il trend del momento se i massimi riconoscimenti dei principali festival di quella stagione sono andati a una ballerina psicolabile (Natalie Portman in Black Swan), a un balbuziente (Colin Firth nel Discorso del re) e a un malato terminale, appunto. Interessante l’ambientazione in una Barcellona sotterranea, marginale, dove ci si muove sul filo del malavitoso, arrabattandosi tra mille espedienti e sfruttando l’emigrazione clandestina. Abbastanza fuori luogo (tanto per inserire l’elemento mistico) l’accenno ai poteri paranormali di Uxbar (una specie di negromante che “aiuta ad andare”; per altro già visto in Hereafter di Clint Eastwood e lì trattato in maniera più originale) e all’amica veggente, che lo invita a non sottoporsi alla chemio “perché è solo veleno” ricordandogli che lui sa già quello che deve fare (beato!). Molto gradevole la figura del padre morto ventenne in fuga dalla Guerra civile spagnola, e delicato il suo rapporto/non rapporto - perché Uxbar non l’ha conosciuto - con il protagonista. In questo film il regista lascia la consueta costruzione a incastri (a causa di un litigio ha interrotto la storica collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga), mantenendo un andamento cronologico lineare, tranne sul finale che si riallaccia all’inizio, riprendendone le battute e le immagini. A parte l’entusiasmo suscitato dalla novità, e nonostante i critici lo definiscano il film della raggiunta maturità, avrei preferito rivivere il folgorante esordio di Amores Perros.
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ultimoboyscout
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lunedì 3 settembre 2012
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come si scrive biutiful?
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Quella che Inarritu ci sbatte in faccia con forza non è certo la Barcellona che immaginiamo, ne quella turistica, vivace e vitale che in molti avranno visitato. E' piuttosto una città pericolosa, agonizzante, che puzza non solo di sporco e fumi ma anche di morte e malattia, precarietà e clandestinità. Bardem interpreta un padre che non ha conosciuto suo padre e sta per lasciare orfani i propri figli nella melma della bigiotteria umana della città catalana. Il tumore lo consuma, non solo nelle ossa ma anche nelle buone intenzioni che finiscono in stragi di sentimenti o esseri umani. Ha di nuovo il mare dentro Bardem mentre urina sangue e dissangua la speranza nel suo mondo lercio dove il suono diventa rumore e la luce è mera illusione.
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Quella che Inarritu ci sbatte in faccia con forza non è certo la Barcellona che immaginiamo, ne quella turistica, vivace e vitale che in molti avranno visitato. E' piuttosto una città pericolosa, agonizzante, che puzza non solo di sporco e fumi ma anche di morte e malattia, precarietà e clandestinità. Bardem interpreta un padre che non ha conosciuto suo padre e sta per lasciare orfani i propri figli nella melma della bigiotteria umana della città catalana. Il tumore lo consuma, non solo nelle ossa ma anche nelle buone intenzioni che finiscono in stragi di sentimenti o esseri umani. Ha di nuovo il mare dentro Bardem mentre urina sangue e dissangua la speranza nel suo mondo lercio dove il suono diventa rumore e la luce è mera illusione. Inarritu è Autore vero (si noti la A maiuscola), rinuncia alla sua tipica struttura ad incastri vista più volte e si dilunga un pò troppo, ma sa come farlo. Tratteggia una storia di sofferenza ma anche di risvolti umani in cui lo sguardo in caduta libera di Bardem si integra perfettamente con la Barcellona anticartolinesca tutt'altro che biutiful e con gli intenti del regista. Mancano gli incastri e i salti temporali ma non i temi a lui cari, morte, paternità e destino su tutti ma la pellicola rimane estremamente sentita, sincera, dolorosa e commovente come nel suo stile nonostante l'assenza dello sceneggiatore di fiducia Arriaga. Inarritu flirta con la morte, ma prima di arrivarci ci mostra le miserie umane e tutte le più buie e fetide profondità nelle quali l'uomo affonda. Attore e regista sono le anime del film, l'intensità che ci mettono è incredibile e non a caso ha trionfato a Cannes.
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