nalipa
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mercoledì 6 ottobre 2010
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opera prima di bergmark
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mi é parso una prova su come girare un film alla Bergman.
Molti primi piani, esplosioni di emotività repressa, algida ambientazione tra il glaciale mare del Nord e gli interni Ikea.
Eccellenti gli interpreti.
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simone 75
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mercoledì 10 febbraio 2010
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razionalità o incoerenza?
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La soluzione razionale che viene escogitata in questo film svedese altro non è se non la dimostrazione di come la razionalità non possa essere applicata alle sfere sentimentali dell'umana esistenza. Il film mostra la profonda irrazionalità della razionalità stessa, facendo a pezzi le presunte sicurezze dei protagonisti; destabilizza e infastidisce lo spettatore, che si trova a discendere lentamente l'infernale ascensore dell'ineluttabile, e ad osservare impotente l'inevitabile impossibilità della soluzione prospettata. Erland comanda il gioco, Erland impone le sue scelte e la sua personalità agli altri, usando la propria fisicità, il proprio tono di voce caldo e rassicurante, rendendosi affabile, ammaliante, e drammaticamente convincente.
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La soluzione razionale che viene escogitata in questo film svedese altro non è se non la dimostrazione di come la razionalità non possa essere applicata alle sfere sentimentali dell'umana esistenza. Il film mostra la profonda irrazionalità della razionalità stessa, facendo a pezzi le presunte sicurezze dei protagonisti; destabilizza e infastidisce lo spettatore, che si trova a discendere lentamente l'infernale ascensore dell'ineluttabile, e ad osservare impotente l'inevitabile impossibilità della soluzione prospettata. Erland comanda il gioco, Erland impone le sue scelte e la sua personalità agli altri, usando la propria fisicità, il proprio tono di voce caldo e rassicurante, rendendosi affabile, ammaliante, e drammaticamente convincente.Gli altri personaggi si sgretolano psicologicamente attorno a lui, fino al crollo collettivo del sistema, e al fallimento di una folle convivenza.La razionalità malcela la profonda incoerenza di ogni essere umano, crolla sotto i colpi dell'impulsività, e termina il suo cammino nel silenzio di un sorriso amaro, vissuto in solitudine, al largo di se stessi.
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amarilli
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lunedì 11 gennaio 2010
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poveri vichinghi!!!!!!!!!!
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Metti una sera un anziano egoista in sovrappeso che nota una donna, bellissima solo per suo marito e, voilà, dimenticando tutte le lezioncine snocciolate davanti ad una congregazione piena di buona volontà e ad un pastore insipido (ma perchè non pascola le mandrie?)decide di proporre una soluzione razionale solo ai suoi occhi: una pratica convivenza, utile a portare alla disperazione chiunque mantenga un minimo di dignità!
E via.
Alla fine dello stillicidio il pensiero dominante è: può una recitazione degna giustificare una film banale ed assolutamente deprimente?
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dario
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martedì 8 dicembre 2009
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senza idee
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L'idea è originale, ma lo sviluppo zoppica e ansima da tutte le parti. Fra varie assurdità e fra pur notevoli annotazioni civili e culturali, la storia cerca una sua identità veramente originale, perdendosi in ripetizioni e in asfissie. La buona fede è salva e l'interpretazione, dimessa, è consona allo scopo, ma sino ad un certo punto. La stessa resa ad una sorta di trappola sentimentale, con tutti i cascami del caso, sembra compiaciuta perseguita supinamente, a prescindere dal meccanismo di partenza che avrebbe meritato ben altro sviluppo (Bergman come regista, ad esempio).
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olgadik
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lunedì 28 settembre 2009
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vietato giocare con la passione
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Trama semplice che rasenta la banalità quella del film che, un po’ per il nome e certamente per le caratteristiche, ci riporta al maestro del cinema svedese, Ingmar Bergman. L’autore è alla prima regia e, salvo alcuni momenti di grigia lentezza nordica, se la cava dignitosamente. Del resto, qualche precedente da ricordare ce l’ha, perché è stato con-sceneggiatore del delizioso Kitchen Stories, di cui ho avuto modo di parlare a suo tempo. L’impronta del maestro è ovunque: nel tema, nell’analisi, nella fotografia severa e nitida. Eppure Bergmark ha una sua personale maniera di reggere le fila di questa osservazione di coppia, dilatata “a quattro”. Erland e May, sua moglie, sono molto amici di un’altra coppia formata da Sven-Erik, collega di Erland in cartiera, e dalla moglie Karin, che lavora alla mensa della scuola locale.
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Trama semplice che rasenta la banalità quella del film che, un po’ per il nome e certamente per le caratteristiche, ci riporta al maestro del cinema svedese, Ingmar Bergman. L’autore è alla prima regia e, salvo alcuni momenti di grigia lentezza nordica, se la cava dignitosamente. Del resto, qualche precedente da ricordare ce l’ha, perché è stato con-sceneggiatore del delizioso Kitchen Stories, di cui ho avuto modo di parlare a suo tempo. L’impronta del maestro è ovunque: nel tema, nell’analisi, nella fotografia severa e nitida. Eppure Bergmark ha una sua personale maniera di reggere le fila di questa osservazione di coppia, dilatata “a quattro”. Erland e May, sua moglie, sono molto amici di un’altra coppia formata da Sven-Erik, collega di Erland in cartiera, e dalla moglie Karin, che lavora alla mensa della scuola locale. Siamo infatti in un sobborgo di città con le architetture nordiche dalle linee pulite e i servizi ordinati e funzionanti. Tra gli altri la chiesa pentecostale, dove Erland e moglie tengono, rifacendosi alla loro fede e alla esperienza di coppia molto unita, un corso matrimoniale. Durante una festa di compleanno, tra Karin e il marito di May scatta la scintilla della passione. L’istinto è travolgente e ben presto i due si trovano ad essere amanti clandestini, situazione che non riescono a sopportare. Decidono perciò di informare i rispettivi coniugi e trovare una soluzione azionale al dilemma. Alla proposta di condurre vita in comune e lasciare che, al di fuori di sensi di colpa, la passione si spenga da sola, tutti si dichiarano d’accordo, pur tra molti dubbi. Si stabiliscono regole valide per ognuno e i due colombi si danno a notti d’amore che sono un vero veleno per l’altra coppia. E siamo al cuore del film che a questo punto poteva diventare un dramma o una commedia. Ma niente di tutto ciò; l’autore continua la sua intelligente analisi con un metodo quasi teatrale, che ingenera qualche pesantezza, ma evita la soluzione più facile. Il tutto per dimostrare che là dove sono in gioco i sentimenti non c’è razionalizzazione che tenga. Neanche un individuo nel pieno dell’età matura accetta tranquillamente che l’ex-coniuge (quasi di una vita) si dia a soddisfacenti amplessi e a una vita in comune con un altro/a sotto i suoi occhi. Situazioni vere di questo genere non sono sostenibili a lungo, tanto più se sono complicate da forti amicizie. La fragilità emotiva di Sven-Erik, provato della guida quasi paterna dell’amico, porta a sfiorare la tragedia. In conclusione però ciascuno farà i conti con se stesso e troverà la sua soluzione, non affidabile a regolette esterne alla propria realtà. Questo il succo di un film onesto, non eclatante, con alcune pecche ma sostanzialmente interessante.
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lisbeth
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lunedì 28 settembre 2009
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razionale? no, grazie, o forse sì..........
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Certo,titolo e sottotitolo grondano ironia,sappiamo bene che di razionale les raisons du coeur non hanno niente,dunque l’ipotesi di far quadrare una volta tanto il cerchio fallisce in partenza in questo ritratto di due famiglie in un interno.Lui, Erland, sbanda per lei,Karin, moglie dell’altro,il suo più caro amico,Sven, depresso problematico con inclinazioni suicide.La moglie di lui, May, chiude il quadrato,e,forse,dei quattro è la più lucida,dunque la più disperata e dunque quella che trova, lei sì, la vera soluzione razionale:non piangersi addosso più di tanto per quel marito andato a male (l’amore sopravvivente finirà,basta lasciar tempo al tempo),far le valigie e auspicare“un altro amore per me”(la frase più ragionevole del film).
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Certo,titolo e sottotitolo grondano ironia,sappiamo bene che di razionale les raisons du coeur non hanno niente,dunque l’ipotesi di far quadrare una volta tanto il cerchio fallisce in partenza in questo ritratto di due famiglie in un interno.Lui, Erland, sbanda per lei,Karin, moglie dell’altro,il suo più caro amico,Sven, depresso problematico con inclinazioni suicide.La moglie di lui, May, chiude il quadrato,e,forse,dei quattro è la più lucida,dunque la più disperata e dunque quella che trova, lei sì, la vera soluzione razionale:non piangersi addosso più di tanto per quel marito andato a male (l’amore sopravvivente finirà,basta lasciar tempo al tempo),far le valigie e auspicare“un altro amore per me”(la frase più ragionevole del film).L’esperimento razional/surreale di non contrastare l’onda con assurdi rituali di adulterio clandestino, ma piuttosto favorire lo spegnersi della fiamma fra Erland e Karin abitando tutti insieme e dandosi regole ferree di gestione delle pérformances sessuali fino a fiamma della passione spenta,sarebbe degno di un manicomio se non fossimo in Svezia, terra delle contraddizioni allo stato puro.Bergmark,al suo esordio nella regia (ma la collaborazione alla sceneggiatura di Kitchen Stories ci mette sull’avviso per cosa aspettarci),sceglie il modo giusto per bucare lo schermo proponendo,con strizzatine d’occhio parecchio esibite al suo illustre conterraneo dal cognome assonante, uno spaccato di ménage à quatre, un doppio paso doble che allo spettatore può risultare, allo stesso tempo,spiazzante o divertente,insultante o commovente,scandalizzanteo…insomma,sembra dire,ognuno la pensi come vuole,ma non è una cosa seria,la vita vera sta da un’altra parte e di tutte queste parole,di queste sedute di psicoterapia di gruppo in parrocchia o intorno al tavolo di cucina, di tutti quei rituali in cui si gioca a prendersi sul serio,non resterà che una previsione di ritorno banale a vecchi copioni,solo con un cambio di partner (non trascuriamo il particolare delle pantofole rosse di May indossate da Karin,ormai stabilmente insediata e in odore di nuova moglie,nell’ultima scena).Sauna sudorifera e tuffi nell’acqua gelata,i poli opposti della vita,l’amore e l’odio, il male e il bene,la vita e la morte.C’è tutto, ben dosato,ottimamente recitato e condotto con mano sapiente di regia,ma è nello spazio intermedio che si giocano le carte più vere,la razionalità viene accantonata al momento giusto,la vita continua e così l’ordine,che definiamo naturale, ritorna, con le sue crisi e le trionfanti ragioni del cuore. Sempre che di natura si possa parlare, però, fra ciminiere eruttanti di una cartiera minacciosa e fast food molto poco generatori di sani appetiti.Perfino lo scandinavo rituale del tuffo nell’acqua gelida non ha per sfondo la taiga con abeti, larici e pini, ma desolanti ciminiere e strade. Dunque, le soluzioni razionali, forse,s’impongono,se l’ordine naturale è ormai così sovvertito da risultare irriconoscibile.Solo il buon Sven, anima candida,si allontana sorridente remando con la sua barchetta nuova verso chissà dove,per gli altri resta la solita routine da gestire sempre con molta razionalità,ovviamente.
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vilma
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domenica 27 settembre 2009
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con un occhio al grande bergman...
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Singolare pellicola interpretata con bravura. La storia di queste due coppie che vivono questo momento di crisi dovuto al tradimento è sicuramente diretta e sceneggiata con destrezza. Ed è molto ben disegnato il groviglio di sentimenti che attanaglia i 4 protagonisti.
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stefania muzio (fefy)
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lunedì 21 settembre 2009
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nuova era svedese
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Una soluzione Razionale è un film dalla tematica complessa che fa sentire pesantemente gli echi di Bergman,senza nasconderlo, non solo per i contenuti, quanto anche per una certa messa in scena degli stessi e per la scelta di una cifra stilistica portante i contenuti.
D'altra parte il regista stesso afferma che è inevitabile, se sei Svedese, non essere mentalmente influenzato da questo grande maestro del cinema.
“Bergman, dice il regista, in qualche modo fa parte della nostra cultura e del nostro modo di analizzare i grandi temi esistenziali. L'introspezione è da noi dominante e porta a volte a inquietanti verità, ma proprio per questo è impportante”.
Ad ogni modo l'esordiente Bergmark dà un'impronta personale al suo film, arricchendolo di nuovi registri narrativi.
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Una soluzione Razionale è un film dalla tematica complessa che fa sentire pesantemente gli echi di Bergman,senza nasconderlo, non solo per i contenuti, quanto anche per una certa messa in scena degli stessi e per la scelta di una cifra stilistica portante i contenuti.
D'altra parte il regista stesso afferma che è inevitabile, se sei Svedese, non essere mentalmente influenzato da questo grande maestro del cinema.
“Bergman, dice il regista, in qualche modo fa parte della nostra cultura e del nostro modo di analizzare i grandi temi esistenziali. L'introspezione è da noi dominante e porta a volte a inquietanti verità, ma proprio per questo è impportante”.
Ad ogni modo l'esordiente Bergmark dà un'impronta personale al suo film, arricchendolo di nuovi registri narrativi. La pellicola è psicologica, introspettiva, ma segue un andamento, nella seconda parte, avvincente, in vertiginosa salita nella rappresentazione del gioco al massacro e delle inquietanti reazioni all'insostenibile situazione di alcuni protagonisti, primi fra tutti Sven Erik, un uomo con una psicologia già duramente provata nel passato ed una fragilità che alla fine diventa anche un po' la sua forza e la molla di rottura di un equilibrio fasullo.
Un film asciutto, dai dialoghi essenziali ma esaurienti, senza una sbavatura di troppo, senza autocompiacimenti e senza giudizio.
Un esordio maturo e piuttosto riuscito, che spero preluda a una nuova onda cinematografica svedese sulle tematiche esistenziali.
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stefania muzio (fefy)
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lunedì 21 settembre 2009
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qual'è la vera soluzione?....
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Una “soluzione razionale”, che pone il quesito se il prevalere della natura istintuale sulla cultura sia ineluttabile, mette anche in scena tutta la forza dei suoi personaggi.
Il regista in un’intervista chiarisce infatti che, da un lato sposa il tentativo di Erland e Karin di salvare i propri matrimoni in quanto entrambi pensano che con l’onestà e la franchezza si possano risolvere tutti i problemi. Infatti nonostante la storia non si concluda con l’happy end, i personaggi hanno comunque lottato per l’amore, e per cercare in tutti modi di rispettare gli impegni presi con i propri compagni di vita. Certo, lo fanno nel modo sbagliato, spinti da un uomo sconfitto dalle proprie emozioni, ma comunque ci provano, non vengono meno al valore della verità e questo non è poco.
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Una “soluzione razionale”, che pone il quesito se il prevalere della natura istintuale sulla cultura sia ineluttabile, mette anche in scena tutta la forza dei suoi personaggi.
Il regista in un’intervista chiarisce infatti che, da un lato sposa il tentativo di Erland e Karin di salvare i propri matrimoni in quanto entrambi pensano che con l’onestà e la franchezza si possano risolvere tutti i problemi. Infatti nonostante la storia non si concluda con l’happy end, i personaggi hanno comunque lottato per l’amore, e per cercare in tutti modi di rispettare gli impegni presi con i propri compagni di vita. Certo, lo fanno nel modo sbagliato, spinti da un uomo sconfitto dalle proprie emozioni, ma comunque ci provano, non vengono meno al valore della verità e questo non è poco.Bergmark afferma anche che “non tutto viene quindi per nuocere, e che forse anche i percorsi più astrusi proposti dalla mente umana a volte portano a nuova vita”.
Sicuramente la vita di Sven sarà migliore, May riacquisterà una nuova coscienza di se e crescerà…
Una soluzione Razionale è un film dalla tematica complessa che fa sentire pesantemente gli echi di Bergman,senza nasconderlo, non solo per i contenuti, quanto anche per una certa messa in scena degli stessi e per la scelta di una cifra stilistica portante i contenuti.D'altra parte il regista stesso afferma che è inevitabile, se sei Svedese, non essere mentalmente influenzato da questo grande maestro del cinema.
“Bergman, dice il regista, in qualche modo fa parte della nostra cultura e del nostro modo di analizzare i grandi temi esistenziali. L'introspezione è da noi dominante e porta a volte a inquietanti verità, ma proprio per questo è impportante”.Ad ogni modo l'esordiente Bergmark dà un'impronta personale al suo film, arricchendolo di nuovi registri narrativi. La pellicola è psicologica, introspettiva, ma segue un andamento, nella seconda parte, avvincente, in vertiginosa salita nella rappresentazione del gioco al massacro e delle inquietanti reazioni all'insostenibile situazione di alcuni protagonisti, primi fra tutti Sven Erik, un uomo con una psicologia già duramente provata nel passato ed una fragilità che alla fine diventa anche un po' la sua forza e la molla di rottura di un equilibrio fasullo.
Un film asciutto, dai dialoghi essenziali ma esaurienti, senza una sbavatura di troppo, senza autocompiacimenti e senza giudizio. Un esordio maturo e piuttosto riuscito, che spero preluda a una nuova onda cinematografica svedese sulle tematiche esistenziali.
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stefania muzio (fefy)
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lunedì 21 settembre 2009
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qual'è quindi la vera soluzione?....
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Erland colui che dovrebbe dare l'esempio di come l'amore coniugale debba essere alimentato e allenato come "un muscolo" per sopravvivere all'usura del tempo e alle tentazioni esterne, viene colpito fortemente nella sua razionalità, nel suo autocontrollo, quando, conosciuta la moglie del suo miglior amico, viene sopraffatto da un desiderio e da una passione incontrollabili. La sua mente razionale ed asservita alle regole non gli fa accettare il lato istintuale del proprio essere, e per cercare di trovare una via che possa a suo avviso salvare il suo matrimonio e quello dei suoi amici, propone (impone) una soluzione grottesca, soluzione che prevede anche la compensazione della sua parte primordiale, istintuale.
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Erland colui che dovrebbe dare l'esempio di come l'amore coniugale debba essere alimentato e allenato come "un muscolo" per sopravvivere all'usura del tempo e alle tentazioni esterne, viene colpito fortemente nella sua razionalità, nel suo autocontrollo, quando, conosciuta la moglie del suo miglior amico, viene sopraffatto da un desiderio e da una passione incontrollabili. La sua mente razionale ed asservita alle regole non gli fa accettare il lato istintuale del proprio essere, e per cercare di trovare una via che possa a suo avviso salvare il suo matrimonio e quello dei suoi amici, propone (impone) una soluzione grottesca, soluzione che prevede anche la compensazione della sua parte primordiale, istintuale.
Eppure una “soluzione razionale”, che pone il quesito se il prevalere della natura istintuale sulla cultura sia ineluttabile, mette anche in scena tutta la forza dei suoi personaggi.
Il regista in un’intervista chiarisce infatti che, da un lato sposa il tentativo di Erland e Karin di salvare i propri matrimoni in quanto entrambi pensano che con l’onestà e la franchezza si possano risolvere tutti i problemi. Infatti nonostante la storia non si concluda con l’happy end, i personaggi hanno comunque lottato per l’amore, e per cercare in tutti modi di rispettare gli impegni presi con i propri compagni di vita. Certo, lo fanno nel modo sbagliato, spinti da un uomo sconfitto dalle proprie emozioni, ma comunque ci provano, non vengono meno al valore della verità e questo non è poco.
Bergmark afferma anche che “non tutto viene quindi per nuocere, e che forse anche i percorsi più astrusi proposti dalla mente umana a volte portano a nuova vita”.
Sicuramente la vita di Sven sarà migliore, May riacquisterà una nuova coscienza di se e crescerà…
Una soluzione Razionale è un film dalla tematica complessa che fa sentire pesantemente gli echi di Bergman,senza nasconderlo, non solo per i contenuti, quanto anche per una certa messa in scena degli stessi e per la scelta di una cifra stilistica portante i contenuti.
D'altra parte il regista stesso afferma che è inevitabile, se sei Svedese, non essere mentalmente influenzato da questo grande maestro del cinema.
“Bergman, dice il regista, in qualche modo fa parte della nostra cultura e del nostro modo di analizzare i grandi temi esistenziali. L'introspezione è da noi dominante e porta a volte a inquietanti verità, ma proprio per questo è impportante”.
Ad ogni modo l'esordiente Bergmark dà un'impronta personale al suo film, arricchendolo di nuovi registri narrativi. La pellicola è psicologica, introspettiva, ma segue un andamento, nella seconda parte, avvincente, in vertiginosa salita nella rappresentazione del gioco al massacro e delle inquietanti reazioni all'insostenibile situazione di alcuni protagonisti, primi fra tutti Sven Erik, un uomo con una psicologia già duramente provata nel passato ed una fragilità che alla fine diventa anche un po' la sua forza e la molla di rottura di un equilibrio fasullo.
Un film asciutto, dai dialoghi essenziali ma esaurienti, senza una sbavatura di troppo, senza autocompiacimenti e senza giudizio.
Un esordio maturo e piuttosto riuscito, che spero preluda a una nuova onda cinematografica svedese sulle tematiche esistenziali.
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