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Transformers e la creazione dei robot giganti

Grande sforzo produttivo ma poco lavoro intellettuale dietro la creazione dei robot.
di Gabriele Niola

Pupazzoni dal corpo di metallo ma dalle movenza umane

martedì 23 giugno 2009 - Approfondimenti

Pupazzoni dal corpo di metallo ma dalle movenza umane
Gli amanti della saga se ne faranno facilmente una ragione ma il secondo capitolo dei film tratti dai giocattoli Hasbro non si avvale di un comparto effetti speciali d'avanguardia. Per quanto possa sembrare il contrario i ritocchi e le creazioni digitali dietro a Transformers: la vendetta del caduto sono onnipresenti e realizzati con un cura maniacale ma non particolarmente raffinati nella loro ideazione.
Professionali e meticolosi gli addetti al reparto effetti visuali (si parla pur sempre della Industrial Light And Magic) non hanno fatto alcun tipo di lavoro intellettuale dietro all'animazione e al concepimento delle creature digitali. I Transformers del film non sono nulla di originale ma un prolungamento delle potenzialità umane, non sono macchine nel senso stretto (come lo sono ad esempio quelle di Terminator Salvation) hanno movenze, idee, sentimenti e caratteristiche umane e come umani sono trattati. Animare uno di loro è come animare un essere umano ma in versione semplificata.

I robot giganti sono solo pupazzoni
Gli esperti della ILM hanno potuto lavorare con una mano sola ad animazioni e personaggi digitali che per sofisticazione non sono secondi a nessuno ma che per inventiva e novità non rappresentano nulla di nuovo nemmeno per gli standard di un paio di anni fa.
Non esistono movimenti, idee o attitudini originali ai Transformers, essi mutuano tutto dal comportamento e dalle reazioni umane, e l'uomo è la cosa che negli anni in assoluto è stata più animata (anche contando le sue diverse declinazioni come l'animale antropomorfo). Ma se l'essere umano propriamente detto è una delle cose più difficili da rendere sullo schermo, una creatura diverse che imita il suo atteggiamento è al contrario molto facile da realizzare. Tutti quanti infatti possiamo facilmente riconoscere movenze e ammiccamenti umani in un'altra creatura, dunque bastano piccoli dettagli per spiegare un movimento o un comportamento, mentre quando lo dobbiamo fare in un essere umano vero e proprio (animato) tendiamo a notare più le differenze dal reale che le somiglianze, interrompendo la sospensione dell'incredulità e cominciando a diffidare di ciò che vediamo. È in sostanza il motivo per cui raramente si creano disegni animati di esseri umani che siano fotorealistici e si preferisce ricorrere alla stilizzazione fumettistica.
I Transformers invece sono altro da noi ma ci somigliano e non solo perchè hanno due gambe, due braccia, due occhi e via dicendo, ma soprattutto perchè parlano, si muovono e reagiscono come noi. E questa è una strategia di semplificazione poichè invece che mostrare qualcosa di nuovo ed inedito allo spettatore (che andrà introdotto e spiegato di conseguenza) gli autori si appoggiano sul già noto e già interiorizzato potendo in ogni momento essere sicuri che certi atteggiamenti siano riconoscibili da tutti gli spettatori.

Pali e palle da tennis
Dunque un lavoro semplice ma come si diceva non certo economico in termini di tempo e sforzo. In Transformers: la vendetta del caduto gli effetti visivi sono tantissimi e continui, anzi gli effetti visivi sono il film stesso poichè ad essi è demandata la rappresentazione dei protagonisti, degli antagonisti e di molti degli scenari dove agiscono (o meglio che distruggono). Gli umani come sempre fanno da sfondo.
Per girare un film simile la complessità sta tutta sul set dove occorre una pianificazione molto accurata. Gli attori nella maggior parte dei casi interagiscono con creature che non esistono oppure agiscono in conseguenza di loro azioni, dunque bisogna sempre sapere e tenere presente dove queste creature saranno aggiunte, in che punto della scena e che movimenti faranno.
Per fare questo da tempo ormai esiste una nuova figura professionale, un membro del team degli effetti speciali che è presente sul set e discute di continuo con il regista e il direttore della fotografia per determinare assieme a loro il posizionamento e le azioni dei personaggi che saranno poi aggiunti.
Una volta stabilito questo gli attori devono interagire con qualcosa, cioè per facilitare loro il lavoro invece che parlare al vuoto li si fa parlare con un palo che ha in cima una palla da tennis, una soluzione originale che però è sempre più adottata.

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