luca scialo
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sabato 30 luglio 2022
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restare umani anche quando tutto è perso
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John Hillcoat traspone l'omonimo testo di Cormac McCarthy conservandone la visione disperatamente umana, anche grazie alla sua collaborazione alla sceneggiatura. In seguito ad un disastro nucleare, in un futuro che sembra quanto mai presente, un padre cerca di sopravvivere con il figlio, mentre la madre, presa dalla disperazione, li ha abbandonati. Preferendo la morte sicura alla sopravvivenza. La pellicola si distingue dai soliti film post-apocalittici poiché non mostra il motivo per cui il Mondo si è ritrovato in uno stato agonizzante, né fa la solita morale al seguito. Bensì si concentra sui protagonisti e sul loro sforzo di restare umani malgrado tutto intorno porti perdere la propria dimensione umana.
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John Hillcoat traspone l'omonimo testo di Cormac McCarthy conservandone la visione disperatamente umana, anche grazie alla sua collaborazione alla sceneggiatura. In seguito ad un disastro nucleare, in un futuro che sembra quanto mai presente, un padre cerca di sopravvivere con il figlio, mentre la madre, presa dalla disperazione, li ha abbandonati. Preferendo la morte sicura alla sopravvivenza. La pellicola si distingue dai soliti film post-apocalittici poiché non mostra il motivo per cui il Mondo si è ritrovato in uno stato agonizzante, né fa la solita morale al seguito. Bensì si concentra sui protagonisti e sul loro sforzo di restare umani malgrado tutto intorno porti perdere la propria dimensione umana. Pochi anche i flashback di quando tutto era normale, per evitare smielate malinconie. Il finale dà comunque un messaggio di speranza.
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movieman
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mercoledì 24 giugno 2020
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l''importanza di un genitore
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Ci sono tanti modi per raccontare l’apocalisse, una catastrofe mondiale, il momento in cui (nel migliore dei casi) l’intero genere umano potrebbe fare i conti con le capacità di sopravvivenza dei singoli individui che, di fronte ad un evento catastrofico dalle conseguenze globali ed estreme (e non si sa quanto fatali e definitive), sono spinti a tirare fuori il meglio o il peggio della loro indole. Il cinema ha spesso offerto agli spettatori catastrofi di tutti i tipi, soffermandosi spesso sui prodromi che anticipano il momento decisivo (per aumentare il coinvolgimento emotivo del pubblico con una carrellata di personaggi che fanno una vita comune e nei quali, proprio per questo, è facile immedesimarsi) e sul momento delle catastrofe vera e propria, mostrata con effetti più o meno speciali.
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Ci sono tanti modi per raccontare l’apocalisse, una catastrofe mondiale, il momento in cui (nel migliore dei casi) l’intero genere umano potrebbe fare i conti con le capacità di sopravvivenza dei singoli individui che, di fronte ad un evento catastrofico dalle conseguenze globali ed estreme (e non si sa quanto fatali e definitive), sono spinti a tirare fuori il meglio o il peggio della loro indole. Il cinema ha spesso offerto agli spettatori catastrofi di tutti i tipi, soffermandosi spesso sui prodromi che anticipano il momento decisivo (per aumentare il coinvolgimento emotivo del pubblico con una carrellata di personaggi che fanno una vita comune e nei quali, proprio per questo, è facile immedesimarsi) e sul momento delle catastrofe vera e propria, mostrata con effetti più o meno speciali. Questo è il metodo più usato per costruire un film di genere catastrofico.
“The road”, tratto da un romanzo di Cormac MacCarthy, sceglie un’altra strada, commercialmente assai più rischiosa (e infatti il film pagò anche per questa scelta) ma anche più affascinante: evita di concentrarsi sulla catastrofe per concentrarsi subito sulle sue conseguenze e sulla lotta per la sopravvivenza di un padre e di suo figlio. Non importa cosa sia successo al nostro pianeta, non ha nessuna importanza nello svolgimento della trama. Importa farci sapere che gli alberi stanno morendo, che la carne è diventata una merce rara, che ci sono individui armati che scorrazzano per cibarsi della carne dei propri simili e che vige la legge delle giungla. Infine ci sono questi due personaggi: padre e figlio (un bambino). I due sono diretti verso sud, per sfuggire al gelo di un inverno imminente, trascinandosi dietro un carrello con i pochi viveri che hanno a disposizione (altri ne troveranno lungo il percorso). Il figlio è, per il padre, l’unica ragione per sopravvivere e continuare a sperare nel futuro. L’uomo insegna al bambino come sopravvivere e, particolare non indifferente, gli dice che loro due “portano il fuoco”: ed il fuoco rappresenta, nella metafora che il padre ricorda al figlio, il calore e la luce della speranza.
“The road” è un film crudo e cupo, ma non pessimista. Diretto splendidamente da John Hillcoat, illuminato in maniera superba da una fotografia di Javier Aguirresarobe nella quale dominano, per gran parte della durata, tonalità nere e grigie (caratteristica che rende le immagini di questo film inconfondibili) e commentato da una colonna sonora superba composta da Nick Cave e da Warren Ellis, questo film è, contrariamente alle apparenze, un intenso e commovente film sulla speranza e sulla pietà e una storia di formazione. Per far risaltare la speranza (rappresentata dal bambino) è comunque necessario raccontare una storia che prevede delle discese all’inferno, perché nella narrazione (cinematografica e non) ciò che è positivo non acquista spessore se non viene contrapposto a ciò che è negativo. Soprattutto se si tratta di una storia che, come questa, è profondamente morale. Il mondo apocalittico di “The road” non ha nulla di accomodante e spesso assume i contorni dell’incubo e della disperazione (come nelle angosciose scene che si svolgono nella casa dei cannibali), ma riesce anche ad essere intriso di dolcezza e di grande umanità ed è forse uno dei film più belli e visionari degli ultimi vent’anni sull’importanza di un genitore e sulla necessità, da parte dei figli, di imparare a fare le proprie scelte. Grazie anche alle prestazioni di un intenso Viggo Mortensen (attore lodevole anche per le coraggiose scelte artistiche fatte dopo essere stato Aragorn nella trilogia de “Il Signore degli Anelli”) e del giovanissimo Kodi Smit-McPhee, “The road” è un film capace di sbattere lo spettatore con le spalle al muro senza concedere sconti. Mostra l’orrore, mai gratuitamente, senza retrocedere e senza scadere nel truculento perché vuole far vedere dove possono spingersi gli esseri umani se tornano ad uno stadio primitivo e fa vedere, alternativamente e con un’intensità così forte che quasi disturba, anche l’umanità di chi, nonostante tutto, vuole elevarsi e mantenere, dentro di sé quel grandissimo dono che è la pietà. E’ un sentimento, quest’ultimo, che attraversa tutto il film (cominciando da quelle dolcissime note di pianoforte che accompagnano il bellissimo monologo iniziale) e che spesso riempie la scena con grande forza: è nei ricordi di una donna amata (un ruolo breve ma intenso interpretato da Charlize Theron), nella voglia di conoscenza e nella generosità di un bambino e nell’amore di un padre verso suo figlio (e viceversa). E non nasconde nemmeno, proprio come in una storia di formazione, le durezze della vita. Proprio per queste sue caratteristiche, “The road” può essere un film disturbante, scomodo e rigettato da molti spettatori. Ma, per chi lo apprezza e proprio per queste sue particolarità, è un film bellissimo.
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rikitikitawi
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giovedì 13 febbraio 2020
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una cattiva strada
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Non sono riuscito a guardarlo tutto : squallido e tetro , di una violenza senza senso . Una porcheria .
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ennio
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domenica 8 aprile 2018
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un lampo di speranza finale nell'angoscia più cupa
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Raro esempio di adattamento cinematografico riuscito. Per nulla facile, stante le atmosfere costantemente cupe angoscianti e apocalittiche in cui si immerge il romanzo originale. La regìa sceglie il colore, ma è un colore molto tenue, più simile al biancoenero, quel biancoenero che chi ha letto il libro ha costantemente davanti agli occhi.
Un buon film post-apocalittico, per chi non è schizzinoso all'idea che, per sopravvivere, ci si debba allenare ad appostarsi nottetempo per catturare scoiattoli e mangiarli crudi. O che nelle cantine di una casa si conservino esseri umani, vivi, al fine di divorarli pezzo per pezzo. Buono anche per chi ha ancora la speranza che, in mezzo alla totale devastazione dell'umanità e della natura causate da una non precisata catastrofe nucleare, possa essere rintanata in qualche pertugio di una casa abbandonata una lattina di Cocacola ancora fresca e dissetante.
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beppe baiocchi
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lunedì 29 giugno 2015
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il fuoco
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In una America devastata, grigia e sporca, un uomo e il suo bambino attaccati ad un barlume di umanità, in cerca di sopravvivenza, camminerano verso sud, sulla strada.
Tratto dal libro La Strada di Cormac McCarthy (vincitore del premio pulitzer proprio per questo libro), The Road è un film crudo, decisamente duro, ma intimamente profondo.
Il contesto è questa America distrutta, dove non c'è più niente, dove manca soprattutto il cibo. I pochi uomini rimasti infatti, presi dalla fame e intenti a sopravvivere, diventano bestie voraci, senza scrupoli, cannibali. I due protagonisti no, riescono a mantenere quell'umanità, quel fuoco che hanno dentro, che l'uomo cercherà di tramandare a suo figlio (che peraltro è nato dopo il cataclisma, quindi vedendo solo intorno a lui bestie che si divorano tra di loro pur di sopravvivere).
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In una America devastata, grigia e sporca, un uomo e il suo bambino attaccati ad un barlume di umanità, in cerca di sopravvivenza, camminerano verso sud, sulla strada.
Tratto dal libro La Strada di Cormac McCarthy (vincitore del premio pulitzer proprio per questo libro), The Road è un film crudo, decisamente duro, ma intimamente profondo.
Il contesto è questa America distrutta, dove non c'è più niente, dove manca soprattutto il cibo. I pochi uomini rimasti infatti, presi dalla fame e intenti a sopravvivere, diventano bestie voraci, senza scrupoli, cannibali. I due protagonisti no, riescono a mantenere quell'umanità, quel fuoco che hanno dentro, che l'uomo cercherà di tramandare a suo figlio (che peraltro è nato dopo il cataclisma, quindi vedendo solo intorno a lui bestie che si divorano tra di loro pur di sopravvivere). Un viaggio di sopravvivenza, un eredità da tramandare, e anche un viaggio che porta con se un barlume di speranza per il futuro. L'uomo (il protagonista) infatti tra la scelta di vivere o morire in un mondo del genere (e probabilmente è meglio morire) decide di vivere, di educare il figlio, con la speranza che se un domani il mondo tornerà normale il figlio abbia la possibilità di vederlo. Un film che gioca tutto sul rapporto tra i due protagonisti, da un amore incondizionato dell'uno nei confronti dell'altro, i dialoghi, striminziti, ridotti all'osso sono potenti nella loro semplicità.
Un filtro sporco perennemente montato sulla macchina da presa, le lande desolate ricreano bene l'atmosfera, rendendo tutto più vero.
Il cast è di livello. Viggo Mortensen è decisamente convincente (come al solito) e bene pure Kodi Smith-McPhee, nella parte del figlio. Come comprimari, nonostante restino in scena per poco tempo Charlize Theron, Robert Duvall, Guy Pearce.
Un film sicuramente consigliato, così come il libro da cui è tratto
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dandy
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mercoledì 1 aprile 2015
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una strada percorsa molte volte.forse troppe.
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Fedele adattamento dell'omonimo romanzo di Cormac McCarthy,che unisce una narrazione laconica a frammentazioni verbali.Hillcoat riesce a creare un'ambientazione suggestiva e allucinante,in un mondo perennemente grigio e desolato.Ma sfortunatamente non aggira il senso di dèjà vu:niente novità rispetto a "Mad Max","28 giorni dopo",o uno qualsiasi dei classici zombeschi di Romero.Manca approfondimento nei personaggi e i flashback riguardanti la moglie(una sempre splendida Theron)sono inutili.Se l'aver rinuciato quasi totalmente alla violenza per concentrarsi sul rapporto padre-figlio è lodevole,d'altra parte non c'è quasi mai tensione nè si avverte suspence(a parte la scena della scoperta dei "prigionieri").
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Fedele adattamento dell'omonimo romanzo di Cormac McCarthy,che unisce una narrazione laconica a frammentazioni verbali.Hillcoat riesce a creare un'ambientazione suggestiva e allucinante,in un mondo perennemente grigio e desolato.Ma sfortunatamente non aggira il senso di dèjà vu:niente novità rispetto a "Mad Max","28 giorni dopo",o uno qualsiasi dei classici zombeschi di Romero.Manca approfondimento nei personaggi e i flashback riguardanti la moglie(una sempre splendida Theron)sono inutili.Se l'aver rinuciato quasi totalmente alla violenza per concentrarsi sul rapporto padre-figlio è lodevole,d'altra parte non c'è quasi mai tensione nè si avverte suspence(a parte la scena della scoperta dei "prigionieri").Ignorato ovunque all'uscita:in Italia si era persino parlato di non distribuirlo perchè considerato "troppo deprimente"(bah!).Robert Duvall,irriconoscibile,è Ely.L'ex Chalky White di "Boardwalk Empire" è il ladro.Guy Pearce appare a due minuti dalla fine.Musiche del fedele Nick Cave e Warren Ellis.
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nanni
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mercoledì 18 marzo 2015
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the road
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E' successo qualcosa che in un attimo ha cancellato memoria, presente e forse futuro.
Alcuni propenderebbero per una interpretazione che vedesse come responsabile la mano diretta dell'uomo.
Una catastrofe nucleare o roba del genere siamo portati ad immaginarla.
Forse anche un cataclisma.
In realtà non è detto né accennato.
Questo all'autore non interessa o forse interessa poco.
Comunque, un accadimento che ha avuto l'effetto di azzerare la storia umana ed ambientale ributtandoci in una sorta di "primordialità" senza speranza, (non è la primordialità degli inizi) siamo alla fine.
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E' successo qualcosa che in un attimo ha cancellato memoria, presente e forse futuro.
Alcuni propenderebbero per una interpretazione che vedesse come responsabile la mano diretta dell'uomo.
Una catastrofe nucleare o roba del genere siamo portati ad immaginarla.
Forse anche un cataclisma.
In realtà non è detto né accennato.
Questo all'autore non interessa o forse interessa poco.
Comunque, un accadimento che ha avuto l'effetto di azzerare la storia umana ed ambientale ributtandoci in una sorta di "primordialità" senza speranza, (non è la primordialità degli inizi) siamo alla fine.
L'autore il giorno dopo una catastrofe assoluta ci fa vedere l'uomo così com'è, come è sempre stato, uno spietato predatore (gli uomini mangiano gli uomini).
Mostrando quella vocazione distruttiva spazza via ogni dubbio su qualsiasi altra ipotesi intorno all'essenza vera dell'essere umano.
E' una resa dei conti in cui appare chiaro che nella storia delle relazioni che hanno preceduto quei giorni l'uomo abbia, al massimo della sua esperienza del suo percorso di "emancipazione", ritualizzato, quell'unica "vocazione".
Sopravvive solo in forma "umana" , dopo che la moglie-madre si è suicidata, ( suicidio che simboleggia l'unica possibilità di sfuggire ad una condizione umana abominevole) il rapporto padre-figlio, in un susseguirsi di giorni sempre uguali nei gesti e negli stati d'animo, che evocano l'inutilità disperante dell'esistenza.
Attraverso questa "strana visione" l'autore ci mette davanti ad un'esperienza essenziale che sfrondata di tutto l'inutile delle nostre vite ci conduce dentro un percorso che definirei mistico, come se il senso del nostro "viaggio" risiedesse in un territorio che è stato è e sempre sarà ignoto e ineluttabilmente angosciante.
il film appena discreto è tratto da un grandissimo e davvero imperdibile romanzo di Cormac Mccarthy.
ciao Nanni
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fabian t.
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giovedì 24 luglio 2014
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un'opinione impopolare: "the road" è inguardabile
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Mi spiace andare controcorrente, ma "The road" rimane per me una delle peggiori storie mai viste al cinema. L'unica piccola curiosità che mi ha scaturito la triste visione di questo pseudo-film è: chi gliel'ha fatto fare al bravo Viggo Mortensen di impegnarsi così tanto in una recitazione davvero lodevole quando tutto il resto sembra palesemente non funzionare affatto? Per non parlare del personaggio di Theron che, senza alcun motivo, come fosse un burattino senz'anima, sparisce incomprensibilmente dalla scena andandosene da casa. Ti aspetti poi che accada qualcosa, ma non accade nulla. Solo iperrealismo fine a sé stesso. Ti immagini che la morbosa violenza abbia un significato ma non c'è, oltre all'irritazione prodotta nello spettatore.
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Mi spiace andare controcorrente, ma "The road" rimane per me una delle peggiori storie mai viste al cinema. L'unica piccola curiosità che mi ha scaturito la triste visione di questo pseudo-film è: chi gliel'ha fatto fare al bravo Viggo Mortensen di impegnarsi così tanto in una recitazione davvero lodevole quando tutto il resto sembra palesemente non funzionare affatto? Per non parlare del personaggio di Theron che, senza alcun motivo, come fosse un burattino senz'anima, sparisce incomprensibilmente dalla scena andandosene da casa. Ti aspetti poi che accada qualcosa, ma non accade nulla. Solo iperrealismo fine a sé stesso. Ti immagini che la morbosa violenza abbia un significato ma non c'è, oltre all'irritazione prodotta nello spettatore. Credi che un concetto di rilievo o un messaggio di qualsiasi tipo venga infine fuori, ma non c'è nulla di nulla. Magari, pensi, è un film con risvolti horror? Nemmeno! E allora? Solo e soltanto una lunga e tediosa sequenza di cupo pressapochismo narrativo, senza alcuna struttura o idea, che ti porta a un finale così barbaramente prevedibile e patetico da non crederci. Inoltre, il grigiore diffuso in tutto il film è un arcobaleno rispetto all'insopportabile pesantezza della sceneggiatura il cui unico fine, dal primo all'ultimo minuto, è DEPRIMERE in tutte le maniere l'ignaro spettatore. E poi, altra incognita, si parla superficialmente di un dio o di qualcosa del genere ma poi tutto sfuma nel nulla più totale, senza alcun approfondimento. Ma come si fa a fare un film simil-catastrofico con tali premesse e risultati? Infine, cosa più grave di tutte, almeno dal mio punto di vista, è l'abominevole idea di considerare "The road", la strada appunto, da sempre fonte di ispirazione e vita in tutte le espressioni artistiche del mondo, un elemento negativo da evitare per non soccombere. La strada? Ma per favore!!! Inaccettabile e fuorviante, come minimo. Pagine e pagine di letteratura gettate al vento. Che vergogna... Il regista dovrebbe 'mangiarsi' da solo, assieme agli sceneggiatori e ai produttori! Film apocalittici come "Interceptor - Il guerriero della strada" oppure "1975: occhi bianchi sul pianeta Terra", solo per citarne alcuni, sono dei veri capolavori confronto al pessimo "The road".
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forackone
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giovedì 24 aprile 2014
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revisione di un genere
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Film catastrofico che del filone dei film catastrofici ha veramente ma veramente poco. La storia è quella di un padre e di un figlio, i cui nomi non sono mai citati nella pellicola, per aumentare il senso di generalità dei personaggi e in questo modo favorire l'immedesimazione in essi da parte dello spettatore, in viaggio, on the road, in un mondo devastato da un disastro naturale non meglio definito (anche se probabilmente l'idea è quella di un evento vulcanico o della caduta di un grosso asteroide, come sembrerebbero indicare il cielo grigio perennemente oscurato, i terremoti e la rapidissima descrizione della catastrofe a inizio film); il punto rivoluzionario per questa categoria è che non ha nessuna importanza cosa sia successo nè a livello globale nè locale, ma anzi la storia è interamente incentrata sull'uomo, assolutamente impotente.
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Film catastrofico che del filone dei film catastrofici ha veramente ma veramente poco. La storia è quella di un padre e di un figlio, i cui nomi non sono mai citati nella pellicola, per aumentare il senso di generalità dei personaggi e in questo modo favorire l'immedesimazione in essi da parte dello spettatore, in viaggio, on the road, in un mondo devastato da un disastro naturale non meglio definito (anche se probabilmente l'idea è quella di un evento vulcanico o della caduta di un grosso asteroide, come sembrerebbero indicare il cielo grigio perennemente oscurato, i terremoti e la rapidissima descrizione della catastrofe a inizio film); il punto rivoluzionario per questa categoria è che non ha nessuna importanza cosa sia successo nè a livello globale nè locale, ma anzi la storia è interamente incentrata sull'uomo, assolutamente impotente. Nei minuti iniziali del film scopriamo inoltre, dall'unica descrizione presente nel film degli effetti della catastrofe, che la vita sulla Terra è condannata a finire in breve tempo:
"Ogni giorno è più grigio del precedente, fa freddo, e il freddo aumenta man mano che il mondo lentamente muore. Non sono sopravvisuti animali, e le coltivazioni sono da tempo sparite. Presto tutti gli alberi del mondo cadranno. Le strade sono popolate da profughi che trascinano carrelli e bande armate"
Dunque la storia non è nemmeno un tentativo di salvezza, perché, seppure l'estinzione della specie umana non sia mai menzionata direttamente, è un evento ineluttabile che pervade tutto il film, una condanna certa che è impossibile non ricordare. Padre e figlio sono dunque in viaggio, in viaggio verso sud, verso la costa, dove sperano che la situazione sia un po' migliore e il clima più mite, e ogni giorno devono lottare per trovare e difendere il cibo e per non cadere vittima di qualche banda. In questo loro percorso l'elemento caratterizante i due protagonisti è proprio la loro umanità, a confronto della realtà disumana, priva di qualsiasi valore, codice etico o morale, in cui i due vivono. Questa umanità emerge nei dialoghi tra padre e figlio, nell'animo ormai stanco del padre che, pure conscio della sua imminente morte, non molla, e lotta fino alla fine per portare il figlio più a sud possibile senza esporlo ai rischi, e nell'innocenza del figlio, che ripudia totalmente il male, e anzi è sempre pronto al perdono ed a lottare per i più deboli, per una giustizia che ormai è utopica.
I dialoghi sono dunque la vera essenza del film, e coprono tantissimi argomenti, esponendone visioni differenti senza presentarne però una più giusta. Dialoghi che parlano di violenza, naturalmente, del giusto e dello sbagliato, del bene e del male, ma anche di argomenti un po' meno scontati come la fede, il suicidio, il coraggio, i sogni e le relazioni. Il tutto accompagnato da una colonna sonora veramente eccelsa, che fa da tappeto al film, facendo scorrere le immagini e le conversazioni su note di piano e violini, addolcendo la durezza della storia di per sè, e regalandole un'atmosfera quasi romantica.
Assolutamente un film da guardare e da ammirare nella sua totalità.
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